sabato 29 aprile 2017

La Guerra del Peloponneso di Tucidide

Quando, nei miei anni di Liceo, lessi per la prima volta La guerra del Peloponneso di Tucidide, rimasi fortemente colpito. Posso dire che Tucidide ebbe su di me un’influenza non minore di quella che contemporaneamente esercitavano autori come Tacito, Machiavelli, Guicciardini, Pareto. Ho dimenticato molto di quel che ho letto allora, ma c’è un episodio narrato da Tucidide che ancora oggi, a distanza di tanti anni, è stabilmente fisso nella mia mente ed è da me considerato uno dei testi che maggiormente hanno influito sulla mia capacità di capire lo svolgimento della Storia e, più in generale, della vita degli uomini. E l’episodio è quello relativo all’occupazione da parte di Atene della piccola isola di Melo.
Siamo durante la Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), che vede le due potenze Atene e Sparta impegnate in una lotta mortale. Nel 421 è stata stabilita una tregua, ma le due città ne approfittano per cercare di consolidare le proprie posizioni. In particolare Atene non sopporta l’atteggiamento della piccola isola di Melo, che, pur alleata di Sparta per una comune origine etnica, decide di non intervenire nel conflitto e mantiene una posizione di stretta ed assoluta neutralità. Questa neutralità non sta bene ad Atene, la quale teme che l’esempio di Melo possa estendersi ad altre isole dell’Egeo, con il rischio che la sua superiorità navale possa rimanerne frustrata e che Sparta possa trarne indiretti vantaggi. Nel 416 gli Ateniesi mandano pertanto un’ambasceria a Melo: gli abitanti dell’isola sono invitati ad accettare la protezione della superpotenza ateniese, diventando alleati e tributari; possono anche rifiutarla, ma in tal caso avranno la guerra totale e saranno sterminati. Così Tucidide racconta l’episodio.
Poi gli Ateniesi mossero anche contro l'isola di Melo. I Meli, che sono coloni spartani, non volevano assoggettarsi al predominio di Atene e se ne stavano tranquilli, senza schierarsi né con gli uni né con gli altri.  I generali ateniesi, prima di mettere a ferro e a fuoco il paese, mandarono un'ambasceria per intavolare trattative. 
Ateniesi:-Vi proponiamo di diventare nostri alleati e tributari, ma non pretendiamo che voi diate una risposta immediata.
Meli:-Questo colloquio porterà a noi la guerra se, forti del nostro diritto, non cederemo; se invece accetteremo, avremo la schiavitù.
Ateniesi:-Da parte nostra, non faremo ricorso a frasi sonanti. Non diremo fino alla noia che è giusta la nostra posizione di predominio perché abbiamo debellato i Persiani e che ora marciamo contro di voi per rintuzzare offese ricevute: discorsi lunghi e che suscitano solo diffidenze. Però nemmeno voi ci potete convincere col dire che non vi siete schierati al nostro fianco perché eravate coloni di Sparta e che, infine, non ci avete fatto torto alcuno. Poiché voi sapete bene che, nei ragionamenti umani, si tiene conto della giustizia solo quando la necessità incombe con pari forze su ambo le parti. In caso diverso, i più forti esercitano il loro potere e i più deboli sono costretti ad adattarsi.
Meli:-Orbene, a nostro giudizio almeno, la convenienza stessa richiede che non distruggiate quello che è un bene di cui tutti possono godere. Ma, quando qualcuno si trova nel pericolo, non gli sia negato ciò che gli spetta ed è giusto. 
Ateniesi:-Siamo ora qui per consolidare il nostro impero e avanzeremo proposte atte a salvare la vostra città, poiché noi vogliamo estendere il nostro dominio su di voi e nello stesso tempo salvarvi dalla rovina, per l'interesse di entrambe le parti.
Meli:-E come potremmo avere lo stesso interesse, noi a divenire schiavi e voi ad essere padroni?.
Ateniesi:-Poiché voi avrete interesse a fare atto di sottomissione prima di subire  più gravi danni e noi avremo la nostra convenienza a non distruggervi completamente.
Meli:-Sicché non accettereste che noi fossimo in buona pace, amici anziché nemici, conservando intatta la nostra neutralità?.
Ateniesi:-No, perché ci danneggia di più la vostra amicizia, che non l'ostilità aperta. Quella, infatti, agli occhi dei nostri sudditi sarebbe prova manifesta di debolezza, mentre il vostro odio sarebbe testimonianza della nostra potenza.
Meli:-E i vostri sudditi sono così ciechi da porre sullo stesso piano le città che non hanno con voi alcun legame e quelle che, per lo più vostre colonie, e alcune addirittura ribelli, sono state sottomesse?.
