mercoledì 28 agosto 2013

"Il tempo di un respiro" di Lucia Romani (2)

Ho già presentato qualche tempo fa  Il tempo di un respiro di Lucia Romani.  Dicevo in quella circostanza che  il libro merita di essere conosciuto e perciò mi riservo di pubblicarne qualche brano, di tanto in tanto e con il permesso dell’autrice. Pubblico oggi l’email che la sorella  Cecilia indirizzò a Lucia in occasione della pubblicazione del libro.


La sorella Cecilia a Lucia
Ho cominciato a leggere il tuo lavoro appena me lo hai mandato, ma questa è roba pesante: va digerita e metabolizzata. Che scrivi bene lo so, ma stavolta hai intinto la penna nell'anima, hai pizzicato le corde dell'arpa che avevo nascosto nel cuore e l'hai fatta vibrare col tocco magico dell'amore. Un suono carico di dolore, intriso del pianto della memoria, pieno di affanno, di sgomento, di speranze deluse...Mi hai fatto piangere tutte le lacrime del mondo ma non per commozione. Ho capito che piangevo di rabbia. Per lei, per me, per te.

Per un attimo ho vissuto la tua incredulità, la tua impotenza, la tua ostinazione nel non volerla lasciar andare a nessun costo. E poi la solitudine per il binomio spezzato. L'anima pesta, il cuore in frantumi nell'accompagnarla per mano al confine della vita, nel doverle lasciare la mano per non poter entrare nel suo mondo e non poterla trattenere nel tuo. Ho dovuto leggere in più riprese, un pezzetto alla volta: come una preghiera. Ho riscoperto il mio dolore attraverso il torrente del tuo che mi ha investita. Inaspettato e travolgente lo ha ripulito delle sovrastrutture, delle protezioni sotto cui l'avevo sepolto per non soffrire e lo ha messo a nudo. Ho sentito che è ancora là, intatto, crudo e vivo come allora. Una ferita aperta e dolorante. Sei volata leggera sulla sua vita, sulla sua malattia e sulla sua morte come una farfalla curiosa, che si posa qua e là sui suoi giorni più belli e più tristi. Delicata come una farfalla e anche fragile come una farfalla, quando invece sembravi una roccia, fortissima e inattaccabile. Vorrei saperti consolare perché so che soffri ancora e ancora soffrirai ma non so da che parte cominciare. Ti dico però che ti sono vicina e ti voglio bene. Promettiamoci di non lasciarci le mani neppure noi se non sul confine della vita. Sono felice di avere una sorella come te.

Presto il premio Bancarella (quello Strega l'hai già vinto!).

Bacio. Ce'
Email del 20 Giugno 2011


mercoledì 21 agosto 2013

Le voci del silenzio: Amedeo Grisi


Nel mio salone in piazza Oberdan ho rasato a zero generazioni di bambini, perché c’erano dei rischi a portare i capelli lunghi e  poi la testa a meloncino consentiva di diluire nel tempo la  successiva rasatura. Ho anche sbarbato generazioni di contadini, che mi pagavano “a raccolta”, come si diceva: mi pagavano cioè con i prodotti dei loro campi e talvolta non mi pagavano per niente, perché i campi non producevano niente. Si viveva di poco e io vivevo di poco allora. Ma non ero contento: la vita  che fluiva monotona, stagione dopo stagione, non era per me. Ho sognato, ho suonato la chitarra  ed  ho giocato a carte, a bocce, al totocalcio: ho scommesso, cercando di riannodare in tal modo l’anello che non tiene e che talvolta rende amara l’esistenza.
Una volta, ricordo, giocai a bocce anche con te, giovane studente pretensioso. Vinsi facilmente  ed evitai di infierire, di spillarti altri soldi, perché tu eri destinato a perdere, perché tu ti limitavi a conoscere la vita attraverso i libri, mentre io leggevo direttamente nel libro della vita. Ho giocato ed ho scommesso, certo, talvolta vincendo e talvolta perdendo, come sempre avviene. Non sapevo allora che la mia scommessa più grande io l’avrei vinta dopo la vita.

lunedì 19 agosto 2013

Un ritratto di Berlusconi. By Giuliano Ferrara.

