Dal 2007 a oggi duecento miliardi sottratti alla cura degli argini dei fiumi e alle opere di prevenzione.
Correva l'anno 2000,
precisamente era il 18 ottobre, quando apparve sul Giornale l'intervista che mi
aveva fatto Giancarlo Perna.
L'apprezzato
giornalista era venuto a trovarmi nel mio studio all'università (allora a Roma)
come fossi una specie di matto, visto che in una serie di articoli denunciavo
la frode ambientalista che era allora nel suo pieno vigore. Ma - disse Perna -
possibile che di tutte le paturnie dei Verdi, di Wwf e di Legambiente, dalle
lotte a elettrosmog, nucleare, ogm, polveri sottili, riscaldamento globale,
alle promozioni dell'agricoltura biologica, dell'energia eolica e dei pannelli
fotovoltaici, non gliene va bene una, professore? Ci sarà pure una qualche
emergenza ambientale. Sì, risposi, il dissesto idrogeologico. Naturalmente non
v'era - né v'è ragione - perché io fossi ascoltato o preso in qualche
considerazione. E infatti così fu.
In questi 13 anni,
sono stati ascoltati i geologi che per pochi tozzi di pane si sono venduti. I
prodi professori al governo hanno dato la patacca di ministro ai
Pecoraro-Scani, i Realacci sono diventati onorevoli, e gli attivisti venditori
di fuffa ambientalista sono fermati solo in Russia. La merce che tutti costoro
ci hanno venduto è stata questa: quando il clima fa i propri capricci
rammentate che la colpa è vostra, e dovete rimediare installando pale eoliche e
pannelli fotovoltaici. E pazienza se è roba che andrebbe venduta in
gioielleria, ma è il prezzo che dovete pagare se volete combattere i cambiamenti
climatici. Vi sembra che sto esagerando? No. Sulla Gazzetta di Modena (gruppo
Espresso- Repubblica) di ieri 20 novembre leggo questo titolo: «Aiutare il
clima non è solo un'utopia, è davvero facile». Come? Installando pannelli
solari, veniamo informati. Che è poi quel che stiamo facendo dal 2007, cioè
dalla prima finanziaria di Prodi che, ministro Pecoraro-Scanio, predispose le
cose affinché ci indebitassimo per 200 miliardi solo sul fotovoltaico. La
motivazione? Combattere i cambiamenti climatici.
Duecento miliardi che,
sottratti alla cura degli argini dei fiumi, alla costruzione di appropriate
casse d'espansione, e a tutto quanto suggerirebbe il buon senso in ordine alla
protezione dei territori ove viviamo dalla forza di eventi naturali che la
storia registra dai tempi più immemorabili, non hanno potuto risparmiare, alla
Sardegna oggi, a Brescia ieri, a Genova l'altro ieri, a Sarno ancora prima, il
disastro. O almeno mitigarlo. Questi falsi profeti ci hanno ripetuto per
vent'anni che per proteggere la nostra casa in montagna dal peso della neve non
bisogna costruire tetti spioventi ma bisogna spendere le nostre non infinite
risorse per non far nevicare. Quando smetteremo di ascoltarli? Quando li
isoleremo? E, soprattutto, quando rendiamo fuori-legge i pannelli fotovoltaici
e le pale eoliche?
FRANCO BATTAGLIA
FRANCO BATTAGLIA
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