martedì 24 dicembre 2013

Homo technologicus


Sempre più spesso, anche  per fare il pieno di carburante, è  necessario venire a contatto con marchingegni elettronici. Alle pompe di benzina sono quasi scomparsi gli addetti e, specie il sabato e la domenica, se non te la cavi con tastiere e pulsanti, corri il rischio di restare a secco.
Personalmente me la cavo abbastanza bene, ma preferisco le stazioni di servizio che già conosco, perché le situazioni nuove mi provocano sempre un po’ di ansia al primo approccio.
Una volta (era domenica) mi sono avvicinato ad una pompa, ho infilato i soldi nella cassa, poi ho aperto il tappo del serbatoio, ho estratto la pompa e solo allora mi sono accorto che  l’auto era troppo lontana. Ho rimesso il tappo, ho avvicinato l’auto, ho riestratto la pompa, ma a quel punto un bigliettino fuoriuscito silenziosamente da una feritoia mi avvisava che il mio tempo era scaduto. Seppi allora per la prima volta che l’intera operazione doveva essere ultimata categoricamente entro cinque minuti. Lo stesso bigliettino mi avvisava che potevo recuperare i 40 euro versati, presentandomi l’indomani al gestore della stazione. Nulla da eccepire, a parte il fatto che mi trovavo a 200 km da casa e che per recuperare quei soldi dovetti aspettare un successivo viaggio da quelle parti dopo un paio di mesi.
Talvolta le stazioni di servizio hanno pochissime o una sola  pompa  selfservice ed in questo caso è necessario o preferibile ritrovarsi da soli, perché solo così hai tutto il tempo necessario per “studiare” bene la situazione ed evitare di commettere errori. Ma quasi sempre, non appena ti appresti a predisporre il necessario per il rifornimento, arriva una nuova auto e ti si accoda. Devi sbrigarti. Ti metti ad osservare con la coda dell’occhio il nuovo arrivato e ne spii le mosse. C’è l’impaziente, che scende dall’auto, ti si accosta e con la sua sola presenza sembra quasi invitarti a fare presto. Inutile dire che in situazioni del genere è ancora più facile sbagliare, impappinarsi, premere un tasto al posto di un altro, magari afferrare la pompa del diesel al posto di quella con la verde, o viceversa, con il rischio di compiere operazioni irreparabili, infine recuperare un attimo prima del disastro  e ovviamente perdere ancora più tempo.
            Ma non è da trascurare la presenza della persona tranquilla. Tu ti stai preparando e ti si accosta una nuova auto. L’autista spegne il motore e si mette ad aspettare che  ti sbrighi, in una condizione di tutta tranquillità. Tu lo guardi e lui magari ti sorride, ma con quel sorriso sembra che voglia dirti: “Guarda, io sono qui in attesa, non ti sto dando fretta, ma, se ti dai una mossa, ti sono grato”. Anche in questo caso gli errori sono frequenti ed una qualche perdita di tempo è inevitabile.
Una volta, mi trovavo dalle parti di Milano, mi accorsi che la spia del carburante incominciava a segnare rosso. Dovevo assolutamente fare rifornimento e mi fermai ad una stazione di servizio deserta che mi sembrò ideale per fare il tutto con la necessaria calma. Avevo appena aperto il tappo del carburante, quando mi si accodò un’auto. Notai che aveva quasi la mia stessa targa, a parte la lettera finale. L’autista scese dall’auto e incominciò a sgranchirsi le gambe a qualche metro di  distanza da me, mentre all’interno dell’auto una nidiata di bambini vociava rumorosamente.  Con calma presi cinquanta Euro e li infilai nell’apposita feritoia, ma l’aggeggio me li ritornò indietro. Capovolsi  la banconota e la reinfilai, ma ancora una volta l’aggeggio me la restituì. Quel signore sembrava seguire le mie manovre con apparente noncuranza. Io intanto, già un po’ innervosito, avevo infilato la banconota per la terza volta e per la terza volta l’aggeggio me l’aveva restituita.
Mi venne il sospetto che la banconota potesse essere falsa e allora ne presi un’altra e la infilai, ma ancora una volta l’aggeggio si rifiutò di accettarla, mentre io, sempre più nervoso, incominciavo a “dare i numeri”. Ero sull’orlo di una crisi di nervi, quando mi sentii toccare ad una spalla. “Permette che faccia io?”, mi chiese il signore dell’auto in attesa. Poi prese la banconota, la guardò di profilo, la infilò nella feritoia e l’aggeggio, con armoniosa dolcezza, la accettò e diede l’avviso di “rifornimento in attesa”. Quasi incredulo, feci il pieno di carburante e come un automa alla fine andai a ringraziare il signore sconosciuto. “Lei è di Crotone, vero?”, mi disse, “se non ci aiutiamo tra compatrioti all’estero…Ha visto la mia targa?  E’ quasi uguale alla sua. Anche io sono di Crotone”. “All’esterooo...?!, balbettai, santa solidarietà dei Calabresi!…Grazie…grazie di tutto…Ciao”. Mi infilai nell’auto e feci un ultimo cenno di saluto al mio Angelo salvatore.