Ateniesi:-Essi pensano che agli uni e agli altri non mancano motivi plausibili per difendere la loro causa, ma ritengono che alcuni siano liberi perché sono forti e noi non li attacchiamo perché abbiamo paura. Sicché, senza trascurare che il nostro dominio ne risulterà più vasto, la vostra sottomissione ci procurerà maggior sicurezza; tanto più se non si potrà dire che voi, isolani e meno potenti di altri, avete resistito vittoriosamente ai padroni del mare.
Meli:-E con una politica diversa non pensate di provvedere ugualmente alla vostra sicurezza? Poiché voi, distogliendoci dal fare appello alla giustizia, ci volete indurre a servire alla vostra convenienza, bisogna pure che noi a nostra volta cerchiamo di persuadervi, dimostrando qual è il nostro interesse e se per caso non venga esso a coincidere anche con il vostro. Or dunque, così facendo, tutti quelli che ora sono neutrali ve li renderete nemici, perché, osservando questo vostro modo di agire, si convinceranno che un giorno voi andrete anche contro di loro. E in questo modo, che altro farete voi se non accrescere i nemici che già avete e trascinare al loro fianco, pur contro voglia, coloro che fino ad ora non ne avevano avuto nemmeno l'intenzione?.
Ateniesi:-No, perché non riteniamo pericolosi quei popoli che abitano sul continente e che, per la libertà che godono, esiteranno a mettersi contro di noi. Sono piuttosto gli abitanti delle isole che ci fanno paura, quelli che, come voi, non sono sottomessi ad alcuno e quelli che mal si rassegnano ormai ad una dominazione imposta dalla necessità. Costoro, infatti, molto spesso affidandosi ad inconsulte speranze, possono trascinare se stessi in manifesti pericoli e noi con loro.
Meli:-Ordunque, se voi affrontate cosi gravi rischi per non perdere il vostro predominio e quelli che ormai sono vostri schiavi tanti ne affrontano per liberarsi di voi, non sarebbe una grande viltà e vergogna per noi, che siamo ancora liberi, se non tentassimo ogni via per evitare la schiavitù?. Ma noi sappiamo pure che le vicende della guerra prendono talvolta degli sviluppi imprevisti. Ad ogni modo, per noi cedere subito significa dire addio a ogni speranza; se invece ci difendiamo, possiamo ancora sperare che la nostra resistenza abbia successo.
Ateniesi:- Quelli, che alla speranza affidano tutto ciò che hanno, ne riconoscono la vanità solo quando il disastro è avvenuto; e, scoperto che sia il suo gioco, non resta più alcun mezzo per potersene guardare in futuro. Perciò voi, che non siete forti e avete una sola carta da giocare, non vogliate cadere in questo errore. Non fate anche voi come i più che, mentre potrebbero ancora salvarsi con mezzi umani, abbandonati sotto il peso del male i motivi naturali e concreti di sperare, fondano la loro fiducia su ragioni oscure: predizioni, vaticini e altre cose del genere, che incoraggiano a sperare, ma poi traggono alla rovina.
Meli:-Anche noi consideriamo molto difficile cimentarci con la potenza vostra e contro la sorte, se non sarà ad entrambi ugualmente amica. Tuttavia abbiamo ferma fiducia che, per quanto riguarda la fortuna che procede dagli dei, non dovremmo avere la peggio, perché, fedeli alla legge divina, insorgiamo in armi contro un ingiusto sopruso. Quanto all'inferiorità delle nostre forze, ci assisterà l'alleanza di Sparta, che sarà indotta a portarci aiuto, se non altro per il vincolo dell'origine comune e per il sentimento d'onore. Non è, dunque, al tutto priva di ragione la nostra audacia.
Ateniesi:-Se è per la benevolenza degli dei, neppure noi abbiamo paura di essere da essi trascurati, poiché nulla noi pretendiamo, nulla facciamo che non s'accordi con quello che degli dei pensano gli uomini e che gli uomini stessi pretendono per sé. Gli dei, infatti, secondo il concetto che ne abbiamo, e gli uomini, come chiaramente si vede, tendono sempre, per necessità di natura, a dominare ovunque prevalgano per forze. Questa legge non l'abbiamo inventata noi, non siamo nemmeno stati i primi ad applicarla. Così come l'abbiamo ricevuta e la lasceremo ai tempi futuri, ce ne serviamo, convinti che anche voi, come gli altri, se aveste la nostra potenza, fareste altrettanto. Da parte degli dei, dunque, com'è naturale, non temiamo di essere in posizione di inferiorità rispetto a voi. Per quel che riguarda poi l'opinione che avete degli Spartani e sulla quale basate la vostra fiducia che essi accorreranno in vostro aiuto per non tradire l'onore, noi vi apprezziamo per il vostro senso di lealtà, ma non possiamo invidiare la vostra stoltezza. Gli Spartani, infatti, quando si tratta dei propri interessi e delle patrie istituzioni, sono più che mai seguaci della virtù, ma sui loro rapporti con gli altri popoli, molto ci sarebbe da dire.
