sabato 27 novembre 2010

A proposito di tradimenti

Il Cavaliere dice che chi non voterà la fiducia è un traditore. Fini respinge ogni accusa. E’ certo, in ogni caso, che nell’immaginario collettivo Fini e i suoi scagnozzi sono già considerati dei traditori a tutti gli effetti. Proprio in questi giorni, è stato pubblicato un interessante libro di tale Ghino di Punta degli Aldighieri, pseudonimo dietro il quale si nasconde probabilmente un originale osservatore delle vicende politiche nostrane. In questo libro, sulla falsariga della Commedia dantesca, si racconta il viaggio dell’autore in un oltretomba prossimo venturo.

Anno 2050, Inferno, IX cerchio, IV zona(Giudecca,dove sono puniti i traditori dei propri benefattori). Un viaggiatore solitario, Ghino di Punta degli Aldighieri, si trova a passare e scorge nella penombra i peccatori conficcati nel ghiaccio del fiume Cocito. Uno di questi è quasi completamente immerso: solo la testa gli fuoriesce ed egli la agita furiosamente, per richiamare l’attenzione del passante. E’ una testa oblunga, con fronte ristretta, occhi smorti e acquosi, naso aquilino. Ghino si piega a guardare con attenzione e riconosce quel volto, quegli occhi, quel naso, nonostante l’abbrutimento della dannazione eterna.

Così il fatto è raccontato nel poema “Delle cose notevoli occorse in Italia negli anni del Signore 1994-2020”, di Ghino di Punta degli Aldighieri, Milano, Mondadori 2060.

Poi mi rivolsi a lui e parla’ io
e cominciai: «Gianfranco, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo de’ dolci sospiri,
come nacque e poi fu che il tuo malore
al Cavaliere rompesse i disiri?».

E quello a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò mi spezza il core.

Ma s’a conoscer la prima radice
dell’odio mio tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Io mi trovavo un giorno per diletto
con Lisabetta, a cui amor mi strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
sulla TV e scolorocci il viso;
ma solo un fatto fu quel che mi vinse.

Quando arrivammo al punto ben preciso
che Canal cinque, allor tanto importante,
fece un servizio in modo assai deciso

sulla Tulliani, inver tutto tremante,
-Muoia Silvio, gridai, e chi lo elesse,
io mi vendicherò d’ora in avante->>.

martedì 23 novembre 2010

Fini e Di Pietro:che ci azzeccano?

E’ risaputo che, nell’attuale, confusa situazione politica, l’IDV di Di Pietro si caratterizza per la decisa preferenza accordata all’ipotesi di elezioni anticipate.

Se qualcuno si chiede il perché di tale decisa preferenza, non appare facile dare una risposta. L’IDV è elettoralmente stazionario e tutti i sondaggi gli attribuiscono un 6% di voti con tendenza al ribasso.

E allora perché Di Pietro smania per le elezioni anticipate, cosa che oltre tutto lo pone in contrasto con il PD che considera le elezioni anticipate come una grande iattura ?

Una spiegazione plausibile sarebbe la seguente.

Da quando è entrato in politica, Di Pietro ha fatto collezione di case. In pochi anni ne ha comprate una ventina, disseminate in tutta Italia. L’onorevole si è giustificato dicendo che si sente come una formichina, capace di accumulare soldino su soldino ed incline poi ad investire nell’acquisto di case.

Filippo Facci, in una biografia non autorizzata, ci fa sapere che tali acquisti coincidono quasi sempre con il periodo dei rimborsi elettorali, che il Di Pietro considera soldi privati e che amministra senza render conto a nessuno.

Si dice in giro che, da qualche tempo, il nostro eroe sarebbe entrato in ambasce a causa del mancato acquisto di qualche immobile. E già, il momento è difficile anche per lui. E allora, per tirarsi fuori dalle ambasce, quale miglior soluzione delle elezioni anticipate con susseguenti rimborsi, da utilizzare subito?

Morale della favola: non c’è solo Gianfry Fini che utilizza il partito per procurare case alla propria famiglia.

Si dà il caso, inoltre, che di recente il nostro Gianfry ha promulgato una Carta dei valori e che anche il partito di Di Pietro si richiama ai valori.

Ma per caso i valori, di cui entrambi parlano, sono i valori immobiliari?

sabato 20 novembre 2010

La morte di Giacomo Leopardi di Pietro Citati


Leopardi morì con moltissima grazia, e in tono minore, come in tono minore aveva vissuto quasi tutta la sua vita, celando o velando i dolori, le angosce, la desolazione, le passioni, la solitudine, il dono di essere un genio immenso. Gli ultimi giorni furono lieti. Dimenticando la lettera al padre del 27 maggio 1837, Leopardi non pensava di essere vicino alla morte. Credeva che il corpo potesse opporre ancora resistenza, forse “non piccola”, alle forze che si agitavano e infuriavano dentro di lui.

Nel febbraio 1837 Leopardi e Ranieri tornarono a Napoli, in una pausa del colera che aveva ucciso decine di migliaia di persone, gettate nella fossa comune. Sembrava che il colera si fosse placato e si stesse spegnendo. Ma all’inizio di giugno riprese la sua furia e Ranieri decise di rientrare al più presto a Villa Ferrigni. I medici sostenevano che l’aria benefica di Torre del Greco avrebbe potuto, se non curare, alleviare l’idrotorace di cui soffriva Leopardi. In quei giorni egli non aveva voglia di muoversi: come Carlo Emilio Gadda, era maestro nell’arte del rinvio; e di giorno in giorno prorogò la partenza.

Si sentiva meglio. Dormiva senza essere torturato dall’asma e scherzava con i medici sulla sua malattia. Come sempre, sosteneva di essere malato di nervi e che né l’aria di Torre del Greco, né il latte d’asina, né le diete, né qualsiasi altro rimedio potevano nulla per lui. Soffriva soltanto di asma nervosa e gli asmatici, disse sorridendo a Ranieri, hanno una vita lunghissima. La partenza fu fissata per il 14 giugno. Il giorno prima Paolina gli regalò due cartocci di confetti cannellini, dei quali Leopardi era ghiottissimo. Il dolce non finiva di consolare il suo spirito e il suo organismo, che ne aveva bisogno. La sera la passò con Ranieri, a prendere il fresco sul balcone e a discorrere di filosofia.

Il 14 giugno Leopardi rimase a letto tutta la mattina, finendo di mangiare, a velocità prodigiosa, i confetti cannellini. Mentre Ranieri usciva di casa, verso le dieci, Leopardi bevve la sua cioccolata “con gran gusto, perché amava moltissimo quella bevanda”. Passò qualche ora: Leopardi preparò le sue cose per la partenza. Verso le diciassette, come era sua abitudine, si pose a pranzo. Era più gaio del solito. Prese due o tre cucchiaiate di minestra, poi chiese a Paolina un’abbondante limonata gelata che a Napoli chiamavano “granita”. Paolina gli portò una granita doppia. Leopardi ricominciò a mangiare la minestra, ma si arrestò all’improvviso e si rivolse a Ranieri che gli stava seduto vicino. “Mi sento un pochino crescere l’asma”, gli disse.”Si potrebbe riavere il dottore?” Ranieri si turbò, ma Leopardi riprese, dolcemente, il suo vecchio scherzo sulla lunga vita degli asmatici e disse a Paolina che solo la sua zia Paolina di Napoli gli rendeva possibile la lunga lontananza dalla Paolina di Recanati.

Mentre Ranieri usciva per cercare il medico, Leopardi si adagiò vestito sul letto; ma era inquieto e volle rialzarsi, cercando di riprendere il pranzo, malgrado la resistenza di Paolina. Quando giunsero il dottore e Ranieri, Leopardi stava disteso sulla sponda del letto, sostenuto da guanciali posti di traverso. Sorrise e si rimise a chiacchierare col medico intorno agli argomenti che entrambi amavano: il benefico soggiorno a Torre del Greco, l’aria limpida, il male di nervi, il latte d’asina, i piaceri che lo attendevano a Villa Ferrigni. La voce era più fioca e più spezzata del solito, ma tutto sembrava normale, come se di lì a poco Leopardi dovesse alzarsi, salire sulla carrozza, raggiungere il luogo dove aveva appena finito di scrivere "Il tramonto della luna", immaginando il ritorno dell’inondazione luminosa sul mondo. Paolina gli sosteneva il capo e gli asciugava il sudore, che incominciava a scendere a gocce dalla sua amplissima fronte.