Berlusconi è un leader anche senza seggio

Una sentenza ingiusta non cancellerà un leader. Se anche dovesse perdere il seggio, Berlusconi manterrà il suo carisma e la capacità di guidare il partito. Perché il popolo è più forte dei giudici



I giornali ostili e faziosi recano la seguente notizia. Berlusconi è alla frutta, è depresso, non vede via d'uscita alla situazione in cui l'ha cacciato la ratifica di un dottore Esposito cassazionista di un processo da incubo la cui conclusione surreale è che il maggiore contribuente italiano faceva parte di un sistema di frode fiscale.
Gli hanno ritirato il passaporto, non può che starsene acquattato ad Arcore in attesa del peggio, intorno a lui si muove la canea degli arcinemici, la sua prospettiva è nera. Così scrive il Giornalista Collettivo. Chi lo vuole da vent'anni disperato, lo descrive disperato. Io la vedo altrimenti. Credo di avere buone ragioni. Credo di saperne di più.
Berlusconi è amaro, sarcastico, ma ne ha viste tante che l'ultima non lo spaventa. Sa che la sua bussola, il suo miracolo, è un rapporto ancora vivo con un pezzo consistente di questa terra, con i suoi abitanti, con la gente comune. Nessuna delle vittime dell'ordalia giudiziaria che da vent'anni pretende di riscrivere, con una parvenza di neutralità, la storia di questo Paese, ha avuto la sua sorte. Una leadership irrecusabile, una posizione determinante relativa al governo del Paese, alla maggioranza che lo sostiene, un partito in cui non emergono i sicari alla Claudio Martelli, i traditori, gli scissionisti, gli assalitori e intruglioni del nostro eterno 25 luglio. E in più - questo è poi il punto decisivo - la concreta possibilità di ribaltare la situazione con mezzi civili e politici capaci di neutralizzare la campagna di odio, di disprezzo antropologico, di cinica malevolenza dedicata a lui, al suo gruppo, al suo partito e al suo popolo elettore. Una campagna che pretende, con il risultato di apparire ipocrita e scandalosamente partigiana, di imbonire gli italiani con una evidente menzogna: si tratta di diritto comune, Berlusconi è stato trattato come gli altri, i processi a suo carico scrivono la parola fine sul suo ciclo umano e politico.
Prendete cento italiani, anche di sinistra, e a parte una piccola minoranza faziosetta, sono tutti convinti del fatto che Berlusconi è la vittima speciale di una giustizia speciale, l'obiettivo da abbattere per una casta togata la quale si è arrogata il forte e condizionante potere di selezionare, al posto del popolo sovrano, la classe dirigente del Paese, e fa politica apertamente cercando di abbattere idoli: il generale che arrestò Riina, il presidente della Repubblica non in sintonia con il giustizialismo antimafioso, l'industriale che entrò in politica e sconvolse i giochi dell'establishment arrogandosi il diritto di un discorso pubblico risultato tre, quattro volte più convincente di quello dei suoi avversari trasformatisi di giustizieri dell'Arcinemico. Una parte della pubblica opinione, quella di sinistra, si vieta, con l'eccezione fino a ieri di Matteo Renzi, di dire quel che pensa, ma lo pensa. L'idea che Berlusconi debba essere combattuto con mezzi politici, con una proposta di governo più persuasiva della sua, e che non si debba cambiare la testa a milioni di italiani rimbambiti dalle sue televisioni, ma semmai l'Italia con appropriate riforme del sistema, questa idea in cuor loro la coltivano in tanti a sinistra. La diffidenza verso la magistratura politicizzata non è mai stata così alta come dopo la sentenza Esposito.
Il Ferragosto di Berlusconi non è stato e non doveva essere, preoccupazioni serie a parte, un giorno di disperazione e di solitudine. Il mio amico Piero Ostellino mi dà amabilmente di «mattacchione». A parte che mio nonno scrisse un famoso articolo dal titolo: «Date un matto ai liberali», io sono un uomo di buonsenso, altro che mattacchione. Sono convinto che nella storia di dolore e di avventura che è tipica della parabola del Cav entra ora un periodo in cui si farà la prova del nove del suo coraggio e della sua capacità di guidare i suoi su un terreno impervio ma a suo modo sicuro. Questo è il momento in cui le tricoteuses sferruzzano sotto il simulacro di patibolo che hanno costruito per mettere a morte politica l'incubo dei giacobini e dei moralisti insinceri di questo Paese, ma quando sarà dimostrato che Berlusconi può resistere come capo politico determinante anche nelle condizioni della legalità non legittima che lo condanna a non avere il passaporto, a uscire dal Senato dove fu eletto da nove milioni di italiani, e a risiedere ai domiciliari, be', state certi che la figura pubblica e il carisma del leader del centrodestra avranno modo di irrobustirsi e di crescere a dismisura.
Berlusconi è stato vittima di infiniti colpi bassi. È stato origliato e pedinato e scrutato senza pietà nella sua vita privata. È stato fatto a pezzi da cronache italiane e internazionali che si sono segnalate per cinismo diffamatorio. È stato messo nelle condizioni di dimettersi e di lasciare il passo ai tecnici da manovre di palazzo e d'opinione pubblica di una ferocia mai vista. Il tentativo sistematico è stato quello di umiliarlo, di considerarlo un potente, un onnipotente, che un gruppo di eroi del contropotere e della controinformazione era votato a far scendere dal suo piedistallo. Ora le parti si rovesciano. Berlusconi sarà il leader prigioniero di una giustizia ingiusta, l'uomo che unico al mondo potrà varcare la soglia dell'influenza e perfino della vittoria politica costruendo e dirigendo una successione parlamentare ed elettorale ma restando fino in fondo titolare del suo fascino e della sua capacità di infondere ottimismo, speranza e perché no allegria. I diritti politici dei cittadini non li eroga o li ritira la magistratura, sono affare del popolo. No, proprio non vedo un uomo disperato, vedo il solito Berlusconi che ha davanti a sé nuove difficoltà, ma che può rovesciarle come un guanto e riprendere a correre perfino restandosene per otto mesi a casa sua. Chi pensa che Berlusconi smetterebbe di essere Berlusconi senza il suo seggio senatoriale, espropriatogli da una sentenza ingiusta? Nessuno. Figuriamoci lui.