martedì 17 dicembre 2013

L'immane fatica dello scrivere

A Napoli, come è risaputo, ci si industria in vari modi per sbarcare il lunario. Una volta ci si dava da fare soprattutto con le sigarette, oggi vanno forte altre attività più o meno illegali, ma c’è anche chi “intraprende” attività nobili o almeno di un certo livello. E’ il caso della signora Filomena Giannatiempo, che qualche anno fa decise di fondare una casa editrice, specializzata nella stampa di   libri  del genere patetico-sentimentale o comunque strappalacrime.
L’amica  Cecilia Romani mi ha inviato un’edizione del libro Cuore, di cui si pubblica la prefazione redatta dalla stessa Filomena Giannatiempo. E’ tutta da leggere questa prefazione, ed anche da apprezzare e da gustare, parola per parola, pezzo per pezzo, come un cibo delicato o una bevanda sopraffina. Buona lettura!
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mercoledì 11 dicembre 2013

In materia di immigrati


Fino a qualche tempo fa i parcheggiatori abusivi extracomunitari si vedevano soltanto in alcuni spiazzi vuoti e non regolamentati. Da un po’ di tempo il loro numero è cresciuto a dismisura e si può dire che ormai essi hanno letteralmente invaso Crotone. Si muovono a frotte come le cavallette e già alle sette del mattino si piazzano ai loro  “posti di lavoro”. Mi è capitato l’altro giorno di posteggiare l’auto nei pressi dell’ospedale alle 6.30 del mattino, per prenotare in tempo una radiografia, ed avevo avuto l’impressione che non ce ne fossero ancora in giro. Senonché, appena messo piede a terra, da dietro un cespuglio mi è arrivata una voce: “Buon giorno, capo!( una variante è: “Buon giorno, cugì’!). Ho capito subito che quello era giorno di straordinari. C’è da dire che in genere  le richieste sono discrete e rivolte in modo dimesso, anche se negli ultimi tempi si nota a volte un atteggiamento vagamente sfrontato. Ma non è questo il punto.
Ogni tanto mi soffermo ad osservare, quando ho qualche minuto da perdere, il comportamento degli automobilisti crotonesi alle prese con questi parcheggiatori. Pagano quasi tutti, soprattutto le donne ed i possessori di auto nuove o di lusso. Se li interpelli, ti rispondono che si tratta di poche monete date per pura e semplice generosità. Ovviamente non è vero, perché la generosità, anche quella più grande, non può essere messa a prova quaranta volte al giorno e chi dona in simili casi non è disposto ad ammettere , forse neanche con se stesso, che la molla inconscia che lo spinge a pagare è semplicemente la paura di trovare qualche danneggiamento alla sua auto.
In piazza Umberto I, dove ogni tanto posteggio a  pagamento per motivi di lavoro, ho chiesto a due  attentissimi e sospettosissimi “volontari del traffico” se per caso tra i loro compiti, oltre a quello di sanzionare comodamente  e facilmente il mancato pagamento della sosta, ci fosse anche quello di tenere a bada i parcheggiatori abusivi, ai quali molti pagano un secondo permesso di sosta. Mi hanno risposto candidamente che tra i loro compiti questo non era compreso. Una domanda simile, rivolta ad alcuni agenti della polizia municipale, indaffarati a scattare foto ad auto in divieto a poca distanza da un gruppetto di parcheggiatori, non ha avuto miglior fortuna ed ha ricevuto come unica risposta uno sguardo di degnazione da parte dei sunnominati, i quali mi hanno squadrato con l’atteggiamento tipico di chi si chiede: “Ma questo c’è, o ci fa?”
L’altro giorno, per la prima volta, ho visto tre parcheggiatori abusivi extracomunitari  in viale Gramsci, una volta indenne. Mi sono avvicinato con curiosità, anche per motivi personali, perché io abito in viale Gramsci: occupavano gli spazi vuoti man mano che si liberavano, con il dorso delle mani davano indicazioni alle auto che sopravvenivano, controllavano le fasi del posteggio, ricevevano la mancia  ed infine da un blocchetto staccavano un tagliando, che essi stessi provvedevano ad infilare sotto il tergicristalli. Quando si dice “l’organizzazione”! E dire che la soluzione dei problemi del continente africano era a portata di mano e nessuno finora ci aveva pensato!
“Basta poco, che ce vo’?”, diceva un tizio. L’importante è non scoraggiarsi. Da un po’ di tempo, quando rientro a casa, mi aspetto di trovare un baldo giovanotto africano che,  roteando e mulinando le mani, mi indichi la direzione del portone del palazzo. Magari un altro lo troverò davanti all’ascensore e un altro ancora davanti all’uscio di casa. A quel punto potremo legittimamente sostenere che noi Italiani siamo sulla buona strada per risolvere i problemi, non del solo continente africano, ma dell’umanità intera.