Quando sembrò turbato da un “infausto e tenebroso stupore”, Ranieri cercò di ridestarlo con degli eccitanti alcolici. Leopardi aprì gli occhi più del solito: guardò fisso verso Ranieri e gli disse sospirando: “Io non ti veggo più”, oppure “Apri quella finestra, fammi vedere la luce”, oppure “Addio, Totonno, non vedo più la luce”. Il polso salì lentamente, poi si spense, e Leopardi smise di respirare.
Giacomo Leopardi morente(ritratto di G.Turchi da un calco in gesso)

La prima camelia dell'inverno

La prima camelia dell'inverno. E' apparsa stamattina sul mio balcone...La camelia...il fiore romantico...il fiore di Violetta Valery, di Emma Bovary, di Anna Karenina...La camelia...la offro alle donne che hanno contato e che contano qualcosa nella mia vita...

giovedì 18 novembre 2010

Chi è veramente Roberto Saviano


Saviano ha scritto un solo libro nella sua vita. Gomorra. In quel libro, scopiazzato in molte parti da quotidiani locali, egli non si limita a fare un generica denuncia contro la camorra, ma fa nomi e cognomi. Ed è questo il suo unico merito.

Per il resto il libro è una povera cosa e solo i redattori della Mondadori hanno potuto dargli una forma dignitosa e renderlo interessante.

Saviano non era nessuno prima della pubblicazione. Per la prima volta nella sua vita egli si trovava di fronte ad un bivio: correre qualche rischio con la camorra e cercare di diventare famoso, oppure non correre rischi ma continuare ad essere nessuno. Scelse la prima strada e gli andò bene.

Da allora Saviano è accompagnato da una scorta, è diventato ricco, è impegnato nel cinema e nella televisione, è diventato un’icona della sinistra. Osservatelo bene mentre parla: fa continue pause, ingoia spesso a vuoto, strabuzza gli occhi, si esprime con aria ispirata e solenne. E’ evidente che si prende sul serio. Alla pari di tanti altri che gravitano nella sua compagnia di giro, egli si considera un martire o un perseguitato, come Salman Rushdie o Alexander Solgenitsin.

Molti glielo fanno credere ed egli non si accorge di essere diventato ormai quello che le sue ultime vicende televisive hanno messo malinconicamente a nudo: un trombone, un povero trombone, oltretutto sfiatato e stonato.

sabato 13 novembre 2010

I fascisti di sempre di S.de Sismondi

I fascisti di sempre
venerdì 12 novembre 2010


Diversamente da quanto pensa il suo fondatore e il clan di avventurieri e pretoriani che si radunano entusiasticamente attorno a lui, la vicenda di Futuro e Libertà non costituisce alcuna novità ma certifica il fallimento politico e culturale e la mancata trasformazione di parte della destra italiana da partito fascistoide ed estremista a partito di governo capace di interpretare le ampie e complesse esigenze di un gran paese o quanto meno di un paese grande. Governare, ragionare politicamente è molto difficile e faticoso: occorre studio, coerenza politica capacità di gestione di realtà ed esigenze molto diverse. Occorre rispettare processi decisionali e patti interni ed esterni, quali quelli che si instaurano in alleanze e coalizioni. Occorre in altre parole una cultura di governo, un senso vasto e profondo dei bisogni del paese e delle sue istituzioni.



Rispetto ad un partito di governo, i caratteri del piccolo gruppo estremista sono completamente diversi: la sua organizzazione e il suo comportamento sono simili a quelli di una piccola gang di quartiere. Si tratta di un insieme di persone, legate al proprio capo da un solidarismo gerarchico-cameratesco. Al suo interno, non vi sono ovviamente processi decisionali istituzionalizati, ma la maggiore o minore autorevolezza dei suoi membri è determinata solo dalla capacità di intuire le vere intenzioni del capo, dalla abnegazione e dallo spirito di sacrificio con cui le favoriscono. Come ogni piccola banda criminale o gang di quartiere che si rispetti, il piccolo partitello estremista ha un rapporto contrastato ma non necessariamente conflittuale con l’ambiente in cui opera. Non vi sono soltanto coloro che lo avversano o lo temono, la maggioranza, ma anche quelli che per vari motivi ne sono attratti. Questi ultimi sono coloro che sono o si sentono esclusi, o vivono in una condizione di marginalità e di frustrazione, e quindi sono attratti dallo spirito solidale e cameratesco della piccola gang, in cui possono pensare di contare qualcosa. Tutto ciò spiega molto bene il potere di attrazione nei confronti di parte di numerosi parlamentari del centro destra, e non solo, da parte del partitello di Tulliani. Questi vedono nella sua gang l’occasione per uscire da una situazione di marginalità e di subalternità.



Rispetto alla guida di un grande partito moderato e all’attività di governo, la pratica dell’estremismo politico con il connesso spirito di corpo è molto più semplice, e forse più divertente. Per molti, la riduzione della complessità della vita sociale all’elementarità dell’istinto gregario che qui domina è una forma di rassicurazione. Oltre a questo, lo spirito di gang è particolarmente attraente perché esercita una forte suggestione adolescenziale. E’ come una forma di ringiovanimento, il recupero di una pienezza esistenziale, in cui la vita, che le scelte e la grigia routine dell’età adulta limitano irrimediabilmente, può ancora apparire come una grande avventura. Il vitalismo distruttivo crea poi in chi lo pratica un sentimento di importanza, fa sentire padroni del mondo. Questo spiega molto bene la forte attrazione esercitata da tutte le forme di reducismo e l’entusiasmo puramente distruttivo dei nuovi e vecchi pretoriani che si raccolgono attorno all’On. Tulliani-Fini.



La pratica dell’estremismo politico e della conseguente logica della piccola gang è indubbiamente lecita e in un sistema democratico e può ottenere forme variabili di consensi. Tuttavia, quello che non deve in alcun modo essere fatto è pensare che questa sia una forma di organizzazione politica universalmente valida: applicare la logica del piccolo gruppo, e quindi della gang, a realtà complesse, come partiti o coalizioni, che hanno responsabilità di governo è semplicemente distruttivo e ridicolo.



Questo si vede molto bene dalle gesta ridicole della "band" finiana in questi ultimi mesi.



E’ perfettamente normale che il capo di una gang concepisca la lotta per il dominio del quartiere in termini puramente muscolari e “rusticani” con i suoi rivali. Ed è altrettanto comprensibile che questa lo segua, obbedendogli ciecamente. Tuttavia, è frutto di ingenuità o –se vogliamo- di stupidità politica credere che un vasto corpo elettorale assuma lo stesso atteggiamento, per cieco fideismo, a prescindere da impegni e dai programmi sottoscritti. Non si possono mutare impegni precisi presi in materia di immigrazione, politica della famiglia (quella costituzionale) e riforma della giustizia, allo stesso modo in cui una gang cambia divisa, per puro e velleitario desiderio di distinguersi da altri. Non tenere conto dei programmi e degli impegni presi con l’elettorato, può sembrare ai fan del piccolo gruppetto teppista un atto di grande strategia politica e di forza. Ma è facile pensare che alla gran parte degli elettori, che votano tenendone conto, questo sembri semplicemente un volgare gioco delle tre carte, un atteggiamento da imbonitore da mercatino rionale, e una grave menomazione dei loro diritti politici. Se poi questa volgare truffa politico- elettorale, questa sceneggiata da voltagabbana al servizio di tutto e di tutti, tranne che dei semplici cittadini è assecondata da un intero establishment politico- amministrativo e addirittura dalle alte cariche dello stato, ciò determina una grave erosione della legittimità e della credibilità delle istituzioni di un paese. Allo stesso modo, la scena dei ministri (per altro pessimi e insignificanti) che depongono i loro mandati nelle mani del capetto che guida la camera dei deputati, può essere una scena entusiasmante per la piccola gang: nella realtà è una forma grottesca di disprezzo delle istituzioni, ridotte ben peggio del bivacco di manipoli di mussoliniana memoria. E stupisce non poco che i vari apostoli e difensori della centralità del parlamento non abbiano avuto nulla da ridire, al riguardo.