Meli:-Anzi, è proprio questa la ragione che ci infonde la massima fiducia in quello che è un effettivo interesse loro: non vorranno essi, tradendo i Meli che sono loro coloni, suscitare il sospetto fra i Greci amici e favorire in tal modo i loro nemici. Inoltre noi siamo sicuri che, per la causa nostra, essi affronteranno più volentieri anche i pericoli e meno gravi li giudicheranno in confronto agli altri, perché, come campo di azione, siamo vicini al Peloponneso e, per disposizione d'animo, data la comune origine, diamo una garanzia di fedeltà maggiore degli altri.
Ateniesi:-Non è tanto la simpatia di coloro che invocano aiuto che garantisce la sicurezza di chi si accinge a portarlo, quanto, piuttosto, la superiorità effettiva delle loro forze. A questo gli Spartani badano anche più degli altri (non si fidano, infatti, della propria potenza e, per marciare contro i vicini, hanno bisogno dell'appoggio di molti alleati); sicché non c’è da pensare che essi facciano uno sbarco in un'isola, quando siamo noi i padroni del mare.
Meli:-Potrebbero, però, incaricare altri dell'impresa: è vasto il mare di Creta e sarà meno facile ai padroni del mare intercettare i convogli nemici, che a questi mettersi in salvo se vogliono non farsi scorgere. E se anche in questo dovessero fallire, potrebbero volgersi contro il vostro paese e contro quelli dei vostri alleati che non sono stati attaccati. Così voi sareste costretti a combattere non tanto per un paese estraneo, quanto per difendere i vostri alleati e il vostro stesso paese.
Ateniesi:-Voi sapete bene che gli Ateniesi non si sono mai ritirati da alcun assedio per paura d'altri e converrete che non ha nulla di infamante il riconoscere la superiorità della città più potente di Grecia, che ha propositi di moderazione, e diventarne alleati e tributari, conservando la sovranità nel vostro paese. Dato che vi si offre la scelta tra la guerra e la vostra sicurezza, non ostinatevi nel partito peggiore: il massimo successo arriderà sempre a quelli che si impongono a chi ha forze uguali e quelli più deboli trattano con moderazione e giustizia. Riflettete, dunque, anche quando noi ci ritireremo; ripetetevi spesso che è per la patria vostra che deliberate; che la patria è una sola e la sua sorte da una sola deliberazione sarà decisa, di salvezza o di rovina.
Meli:-Noi, o Ateniesi, mai ci indurremo a privare della sua libertà, in pochi momenti, una città che ha già 700 anni di vita, e, fidando nella buona sorte che fino ad oggi, con l'aiuto degli dei, l'ha salvata e nell'appoggio degli uomini, specie di Sparta, faremo di tutto per conservarla. Vi proponiamo la nostra amicizia e neutralità, a patto che vi ritiriate dal nostro paese, dopo aver concluso degli accordi che diano garanzia di tutelare gli interessi di entrambe le parti.
Ateniesi:-A quanto pare, dunque, voi siete i soli a considerare i beni futuri come più evidenti di quelli che avete davanti agli occhi, mentre con il desiderio voi vedete già tradotto in realtà ciò che ancora è incerto e oscuro. Orbene, poiché vi siete affidati agli Spartani, alla fortuna e alla speranza e in essi avete riposto la fiducia più completa, altrettanto completa sarà pure la vostra rovina.
Gli inviati di Atene se ne tornarono, quindi, all'accampamento e i generali allora, vedendo che i Meli non volevano sentir ragione, subito si accinsero ad atti di guerra e, ripartitisi i vari settori, costruirono un muro tutto intorno ai nemici. Poi gli Ateniesi lasciarono in terra e sul mare un presidio formato di soldati loro e alleati. Quindi con la maggior parte delle truppe si ritirarono. La guarnigione rimasta sul posto continuò l'assedio.
Nell'inverno seguente venne da Atene una seconda spedizione, sicché, stretti ormai da un assedio molto rigoroso ed essendosi anche verificato nell’isola qualche caso di tradimento, i Meli si arresero senza condizioni agli Ateniesi. Questi passarono per le armi tutti gli adulti caduti nelle loro mani e resero schiavi i fanciulli e le donne. Più tardi vi mandarono 500 coloni.
Ora, fatte le debite proporzioni, mettete gli Americani al posto degli Ateniesi, i Russi al posto degli Spartani e i Siriani al posto dei Meli. Cambia qualcosa?
Ezio Scaramuzzino


1 commento:

  1. Purtroppo questi sono gli uomini, così si sono comportati da sempre e così continueranno, ci sarà sempre il popolo forte e il popolo diventato incapace di combattere: attualmente proprio i popoli, il greco e il romano, che portarono la civiltà a tutti gli altri nei tempi attuali hanno perso tutto, anche la dignità!

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