giovedì 2 agosto 2018

Un giorno di ordinaria follia



File all'Ufficio Anagrafe di Crotone per il rilascio della nuova Carta d'Identità Elettronica.









Sono andato all’Ufficio Anagrafe del Comune di Crotone per il rinnovo della Carta d’identità. Capita ovviamente. Una volta ti scade la Patente, una volta il Tesserino fiscale, poi è il turno della Carta d’identità. Mi piace razionalizzare i tempi e quindi, prima di recarmi in ufficio, ho provveduto diligentemente a documentarmi. Ho appreso così che il Comune di Crotone, tra i primi in Italia, rilascia solo la CIE, la Carta di Identità Elettronica per chi ancora non avesse familiarizzato con l’acronimo, allo scopo di adeguarsi ai tempi e soprattutto allo scopo di rendere più semplice la vita dei cittadini.
Il sito internet del Comune ci tiene a far sapere che “Per l'emissione della nuova CIE occorrono circa 20 minuti (salvo problemi tecnici)”. Ho fatto quindi i miei bravi calcoli sul tempo da ripartire tra i vari impegni della giornata e, dopo aver preparato i pochi documenti da esibire, baldanzoso e fiducioso mi sono presentato. Appena varcata la soglia, sulle prime ho temuto di avere sbagliato indirizzo o orario: una ventina di persone, tra le quali molti extracomunitari, stava in fila dietro una porta chiusa in atteggiamento tra il rassegnato e/o il disperato.
Mi ci è voluto un po’ di tempo e qualche domanda ai presenti per capire che quello era proprio l’ufficio che cercavo. C’era poco da fare: bisognava soltanto rassegnarsi e mi sono messo diligentemente in coda. Bastava solo considerare in aggiunta che i circa 20 minuti di media, di cui si parlava nel sito del Comune, andavano ovviamente moltiplicati per il numero delle persone.
Nelle code, come nelle sale d’attesa, in genere le persone sono un po’ più disponibili, quindi il mio vicino di fila ha subito provveduto ad aggiornarmi. Ho così potuto sapere che la porta, in quel momento chiusa, si apriva solo all’espletamento della pratica precedente, in media ogni mezz’ora, e che bisognava sperare di rientrare nel numero dei fortunati, perché  all’ora di chiusura la porta non veniva più riaperta. Mi ha fatto sapere infine che era lì in coda per la terza volta, perché la prima volta era stato escluso dall’orario di chiusura  e la seconda volta perché la foto non andava bene.
Non nascondo che ad un certo punto, un po’ per il caldo eccessivo, un po’ per le notizie fornitemi, ho avuto una sorta di mancamento che deve  avermi fatto barcollare, perché il mio interlocutore mi ha chiesto con insistenza se mi sentivo bene. L’ho rassicurato e mi sono fatto forza. Poi ho chiuso gli occhi.
Mi sono rivisto in un famoso film del 1993, Un giorno di ordinaria follia, con Michael Douglas. Nel film un ex marine rimane bloccato in un ingorgo stradale mentre sta entrando a Los Angeles. Esasperato, impazzisce, prende un mitra e scorrazza per la città compiendo una strage di persone inermi e innocenti. Beh, a quel punto anche io sono uscito dall’Ufficio Anagrafe, sono corso in macchina, ho preso una pistola gelosamente custodita, la mia Beretta 7,65 e mi sono diretto verso il Municipio. Ho scansato con uno strattone un agente di guardia sul portone, ho preso le scale e mi sono diretto verso l’Ufficio del Sindaco al primo piano. Ho dato una spallata alla porta, sono entrato, l’ho visto, ho sparato.
Mi sono sentito toccare. Era il mio vicino di fila che ritornava a chiedermi se mi sentivo bene, perché mi aveva sentito ripetere con un filo di voce “Pum, pum!”.
Ho riaperto gli occhi. Contemporaneamente  una gentile donzella usciva per avvisare che, a causa di una interruzione della connessione internet, tutto era rinviato al giorno successivo. Me ne sono andato anche io, come tutti, con qualche mugugno.
Qualcuno vorrà sapere come è andata a finire. Beh, qualche giorno dopo, al secondo tentativo, di pomeriggio, mi è andata bene: sono stato l’ultimo prima della chiusura. Ma avevo già deciso che, in caso di fallimento, avrei rinunciato per il futuro e sarei entrato nella categoria dei clandestini. Con le centinaia di migliaia che ne circolano liberamente nel nostro Paese, uno in più o in meno avrebbe cambiato poco.
Ezio Scaramuzzino