Trascurare, se non addirittura disprezzare, questi fondamentali valori non è puramente un gioco a somma zero. Esiste, infatti, per la legittimità delle isituzoni di un paese, un punto di non ritorno, un punto in cui, per dirla con Cicerone, “res publica nulla est”, lo stato cessa di esistere. Un parlamento autoreferenziale, che persegue solo gli interessi e le mediocri ambizioni di gruppi e gruppuscoli, che compensano la mancanza di legittimità effettiva, che solo un rapporto coerente e lineare con il mandato popolare può garantire, con l’appoggio di un imprecisato numero di lobby nazionali e internazionali, dei vari e supposti poteri forti o deboli che siano, perde la sua fondamentale funzione di espressione e di mediazione degli interessi e dei conflitti di un paese. Non trovando sbocco in parlamento, questi saranno necessariamente perseguiti in forma extraparlamentare e extra-istituzionale. Il bellissimo risultati di questi zelanti fautori del “ritorno alla politica”, non potrà essere altro che l’ulteriore allargamento dell’area dell’antipolitica e dell’astensione se non la piena legittimazione di un ribellismo che potrebbe assumere forme violente. Indubbiamente, un modo degno e nobile di festeggiare l’imminente centocinquantenario dell’unità d’Italia.

martedì 2 novembre 2010

Noi non ci stiamo(come Scalfaro)

Teniamoci pronti. Quel che si temeva ormai è ad un passo dal realizzarsi. La situazione è confusa, il PDL è alla frutta, il Cavaliere è con le spalle al muro, i poteri forti che vogliono il ribaltone sono euforici, la crisi è alle porte, il governo “tecnico” è incombente, il colpo di stato sta per realizzarsi.

Al punto in cui siamo arrivati è inutile dire di chi è la colpa dell’attuale situazione. La colpa non è di Ruby, come non è di Fini, come non è di Napolitano, come non è di Tremonti o di Bersani.

Certo Berlusconi ci ha messo del suo, ma non è il caso di farsi illusioni. E’ talmente vasto e variegato il fronte antiberlusconiano che, se non ci fosse stata Ruby, si sarebbe trovata un’altra scusa per far fuori il Cav..

Il quale una volta almeno lottava, mentre adesso appare rassegnato, abulico, stanco, in balia degli eventi.

E’ chiaro che così non si può continuare.
Per parte nostra, possiamo almeno far sentire la nostra voce e dire chiaramente che noi, elettori del centrodestra, questa volta al colpo di stato non ci rassegneremo. Napolitano lo sappia: “NOI NON CI STIAMO”.

mercoledì 27 ottobre 2010

Un premio per Gianfranco Fini

Avete sentito l’ultima di Gianfranco Fini? “Il FLI è aperto a tutti, tranne che ai parassiti e ai delinquenti”.

Ebbene … Cerco di resistere alla tentazione di ammetterlo…ma non ce la faccio più…Confesso candidamente che a me Fini incomincia a piacere. Mi piace il suo modo serio ed alato di affrontare i problemi…mi piace il suo selfcontrol, mi piace il suo modo di disquisire in modo dotto ed approfondito sui Massimi Sistemi. Che goduria quando attacca i suoi pezzi con un Andante Moderato per poi passare improvvisamente alla Marcia Trionfale della stoccata decisiva! Io ritengo che una tale bravura dialettica ed espositiva non debba passare inosservata e ritengo altresì che debba essere comunque premiata.

Ma ho un dubbio: con quale premio? Un premio che si ispiri a Totò o ad Eduardo De Filippo? Mi limito ad esporre le due modalità con la speranza che qualcuno mi suggerisca il sistema migliore. Dunque….

Primo sistema….Premio alla Totò……Si fa sedere comodamente il premiando(Fini)su una sedia. Si prende un asciugamani e gli si copre una prima metà del volto. Si prende un secondo asciugamani e si copre la seconda metà del volto, con l’ accorgimento di lasciare bene scoperto uno solo dei due occhi. A questo punto il premiante si discosta un po’, prende la mira e, arrotando la bocca a culo di gallina, lascia partire uno scaracchio verso l’occhio scoperto. Il premio si intende assegnato quando lo scaracchio centra perfettamente l’occhio a mo’ di bersaglio.

Secondo sistema….Premio alla Eduardo De Filippo…Questo secondo sistema ha il vantaggio, rispetto al precedente, di essere un premio musicale, che forse meglio si addice al virtuosismo dialettico di Fini. Dunque …in questo caso…si lascia parlare il premiando (sempre Fini) a ruota libera. Il premiante, quando si accorge che la predica sta per finire, si prepara per bene, allo scopo di far coincidere esattamente il suo premio sonoro con la fine della predica. Il premiante dunque estroflette leggermente la lingua al di fuori della chiostra dentaria, stringe le labbra ed emette una gran quantità di fiato, facendo attenzione che contemporaneamente la lingua prenda a vibrare con forza fino ad emettere quello che a Napoli è comunemente conosciuto con il nome di PERNACCHIA.

Eventualmente verrebbe lasciata all’interessato la possibilità di scegliere tra le due modalità.

martedì 26 ottobre 2010

L'indecisione del Cav.dura da troppo tempo

Mi spiace, ma forse il Cavaliere non ci sta più con la testa.'Sto benedetto Lodo un giorno non serve e lui non l'ha chiesto, un altro giorno è indispensabile. Capisco che la persecuzione dei giudici è stata ed è asfissiante, ma non vorrei che questa persecuzione avesse prodotto danni irreversibili sull'equilibrio del Cav. Queste continue oscillazioni, questa eterna indecisione scambiata per saggezza, incominciano a stancare gli elettori del centrodestra. Il PDL scende nei sondaggi? Non meravigliamoci più di tanto e soprattutto non crediamo che il calo sia da addebitarsi alla scissione di Fini . Bisognava reagire prima!Ma forse è ormai troppo tardi.

mercoledì 13 ottobre 2010

Cognome e nome:Bocchino Italo

Si aggira sulla scena politica italiana un personaggio che fa Bocchino di cognome e Italo di nome.

Da quando è diventato il sottopancia di Fini nella sua polemica con Berlusconi, il suddetto Bocchino ha incominciato a prendersi sul serio. Ne consegue una quotidiana alluvione di esternazioni sui più svariati argomenti.

Il fatto, che vari giornali e agenzie di stampa riportino fedelmente tali esternazioni, non aggiunge ad esse alcun rilievo o alcun significato. Esse sono il nulla eretto a sistema di comunicazione e si limitano ad essere un sistema di spostamento dei gas. Il suddetto Bocchino, in altri termini, si limita ad immettere ossigeno nel suo apparato respiratorio e ad emettere anidride carbonica nell’atmosfera circostante.

Avete presente un ventaglio agitato in estate per procurare un po’ di fresco? Beh, ai fini del determinarsi delle vicende del mondo, le parole di Bocchino hanno la stessa importanza del ventaglio agitato.

E’ ovvio che in un Paese normale le esternazioni quotidiane di Bocchino non avrebbero più rilievo di quelle di un demente o di un idiota. Ma l’Italia è ancora un Paese normale?

lunedì 11 ottobre 2010

Se arriva la tempesta

Se il Giornale fa un'inchiesta su Fini è dossieraggio , se invece la fa Repubblica su Berlusconi, è giornalismo da Pulitzer.

Se Feltri percepisce uno stipendio da Berlusconi è un servo, se invece Mauro lo percepisce da De Benedetti, trattasi di giusto compenso per il lavoro svolto.