giovedì 15 agosto 2013

Berlusconi: penultimo atto


Penso che Berlusconi non debba  prendersela più di tanto per la recente sentenza della cassazione. Una magistratura che lo condanna  a quattro anni  per l’evasione di sette milioni di Euro, mentre condanna De Benedetti  ad un’ammenda per l’evasione di 225 milioni di Euro, non è una vera magistratura  e quindi essere condannati da essa   è un titolo d’onore, non certo una colpa di cui vergognarsi.
Detto questo, aggiungo che  non ho la pretesa  di suggerire alcunché in una situazione difficile e complessa, quale  quella che il cavaliere si è trovato  a dover subire sulla sua pelle, ma ho trovato comunque sconcertanti  i suoi ultimi comportamenti. Forse è stato mal consigliato, ma ritengo più probabile l’ipotesi che i suoi nemici e avversari abbiano finalmente raggiunto l’obiettivo di delegittimarlo, ancor prima di farlo fuori. Una cosa è certa: quel suo continuo pietire salvacondotti o soluzioni speciali lo fanno apparire ridicolo e patetico. Al punto in cui si è arrivati, penso che  sarebbe più dignitoso per lui :
1-togliere l’appoggio al governo;
2-far dimettere tutti parlamentari del PDL;
3-andare diritto in carcere, rifiutando ogni soluzione alternativa;
4-pubblicizzare al massimo l’arresto, dandosi in pasto ai media di tutto il mondo (non gli mancano i mezzi per questo);
5-affrontare le inevitabili elezioni anticipate, nelle quali sarebbero gli Italiani a decidere il suo futuro, non il partito dei giudici.
Ma il Cav  è ancora capace di fare qualcosa? O la persecuzione ventennale gli ha tolto la capacità di ragionare? Lo vedo balbettante, incerto, confuso, mentre in una situazione eccezionale  dovrebbe prendere una decisione clamorosa e capace di capovolgere il corso degli eventi. Ma si può sperare ancora qualcosa dal Berlusconi degli ultimi tempi?