Se Berlusconi conclude con la Russia contratti vantaggiosi per l'Italia, è un uomo politico poco raccomandabile. Quando Prodi concludeva affari con la Cina, diversificava il commercio estero del nostro Paese.

Potrei continuare all'infinito, ma basta così.

Al punto in cui siamo arrivati, ormai non è più nemmeno questione di malafede. Probabilmente i sinistri, che sostengono certe tesi, sono convinti di quello che dicono. Ed è questo che fa più paura.

Mi capita di parlare con persone apparentemente normali, che sostengono con incredibile naturalezza che la vendita dell'appartamento di Montecarlo è una questione privata tra Fini e il cognato. E magari aggiungono che, se il governo va in crisi, è normale che chi ha perso le elezioni possa essere chiamato a governare, anche senza maggioranza.

Che fare a questo punto? Penso sia inutile ormai sprecare fiato con chi non vuol capire, o probabilmente non riesce a capire.

Il peggio sta arrivando, anzi per molti aspetti è già arrivato. E' bene non farsi trovare impreparati.

venerdì 8 ottobre 2010

Ultime notizie sulla guerra civile

Se un libero cittadino vuole presentare un libro su Mussolini, gli scagnozzi della sinistra glielo impediscono.

Se Il Presidente del Senato vuol partecipare ad un libero dibattito, gli scagnozzi della sinistra glielo impediscono.

Se il segretario della CISL vuole partecipare ad un libero dibattito, gli scagnozzi della sinistra glielo impediscono e gli sparano pure.

Se un giornalista vuole fare il giornalista e non il servo della sinistra , uno scagnozzo della sinistra cerca di accopparlo.

Se un grande scrittore cerca di demitizzare la Resistenza, presentandola per quello che veramente fu, cioè un massacro con cui i comunisti tentarono di arraffare il potere eliminando tutti gli altri, gli scagnozzi della sinistra glielo impediscono.

Se in un giornale i giornalisti decidono di fare i giornalisti e non i portavoce dei PM, qualche ineffabile PM napoletano, scagnozzo della sinistra, li accusa di violenza privata.

Diciamocelo chiararamente. Oggi, in Italia, l’essere di destra comporta molti rischi. E non risulta che giornalisti scagnozzi della sinistra, come Santoro e Travaglio, corrano questi rischi.

Bisogna ammetterlo:la guerra civile è già incominciata.
Chi è di destra ne tenga conto e si prepari. Le parole non bastano più.

domenica 3 ottobre 2010

L’Italia e la guerra civile

Molti oggi vivono sotto scorta nel nostro Paese. A parte le personalità istituzionali, per le quali la scorta è spesso uno status symbol, per alcuni la scorta è una necessità.

Vive sotto scorta Saviano, per il suo impegno contro la mafia, vivono sotto scorta Belpietro, Fede, Feltri, per il loro impegno giornalistico contro la sinistra. Non hanno necessità di una scorta giornalisti di sinistra come Santoro, Travaglio o altri.

Dal che si deduce che oggi nel nostro Paese la vita è diventata difficile e pericolosa solo per chi combatte apertamente la mafia e/o per chi combatte apertamente la sinistra.

E’ risaputo per altro che coloro che combattono attivamente ed apertamente la mafia sono relativamente pochi e quindi è abbastanza facile per la mafia intimidirli o perseguitarli.

Invece coloro che nel nostro Paese combattono politicamente la sinistra sono circa venti milioni e oltre tutto stanno incominciando a perdere la pazienza. Coloro, che a sinistra soffiano sul fuoco e fomentano un clima da guerra civile, tengano conto di questo dato e , se non hanno ancora portato definitivamente il cervello all’ammasso, ne traggano le ovvie conseguenze.

venerdì 1 ottobre 2010

Berlusconi e i giudici di Milano

Con grave scandalo dei soliti tromboni, Berlusconi ha definito il processo Mills, che lo riguarda, come una barzelletta. Non gli si può dar torto. Basta dire che i giudici di Milano, pur di celebrare il processo, evitando che cadesse in prescrizione, si sono sbizzarriti in una sorta di legislazione creativa, stabilendo che il reato di corruzione si oggettiva soltanto nel momento in cui il corrotto si dà a spendere i soldi ricevuti dal corruttore.

Con queste premesse, il processo si presenta chiaramente come il più comico e il più paradossale tra i tanti che il Cavaliere ha subito da quindici anni a questa parte e solo un P.M. come Fabio De Pasquale poteva portarlo avanti. Finirà nel nulla come i tanti processi precedenti.

Intanto è di tutta evidenza che per il Cavaliere ormai l’essere processato e condannato da simili giudici costituisce un titolo di merito, non certo un’infamia.

E giustamente. Perché questi giudici appartengono alla stessa compagnia di giro di quelli che qualche anno fa emisero una originale sentenza nel tribunale di Brescia.

Quei giudici si trovarono a processare un loro collega, P.M. a Milano, che non si era fatto scrupolo di farsi prestare da un tizio, sottoposto alle sue indagini, cento milioni di lire e una Mercedes, oltre al fitto gratuito di un appartamento nel centro di Milano. C’è da ricordare pure che quei cento milioni di lire furono poi restituiti in una scatola di scarpe avvolta in un giornale , tra un udienza e l’altra del processo, direttamente dal P.M. al suo creditore . Orbene quei giudici, esaminato il caso, sentenziarono che i fatti, pur candidamente ammessi, non costituivano reato.

Su sentenze come queste, a voler essere generosi, ci si può solo fare la pipì di sopra. Ad evitare di sporcare per terra.

P.S.Solo a titolo di cronaca ricordo che il P.M. milanese della Mercedes, dei cento milioni di lire e e della scatola di cartone, si chiamava e si chiama Antonio Di Pietro.

mercoledì 29 settembre 2010

Luca Barbareschi, duro e puro.

Luca Barbareschi, finiano duro e puro, ha dichiarato che comunque non voterà la fiducia a Berlusconi, a prescindere da quello che faranno i suoi compagni di gruppo.
Bisogna capirlo Luca Barbareschi. Lui, uomo di spettacolo ed esponente politico della destra, ha sempre vissuto questa sua posizione con imbarazzo ed insofferenza insieme.

Una volta, invitato da Maurizio Costanzo ad “Uno contro tutti”, si ritrovò ad essere “Uno contro se stesso”, perché nessuno si presentò a discutere con lui, secondo una antica consuetudine della sinistra, che preferisce ignorare gli avversari politici, piuttosto che discutere con loro. In seguito fu inopinatamente licenziato da Mediaset, a causa di un’infelice battuta contro le tasse, nel corso di una sua trasmissione. Di recente, nel 2008, ha invitato il PDL ad occupare la RAI, troppo di sinistra secondo lui, piazzandovi anche uomini di spettacolo e non solo mignotte.

Bisogna capirlo Luca Barbareschi. In un mondo come quello dello spettacolo, dove, a causa del conformismo paraculistico, anche gli uscieri e gli addetti alle pulizie debbono essere rigorosamente di sinistra, l’essere di destra non rende, né artisticamente, né economicamente.

Barbareschi ha sempre vissuto con sofferenza questa sua condizione. Probabilmente anche il semplice fatto di essere definito di destra gli ha procurato disagi esistenziali. Perché le cose potessero andare diversamente, egli avrebbe dovuto avere la grandezza di un Giorgio Albertazzi o la dignità e il disincanto di un Ennio Flaiano o di un Leo Longanesi.

Ma Barbareschi non ha avuto nulla di tutto questo. Egli è rimasto sempre e soltanto un piccolo uomo, costretto ad una quotidiana ed oscura lotta per la sopravvivenza e per un posto al sole. Ora però le sue sofferenze sono finite. Il suo recente antiberlusconismo ha fatto il miracolo e quelli che una volta lo disprezzavano, o peggio ancora lo ignoravano, lo hanno accolto tra le loro file.

Luca Barbareschi può guardare con fiducia verso il futuro e verso il Sol dell’avvenire.

domenica 26 settembre 2010

Pietà per Fini!

Ho letto le dichiarazioni di Gianfry. Penose, semplicemente penose. Ma riconosco che verso la fine mi sono anche intenerito e quasi commosso. Forse sto invecchiando e con l’età sto diventando più buono, ma penso che la sua invocazione di tregua sia da accogliere. Dipendesse da me, non ci penserei due volte a mandare segnali di distensione.

Feltri, Belpietro, Sechi, D’agostino, e tutti quelli che finora avete sparato a pallettoni contro di lui, via , un po’ di pietà!

Gianfry ha già sofferto molto. Ve l’immaginate le giornate in casa Tulliani? I musi lunghi durante il pranzo, Elisabetto che non vuol parlare, Elisabetta che cerca di tenere comunque unita la famiglia, le bambine che piangono…E poi magari qualche voce grossa, qualche scenata, qualche piatto che vola, qualche sedia scagliata contro il cognatino che non si preoccupa del destino dell’Italia e invece si preoccupa solo delle sue Ferrari…

Via…Fini ha già pagato! Che si vuole di più da lui? Che lasci la Presidenza della Camera, ormai sua proprietà privata? Via… Un po’ di compassione ci vuole!
Presidente Fini, ieri sera hai fatto commuovere e piangere milioni di Italiani. L’Italia cristiana, e di Famiglia cristiana, è con te. Presidente, sei tutti noi! Eia,eia,alalà!

mercoledì 22 settembre 2010

Gianfranco Fini, ultimo atto.

E’ ormai svelato l’ultimo mistero sul caso Fini-Montecarlo. Non ci voleva molto ad immaginarlo, ma la conferma definitiva che l’appartamento di Rue Princesse Charlotte è di proprietà della famiglia Tulliani induce ad alcune amare riflessioni.

Fini può cianciare quello che vuole, ma ormai egli appare nudo come un verme ed indifendibile come un qualunque mariuolo colto con le mani nel sacco. Egli non ha solo infangato la sua onorabilità personale, se mai ne ha avuta una, ma anche quella di un partito, l’ex AN, e anche , il che a mio avviso è ancora più grave, quella di un certo mondo ideale , che sommariamente viene definito come la destra politica.

L’altra sera in Tv ho ascoltato una commovente dichiarazione di Pietrangelo Buttafuoco, il quale diceva di aver sentito vergogna di fronte a tale vicenda. Ma a questo punto io non so se la sola vergogna possa dare almeno un’idea dell’abisso di squallore, di miseria , di immoralità che fin dall’inizio ha caratterizzato questa incredibile vicenda.

Mi vien da pensare alla destra di una volta, alla destra storica. A quando Quintino Sella, ministro delle Finanze, si pagava di tasca sua il biglietto ferroviario per non pesare sul bilancio dello Stato. A quando dire La Destra significava dire senso dello Stato e senso della dignità personale, oltre che rispetto per i soldi propri e soprattutto per quelli dei cittadini che pagavano le tasse.

Ne è passato di tempo da allora! Ora un mariuolo come Fini può impunemente continuare a dirsi di destra e nello stesso tempo dichiarare che la svendita del patrimonio di An ad un cognato non deve interessare nessuno, trattandosi di una transazione tra privati che non comporta danni per l’erario.

Ma ormai la sceneggiata è giunta alla sua scontata conclusione. C’è da solo da sperare, il che non è del tutto scontato, che ci sia un giudice anche a Roma, anzi alla Procura di Roma, e non solo a Berlino.

lunedì 20 settembre 2010

Clamoroso! Napolitano sul caso Fini.

Nella vicenda Fini-Montecarlo il nostro(si fa per dire) presidente Napolitano è intervenuto indirettamente solo una volta per ribadire che le alte cariche dello stato hanno il diritto-dovere di dedicarsi alle loro funzioni in piena libertà e senza subire il condizionamento di inchieste e campagne di stampa di qualsivoglia tipo.

In altri termini il nostro(si fa per dire) Presidente ha lasciato intendere che a lui non interessa una beneamata mazza se a presiedere la terza carica dello stato si trova un tipo che regala al cognato un appartamento lasciato in eredità al partito che si trova a dirigere. Come non gli interessa sapere se lo stesso tipo intrallazza per fare avere alla suocera analfabeta un contratto RAI di un milione e mezzo di Euro, a spese dei contribuenti, e non gli interessa sapere se sempre lo stesso tipo intrallazza per far avere ad imprese di comodo finanziamenti ed appalti per il dopo terremoto all’Aquila.

Pare comunque che il nostro(si fa per dire) Presidente, consapevole dell’imbarazzo che il suo prolungato silenzio potrebbe ingenerare nei cittadini , abbia deciso di intervenire. E’ di imminente emanazione un comunicato stampa da parte del Quirinale, che un nostro redattore è riuscito a procurarsi e che il nostro giornale pubblica in anteprima assoluta. Ecco di seguito il testo.


Cari concittadini, è costume di questa Presidenza non interferire con il normale svolgimento della vita democratica del nostro Paese. Questa Presidenza non intende in alcun modo interrompere tale tradizione e le considerazioni che seguono non costituiscono pertanto violazione di una norma entrata ormai nella coscienza collettiva.

Giungono a questa Presidenza continue sollecitazioni a voler esaminare il cosiddetto caso Fini-Montecarlo.
A tal proposito, pur senza entrare nel merito della questione, dal caso in esame emerge chiaramente lo sforzo del Presidente Fini di perseguire fini caritatevoli e di disinteressata beneficenza.

Si obietterà che la beneficenza è stata fatta a favore di un cognato, ma questo non inficia il valore dell’atto, che comunque esclude, a quanto è dato saperne, un utilizzo diretto dell’appartamento in questione da parte del Presidente Fini.
Si ribadisce inoltre l’assoluta correttezza procedurale del Presidente Fini, che, al momento dell’alienazione del bene, ha delegato ad altri la firma di ogni documento relativo alla cessione dello stesso.

Stantibus sic rebus, non si vede come questa Presidenza possa adottare provvedimenti conseguenti.
Bisognerebbe per caso costringere alle dimissioni il Presidente Fini? E’ questo che si chiede?

Il Presidente della Repubblica, pur nell’ambito di funzioni e competenze diverse, si è trovato nelle condizioni di chiedere le dimissioni di qualcuno una sola volta nella vita. Ciò accadde nel 1956, all’epoca della Rivolta Ungherese, quando furono richieste le dimissioni del presidente Imre Nagy e a tale scopo provvide la gloriosa Armata Rossa, con conseguente fucilazione dell’interessato.

In tempi più recenti, come anche le vicende della Fiat di Pomigliano hanno consentito di rilevare, questa Presidenza si è sempre adoperata per il reintegro dei lavoratori e mai per sollecitarne le dimissioni.
E ora si pretenderebbe da parte di qualcuno che vengano sollecitate le dimissioni del Presidente Fini?
E’ pur vero che l’agricoltura italiana soffre di una cronica mancanza di braccia, ma come si può pretendere che, in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, si possa favorire un seppur minimo incremento della disoccupazione? E poi proprio a danno del Presidente Fini?

Si dimentica per caso che egli deve provvedere ad una famiglia numerosa? 
Chi penserà a comprare le pappine alle due figlie avute dalla sua nuova compagna? Chi provvederà a fare avere qualche altro contratto RAI alla suocera analfabeta? Chi provvederà alla manutenzione ed al carburante per la Ferrari comprata dal cognato?
Questa Presidenza si augura che l’opinione pubblica possa rendersi conto del contesto psico-socio-pedagogico in cui il caso è maturato e per il resto non può che augurare lunga vita politica al Presidente Fini.
Viva l’Italia!

Il mio letto è così vuoto! di Anonimo cinese


Bianca splende la chiara luna
sulla tenda che copre il mio letto!
In pena mi giro e rigiro e non posso dormire,
raccolgo la veste e vado errando qua e là.
L'amor mio mi ha detto che è felice.
Magari dicesse che sta per tornare!
Fuori in giardino indugio da sola.
A chi confidare i miei tristi pensieri?
Gli occhi fissi nel vuoto.
Rientro in camera.
Quante lacrime mi bagnano la veste e il mantello!

venerdì 17 settembre 2010

Benedetto sia 'l giorno e 'l mese e l'anno di Francesco Petrarca

Benedetto sia'l giorno e'l mese e l'anno
e la stagione e'l tempo e l'ora e'l punto
e'l bel paese e'l loco ov'io fui giunto
da'duo begli occhi che legato m'ànno;

E benedetto il primo dolce affanno
ch'ì ebbi ad esser con Amor congiunto,
e l'arco e le saette ond'ì fui punto,
e le piaghe che'nfin al cor mi vanno.

Benedette le voci tante ch'io
chiamando il nome de mia donna ò sparte,
e i sospiri e le lagrime e'l desio;

e benedette sian tutte le carte
ov'io fama l'acquisto, e'l pensier mio,
ch'è sol di lei; si ch'altra non v'à parte.

giovedì 16 settembre 2010

Io sono razzista?

1-L’immigrazione clandestina è un reato.
2-L’immigrato clandestino, se scoperto, deve poter essere espulso.
3-L’Italia e il mondo occidentale non possono farsi carico di tutti i problemi del mondo.
4-E’ utopistico pensare di poter bloccare l’emigrazione mondiale, che ha ormai assunto dimensioni bibliche, ma è realistico pensare di poterne almeno controllare i flussi.
5- E’ compito dei nuovi immigrati, pur nel rispetto delle loro tradizioni, cercare di adeguarsi alle nuove realtà politico-sociali nelle quali si trovano a vivere.
6- La concessione della cittadinanza non è un diritto dell’immigrato. Essa è subordinata al rispetto delle leggi del Paese ospitante ed al livello di integrazione economico-sociale raggiunta.

Alcuni sprovveduti e alcuni poveri di spirito ritengono che il sostenere queste tesi sia sinonimo di razzismo. Io sostengo queste tesi.Io sono razzista?

mercoledì 15 settembre 2010

Requiem per il Cavaliere?

Scrivo di getto mentre ascolto le ultime notizie politiche della giornata. La presunta maggioranza alternativa non c’è, il cosidetto gruppo di Responsabilità nazionale è una chimera, per il governo la speranza di sopravvivere pare dissolversi.
Non ci voleva molto a capirlo o ad immaginarlo, ci voleva solo che qualcuno o qualcosa confermasse queste previsioni.

Berlusconi continua a sciorinare parole rassicuranti sulla sua volontà di andare avanti, continua ad elargire sorrisi , ma dietro tutto c’è una parvenza di provvisorio, se non di falso e di volutamente ambiguo.

Spiace doverlo dire, ma il Cavaliere incomincia a non convincere più nessuno. Il Cavaliere, che ci aveva convinti fino a qualche tempo fa, non esiste più. Difficile dire perché. Molto è dipeso dalle circostanze, dalle condizioni oggettive del nostro Paese, ma molto è dipeso anche da lui. Noi, che lo abbiamo difeso in tante circostanze, che abbiamo avuto piena coscienza della vergognosa persecuzione giudiziaria cui è stato sottoposto, ora possiamo dire che lui ci ha messo anche del suo.

Ora possiamo dirlo. Possiamo dire che un Presidente del Consiglio, pur con tutte le attenuanti di questo mondo, non fa il segno delle corna mentre sta per fare una foto ufficiale di gruppo. Un Presidente del consiglio, se vuole fare sesso, almeno deve stare attento a chi si infila nel letto. Un Presidente del Consiglio non nomina un inutile ministro senza portafoglio, per poi accettarne le dimissioni dopo una settimana. E mi fermo qui, per carità di patria. Il resto, il più lo hanno fatto quei giudici, che hanno deciso di fare politica contro di lui.

Sono colpe gravi? Non lo so, ma troppi rospi abbiamo ingoiato in questi ultimi tempi. Arrivati a questo punto, il Cavaliere, gravemente dimezzato nei suoi poteri, non può limitarsi a tirare a campare, tenendo in ostaggio il suo partito, il governo, la nazione.

O il Cavaliere decide di puntare alle elezioni, oppure sarà travolto. Il tempo gioca contro di lui.

giovedì 9 settembre 2010

Berlusconi sta bene?

Incomincio a dubitare dell’equilibrio mentale di Berlusconi. Uno che , dopo tutto quello che è successo, dopo lo sfarinamento della sua maggioranza, continua a dire che va avanti e che rifiuta le elezioni anticipate perché ha il dovere di governare, non è solo un personaggio patetico, è anche grottesco.

Evidentemente il Cavaliere è talmente condizionato dalla persecuzione giudiziaria, che la semplice idea di non essere il Presidente del consiglio, fosse anche per un breve periodo, lo atterrisce e gli obnubila la mente al punto di impedirgli di vedere quello che ormai vedono e capiscono anche i bambini.

Dispiace per il Cavaliere. E’ stato un personaggio importante della politica italiana,ha fatto tanto per l’Italia e tanti hanno, abbiamo creduto in lui. Ma ormai questo suo rifiuto pervicace di guardare in faccia la realtà, questo suo voler galleggiare ad ogni costo, questo suo patetico tentativo di durare qualche altro mese ad ogni costo, lo rendono un personaggio sinceramente imbarazzante.

Cavaliere, svegliati e datti una mossa! Non so se te ne sei accorto o se qualche tuo consigliere te lo ha detto. La tua maggioranza parlamentare non esiste più. Bisogna andare a votare!!!!!!!!

lunedì 6 settembre 2010

Sarah Brown di Edgar Lee Masters
















Maurizio, non piangere, non sono qui sotto il pino.
L'aria profumata della primavera bisbiglia nell'erba dolce,
le stelle scintillano, la civetta chiama,
ma tu ti affliggi e la mia anima si estasia
nel nirvana beato della luce eterna.
Va' da mio marito,
che medita su ciò che lui chiama la nostra colpa d'amore.
Digli che il mio amore per te e il mio amore per lui hanno foggiato il mio destino.
Digli che attraverso la carne raggiunsi lo spirito e, attraverso lo spirito, raggiunsi la pace.
Non ci sono matrimoni in cielo.
C'è solo l'amore.
(Da Antologia di Spoon River)

Berlusconi, Fini e il baratto.

Il discorso di Mirabello non aggiunge nulla di nuovo a quanto già si sapeva di Gianfranco Fini. Uno stronzo era ed uno stronzo rimane.
Questo non esclude però che anche il Cavaliere debba stare attento, molto attento, a quello che fa.

Circolano ad esempio alcune voci che riferiscono di un baratto, al quale del resto lo stesso Fini ha alluso senza alcun pudore, tra i due contendenti.

Da una parte Fini si impegnerebbe nell’approvazione di una legge che protegga dalla persecuzione giudiziaria il Cavaliere, che a sua volta nomina Urso ministro, favorisce il cambio della legge elettorale per salvare il partitucolo di Fini e accetta un federalismo dimezzato.

Insomma poltrone contro promesse.

Non so quanto ci sia di vero in queste voci, ma mi piace far sapere come la pensano coloro che in tanti anni hanno sostenuto il Cavaliere e non hanno mai chiesto nulla in cambio.

Orbene! Attento, Cavaliere! Al punto in cui siamo arrivati, l'unica cosa dignitosa da perseguire è la crisi, con conseguenti elezioni anticipate. Fini è già un rottame della storia! Tu non puoi mettere sotto i piedi la tua dignità. Evita di fare la stessa fine!

sabato 4 settembre 2010

Lucinda Matlock di Edgar Lee Masters

Andavo a ballare a Chandlerville
e giocavo alle carte a Winchester.
Una volta cambiammo compagni,
ritornando in carrozza sotto la luna di giugno,
e così conobbi Davis.
Ci sposammo e vivemmo insieme settant'anni.
Filavo, tessevo, curavo la casa, vegliavo i malati,
coltivavo il giardino e, nei giorni di festa,
andavo spesso per i campi, dove cantano le allodole,
e lungo lo Spoon, raccogliendo tante conchiglie
e tanti fiori e tante erbe medicinali,
gridando alle colline boscose e cantando alle verdi vallate.
A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, ecco tutto,
e passai ad un dolce riposo.
Cos'è questo che sento di dolori e stanchezza
e ira, scontento e speranze fallite?
Figli e figlie degeneri,
la vita è troppo forte per voi.
Ci vuole vita per amare la vita...
(Da Antologia di Spoon River)

venerdì 3 settembre 2010

Reuben Pantier di Edgar Lee Masters

Ebbene sì, Emily Sparks, le tue preghiere
non furono disperse, il tuo amore
non fu del tutto invano.
Qualunque cosa io sia stato nella vita,
lo devo alla tua speranza che non disperava di me,
al tuo amore che non smise di vedermi buono.
Cara Emily Sparks, lascia che ti racconti la mia storia.
Sorvolo sugli influssi di mio padre e mia madre.
La figlia della modista mi ha messo nei guai
e sono andato in giro per il mondo.
Ho attraversato ogni sorta di pericoli:
vino, donne, i piaceri della vita.
Una sera, in una stanza di Rue de Rivoli,
stavo bevendo vino con una cocotte dagli occhi neri
e le lacrime mi inondarono gli occhi.
Quella pensò che erano lacrime d'amore e sorrise
al pensiero di avermi conquistato.
Ma l'anima mia era distante tremila miglia da lì,
pensavo a quando eri la mia maestra a Spoon river.
E proprio perchè non potevi più amarmi
nè pregare per me, nè scrivermi delle lettere,
in tua vece parlò l'eterno silenzio.
E la cocotte dagli occhi neri prese le lacrime per sè,
e i baci bugiardi che le diedi.
Non so come, da quel momento ebbi una visione nuova,
cara Emily Sparks!
(Da Antologia di Spoon River)

giovedì 2 settembre 2010

Berlusconi e l’indecenza

C’è un limite a tutto, anche alla voglia di dimostrarsi disposto al dialogo e al compromesso. Orbene, Berlusconi questo limite lo ha già superato da un bel pezzo. Ogni ulteriore rinvio e ogni ulteriore esitazione servono soltanto a rivelarlo per come egli in realtà non è, cioè pusillanime e terrorizzato. Quelli che abbiamo creduto in lui, quelli che lo abbiamo votato in tanti anni, quelli che non gli abbiamo mai chiesto nulla in cambio, incominciamo a non riconoscerlo più.

Berlusconi deve capire che, al punto in cui siamo arrivati, l’unica cosa che gli resta da fare è quella di rompere con Fini ed andare alle elezioni anticipate, se è possibile, o, in alternativa, allo scontro aperto.Ogni diverso atteggiamento nei confronti di Fini appare stucchevole ed indecente.

Tutti capiamo che Berlusconi è perseguitato dalla magistratura, tutti capiamo che egli ha il dovere ed il diritto di difendere se stesso e le sue aziende dall’assalto dei nemici, ma ci sono dei momenti decisivi, nella vita di ognuno, in cui chiunque, e lui più degli altri, ha il dovere di non calpestare la sua dignità.

Romano Prodi, quando si accorse che mani Pulite stava per investirlo, andò a piagnucolare da Scalfaro al quale chiese di essere salvato. E fu salvato.

Per caso Berlusconi ha intenzione di fare la stessa cosa con Fini?
Se a tanto si dovesse arrivare, Berlusconi potrà anche momentaneamente salvare se stesso e le sue aziende, ma di certo non salverà il suo onore e il suo partito. E alla fine sarà ugualmente ingannato e tradito da Fini.

mercoledì 1 settembre 2010

L’ammore che d’è? di Eduardo De Filippo


Scusate, sapite l’ammore che d’è?
L’ammor’è na cosa
c’addora di rosa
ca rosa nun è,
nduvina che d’è?
È rosa? E scusate, sapite pecchè?
È rosa ‘o culore
che serve p’ ‘ammore.
L’ammore nun c’è
si rosa nun è.
L’addore che c’entra si rosa nun è?
Pecché dinto maggio,
se piglia curaggio.
Sentenno l’addore
te nasce l’ammore.
A maggio sultanto? E sapite pecchè?
È maggio pe’ n’anno
pe’ chille ch’ ‘o sanno.
Pe’ chi nun vo’ bene
stu mese nun vene.
E senza l’addore l’ammore nun c’è?
Nun c’è. Pecché l’ammore
è forte dolore,
ca pare ‘na cosa
c’addora di rosa.

lunedì 30 agosto 2010

Il bacio di Edmond Rostand

Ma poi che cos’è un bacio?
Un giuramento fatto un poco più da presso,
un più preciso patto,
una confessione che sigillar si vuole,
un apostrofo rosa tra le parole “ T’amo “ ;
un segreto detto sulla bocca,
un istante infinito che ha il fruscio di un’ape tra le piante,
una comunione che ha il gusto di un fiore,
un mezzo per sentir respirare un po’ il tuo cuore
e assaporare l’anima tua a fior di labbra !

sabato 28 agosto 2010

Colazione del mattino di Jacques Prévert


Egli ha versato il caffè
Nella tazza
Egli ha versato il latte
Nella tazza di caffè
Egli ha messo lo zucchero
Nel caffelatte
Con il cucchiaio
Ha mescolato
Egli ha bevuto il caffelatte
E ha posato la tazza
Senza parlarmi
Ha acceso
Una sigaretta
Ha fatto dei cerchi
Con il fumo
Ha messo la cenere
Nella ceneriera
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S’è alzato
Ha messo
Il cappello in testa
Ha messo
l’impermeabile
Perché pioveva
Ed è andato via
Sotto la pioggia
Senza una parola
Senza uno sguardo
E io ho preso
La testa tra le mani
E ho pianto.

venerdì 27 agosto 2010

Paris at night di Jacques Prévert


Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L'ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.

giovedì 26 agosto 2010

Qual rugiada di Torquato Tasso

Qual rugiada o qual pianto
quai lagrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto de le stelle?
E perché seminò la bianca luna
di cristalline stelle un puro nembo
a l'erba fresca in grembo?
Perché nell'aria bruna
s'udian, quasi dolendo, intorno intorno
gir l’aure insino al giorno?
Fur segni forse de la tua partita,
vita della mia vita?

sabato 21 agosto 2010

Il primo problema

Penso che il problema principale di Berlusconi e del centrodestra non sia Gianfranco Fini (povero untorello), e nemmeno Pier Luigi Bersani (povero illuso), e nemmeno Tonino Di Pietro(povero analfabeta) e nemmeno il mondo gravitante intorno ad Eugenio Scalfari e Repubblica (poveri tromboni).

Penso che il problema principale sia quello della Giustizia. Diciamocelo pure: in Italia noi non abbiamo un’amministrazione della Giustizia, abbiamo invece un partito dei giudici(non necessariamente di tutti i giudici) che si muove contro il centrodestra con i tempi ed i modi di un partito politico, anzi dell’unico vero partito politico che riesca a creare problemi al Cavaliere. Alla lunga questo partito è riuscito a fiaccare l’azione di governo e, dobbiamo riconoscerlo con rincrescimento, lo stesso Berlusconi dà talvolta l’impressione di un leader intimidito e sulla difensiva.

Berlusconi non è uno che si lasci intimidire, ma, quando le iniziative giudiziarie contro di lui diventano infinite, quando un giudice criminale condanna la Mondadori a pagare 700 milioni di Euro (più di quanto valga la stessa Mondadori) ad un diretto concorrente per una vicenda tutt’altro che chiara, è comprensibile che anche lui alla fine ne risulti condizionato.

Da queste premesse deriva una certa esitazione del Cavaliere nei confronti della crisi della maggioranza, con una conseguente, continua offerta di tregua ai suoi avversari interni. Cosa che rischia di apparire stucchevole e, soprattutto, rischia di generare sconforto negli elettori, che non vedrebbero male una rottura definitiva.

Spiace che il centrodestra, pur dedicandogli attenzione, non abbia ancora concluso che quello della giustizia è il primo problema, anzi il problema dei problemi e che, se non si risolve questo, non si risolveranno tutti gli altri, che in realtà sono solo una conseguenza del primo.

Il problema è troppo grosso e quindi di difficile soluzione? Allora tanto vale affrontarlo di petto e senza girargli troppo attorno. Il Cavaliere drammatizzi il problema, si rivolga direttamente agli Italiani, veda un po’ quel che può venirne fuori. Il Cavaliere metta in conto che una crisi drammatica può salvarlo una volta per tutte oppure fargli perdere il potere definitivamente. D’altra parte nessun medico gli ha prescritto che debba fare eternamente il leader politico. In queste condizioni non può più continuare. Limitarsi a rimanere a galla non serve a niente, durare tanto per durare ancora meno.

sabato 14 agosto 2010

Ancora sul "nostro" presidente della Repubblica

Penso sia arrivato il momento, per tutti gli elettori di centrodestra, di mobilitarsi. Non intendo che si debbano prendere i fucili, anche perché in Italia la guerra civile per il momento è solo una guerra di parole. Per il momento…Ma almeno una pernacchia a Giorgio Napolitano vogliamo farla?
Sì, proprio a lui, al comunista Giorgio Napolitano, quello che ha benedetto i carri armati sovietici nel 1956 e, 50 anni dopo, non si è vergognato di andare a deporre fiori sulle tombe dei fucilati.

Quello che nel 1956 parteggiava per Kruscev e , 50 anni dopo, non si è vergognato di celebrare la memoria di Imre Nagy e Pal Maleter?

Quello che in tanti anni non ha mai speso una parola per difendere Silvio Berlusconi e ora non si vergogna di difendere l’indifendibile Gianfranco Fini?

Quello che, durante il suo mandato di europarlamentare, spendeva 90 euro di biglietto aereo per andare a Bruxelles e poi non si vergognava di farsene rimborsare 800?

Quello che, alla sua età, appare ancora tanto innamorato della vita, ma non si è vergognato di far morire la giovane Eluana Englaro, rifiutandosi di firmare il decreto che poteva salvarla?

Sì, dico, a questo Napolitano una sonora pernacchia gliela vogliamo fare? Fosse anche solo per fargli capire che gli Italiani non hanno l’anello al naso e che non sono più disposti a farsi prendere per il culo dai tromboni come lui?

venerdì 13 agosto 2010

A proposito del “nostro “ presidente della Repubblica

A proposito del “nostro “ presidente della Repubblica. Quello che, alla tenera età di 31 anni, quando si è appena messo il dente del giudizio, plaudiva alla fucilazione dei patrioti ungheresi e poi, a distanza di tempo, è andato a porre corone di fiori sulle tombe dei fucilati.

Una volta, nel Medioevo, era rischioso per chiunque mettere in dubbio ciò che aveva detto Aristotele. Esisteva allora l’”Ipse dixit”. “L’ha detto lui”, affermava l’aristotelico di turno e con questa frase zittiva tutti. Si poteva replicare solo a proprio rischio e pericolo, a volte anche pericolo della vita.

A distanza di secoli si ha l’impressione di essere ripiombati in un nuovo Medioevo ed in un nuovo “ipse dixit”. Se una cosa la dice o la fa il nostro ineffabile presidente, non si può dire eventualmente che si tratta di una stronzata. Pare che la carica di presidente della repubblica attribuisca automaticamente il dono dell’infallibiltà, per cui è diventato obbligatorio credere ciecamente a quello che dice. 

Succede quindi che, se nell’esercizio delle sue funzioni egli manda a morte Eluana Englaro, pare non si possa dire che egli è semplicemente un assassino. Succede che, se egli auspica la fine della persecuzione dei giornali contro Fini, ma non ha nulla da dire sull’eterna persecuzione dei giornali contro Berlusconi, non si può dire che egli è un fazioso e miserabile veterocomunista. Succede che, se egli teme l’incognita di nuove elezioni, ma non teme l’incognita di un vuoto di potere derivante da un ribaltone, non si può dire che egli è politicamente schierato a favore di tutti i parassiti della scena politica italiana.

Una volta il Romano Pontefice godeva del dono dell’infallibilità. Oggi non se ne parla più. Ma per caso il nostro(si fa per dire) presidente, oltre ad essere diventato l’Aristotele redivivo, è diventato anche infallibile come il capo della Chiesa cattolica? Per caso anche lui, nell’esercizio delle sue funzioni, parla ex cathedra?

martedì 3 agosto 2010

Fini e Lombroso

Premetto subito che è una fortuna che le teorie di Cesare Lombroso siano finite con lui. E’ noto che il famoso scienziato dell’’800, fondatore dell’antropologia criminale, sosteneva che ogni individuo porta dipinte nei suoi atteggiamenti, nel volto, e in particolare nella scatola cranica, le sue tendenze e la sua personalità.

E’ una fortuna, lo ripeto, che queste teorie siano tramontate. Ma, come per un gioco di società, divertiamoci ad applicare queste teorie alla storia, ai tic , alle espressioni di quell’essere vivente, che corrisponde al nome di Gianfranco Fini.

Gianfranco Fini sostiene di essere diventato di destra non perché abbia letto Friedrich Wilhelm Nietzsche o Julius Evola, ma perché alla tenera età di vent'anni ha visto un film di John Wayne.

Gianfranco Fini, richiesto in un’intervista da Giampaolo Pansa su quali fossero i fini della sua azione politica, ha risposto che non lo sapeva nemmeno lui.

Gianfranco Fini , quando parla in pubblico, è afflitto da una strana irrequietezza delle mani, che egli sposta con un movimento compulsivo da una tasca all’altra, come se fossero due appendici pendule, estranee al suo corpo.

Gianfranco Fini rosicchia continuamente delle chewing-gum, in qualunque momento della sua giornata ed in qualunque circostanza. Addirittura una volta l’ho visto masticare come un ruminante mentre teneva un discorso in parlamento nella sua qualità di ministro degli esteri nel governo Berlusconi.

Gianfranco Fini ha eternamente dipinta sul volto un’espressione di compunta pensosità, che fa sorgere nell’interlocutore il dubbio di una perfetta idiozia. Dubbio che poi sparisce quando il suddetto Gianfranco apre bocca, immemore del fatto che è preferibile stare zitti ed apparire stupidi, piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio in merito.

Gianfranco Fini, nei suoi discorsi, ricorre sempre più spesso a degli intercalari, in realtà pleonastici, ma necessari al suo cervello per guadagnare alcuni secondi, che gli consentano di elaborare dei pensieri e conferire loro una veste decentemente logica. Famoso, tra gli altri, il suo intercalare “è vero o non è vero…”, che egli è capace di ripetere anche una ventina di volte, per far guadagnare al suo cervello secondi preziosi.

Gianfranco Fini, alla tenera età di cinquantotto anni, ha divorziato dalla moglie per convivere con Elisabetta Tulliani. Sia ben chiaro: ognuno è libero di innamorarsi come vuole e quando vuole. Ma avete mai avuto la fortuna di ascoltarla questa Elisabetta Tulliani? Beh, io tempo fa l’ho avuta questa fortuna, avendo trovato su YouTube un video, oggi non più reperibile, in cui lei cinguetta accanto a Gaucci, ex presidente del Perugia calcio e suo ex convivente. Avrà anche un certo fiuto affaristico questa Elisabetta Tulliani, in ciò aiutata probabilmente dal suo clan familiare, ma, a parte questo, mi è parso che, di fronte a lei, anche una semianalfabeta possa essere considerata un gigante del pensiero.

Si potrebbe continuare all’infinito, ma non è il caso. Secondo me è lecito ritenere che il Gianfranco non costituisca un caso politico, quanto piuttosto un caso clinico(e anche umano).