martedì 15 dicembre 2020

I costi della pandemia di Max Del Papa

 


Non so se conoscete Max Del Papa. Se non lo conoscete, o se non avete mai letto un suo articolo, vi siete perso qualcuno o qualcosa nella vita. Ma si può sempre iniziare a conoscerlo. Riporto il suo ultimo articolo. Questa volta il suo atteggiamento non è indignato, come spesso gli capita, bensì dolente e quasi commosso, come di chi osserva da una specola lontana il formicolio disperato degli umani su questa terra e sa che quel formicolio è inutile e che presto nessuno resterà immune.

File chilometriche per la minestra dei poveri, lungotevere ridotto una baraccopoli, portici invasi da coperte. Questi costi sono umani, ma non c’è umanità per loro. Vuoti a perdere, costi non rimborsati, è andata così, sotto a chi tocca… Una epidemia mal curata, politicamente, socialmente, e si muore ogni giorno un po’. Gli strombazzati piani di Conte sono fuffa cotta e mangiata. Il potere è così: cava le sue di castagne, sul fuoco ci lascia i cittadini. E insistono, richiudono tutto, non sentono ragioni, non si preoccupano di niente. Questi sono i costi che sfuggono, non controllabili, non calcolabili

Quali sono i costi non controllabili di una pandemia? Sono quelli che sfuggono, che nessuno si prende la briga di calcolare: considerati inevitabili e lasciati là, alla mercé del fato. Questi costi sono umani, ma non c’è umanità per loro. Vuoti a perdere, costi non rimborsati, è andata così, sotto a chi tocca. Poi succede che un telegiornale, per una volta, si sofferma a raccontare la vita di quelli che prima del Covid bene o male tiravano avanti e poi le ultime funi si sono spezzate e si sono ritrovati sotto i ponti del Tevere, chiusi in una tenda, a sperare l’impossibile. Una e una sola volta: si spara il servizio patetico di quello salvato dagli amici, dalle raccolte su Facebook, che ha ritrovato un futuro, e finisce lì. Come se gli altri invece non restassero alla mercé del nulla. Non se ne parla più, l’informazione ha fatto il suo dovere, “voltiamo decisamente pagina”, come dice la speaker.

Ma se volti pagina, ne trovi una uguale: file chilometriche per la minestra dei poveri, lungotevere ridotto una baraccopoli, portici invasi da coperte con dentro esseri umani. Che uno non ci crede, uno pensa: ma non è possibile. E non vuole saperlo, perché quei “barboni” sono troppo vicini, sono a un passo dal destino: perché è toccato a loro e non a te? Perché non avevano una rete familiare come la tua, in grado di sopperire alla scomparsa del futuro? Ma ci sono di continuo “costi” che perdono la bussola, che non hanno più lavorato, hanno tenuto duro fino a che gli espedienti non sono bastati più. Poi, lasciarsi morire giorno dopo giorno o farla finita in un attimo, il solito biglietto di scuse per una colpa mai commessa, non fa tutta questa differenza.

Molti, non tutti, stanno nel commercio spicciolo, nella ristorazione, nelle opere di fatica, o nello spettacolo: musici, istrioni, attori un tempo di successo, una, che non vogliamo nominare per rispetto, si è appena umiliata alla sua età: quarant’anni fa era sulla bocca di tutti, straziante attrice comica, adesso è volata via da Roma, tornata a casa di sua madre e “mando provini, mi dicono le faremo sapere, ma nessuno mi fa sapere. E non so che sarà di me”. “Se poi è così difficile morire”, cantava Lucio Battisti. No, non è difficile: basta un morbo inatteso, una epidemia mal curata, politicamente, socialmente, e si muore ogni giorno un po’, pur restando vivi.

Il Lungotevere come una baraccopoli? Possibile? Sì, possibile e verissimo. Roma come la Parigi di Simenon, nei cui romanzi, nei cui Maigret non c’è mai una indagine senza i clochard: non dettaglio, non sfondo, ma carne viva e consunta del racconto, non quinta ma centro, sbandate esistenze i cui odori, le cui ruggini dicono tutto della precarietà dell’uomo. A Simenon servono per illustrare una verità troppo ingrata: che un giorno prima anche quei “barboni” avevano case riscaldate, mestieri, futuri in saldo, e poi sono rotolati sotto i ponti della Senna, allo stesso modo in cui un assassino è un uomo “normale” fino a un attimo prima: dopo, non sarà mai più come gli altri.

L’abissale sincerità di Simenon è un insegnamento quasi evangelico: non disprezzare, non condannare, perché sei troppo fragile di fronte al mare della vita, ogni momento un’ondata può spazzarti via. E adesso Roma è un romanzo di Maigret. Vai per il Lungotevere e trovi questa allucinante trama di stracci, di tende rotte, di carabattole di chi ha finito i giorni. E si allungherà, perché lo sappiamo, perché la verità è che nessuno sa bene cosa fare – gli strombazzati “piani di resistenza e resilienza” di Conte sono la quintessenza della fuffa cotta e mangiata – e i soldi non ci sono. È difficile sfiorare un barbone. Uno teme sempre che la sua fine sia contagiosa quanto e più del Covid; ma si sta facendo inevitabile. E “barboni” sono in tanti: quello che ha perduto il lavoro, quello che sta seduto al tavolino della trattoria, unico cliente di se stesso, quello che guarda fuori dalla vetrina e vede solo fantasmi, quello che aspetta un provino, un colpo di telefono o semplicemente un colpo che se lo porti via. Magari il giorno di Natale, questo Natale che non ci sarà, perché qualcuno ha voluto così. Ma la solitudine, quando si sta al limite, è più letale del virus, è una sirena irresistibile. Neppure la sventura è democratica, si accanisce sempre sui deboli, quelli col destino a pieno carico che, se ci si posa sopra un corvo, tutto schianta.

Noi siamo un Paese di statalisti molto sedicenti liberali, pretendiamo sempre sia un potere istituzionale a cavarci le castagne dal fuoco. Ma il potere cava le sue di castagne, sul fuoco ci lascia i cittadini, percepiti come numeri. Roma, Milano, Como, Palermo come la Parigi di Simenon: ma insistono, richiudono tutto, non sentono ragioni, non si preoccupano di niente. Questi sono i costi che sfuggono, non controllabili, non calcolabili. Sono “loro”, e noi siamo a un passo da quelle tende.

Max Del Papa

venerdì 13 novembre 2020

Addio, Salvatore

 

Si sono svolti questa mattina, a Belvedere Spinello, in forma privata e secondo la nuova normativa, i funerali di mio fratello Salvatore. Ad esequie celebrate, ne comunico la scomparsa, avvenuta il giorno 11/11/2020, a tutti ed in particolare a coloro che l'hanno conosciuto e stimato. Di seguito il testo del mio breve intervento nel corso della cerimonia.

Caro fratello mio, caro Salvatore, sei il secondo della famiglia che ha deciso di lasciarci, dopo Nando, che ha voluto precedere tutti e ci ha lasciati solo qualche mese fa.

La tua dipartita, giunta alla fine di un doloroso calvario di malattie che ha rattristato gli ultimi tempi della tua vita, per quanto potesse apparire ineluttabile, ci ha lasciati, mi ha lasciato sgomento e straziato.

Tu non eri uno dei miei fratelli, non eri uno della famiglia nella quale sono nato, ho visto la luce ed ho vissuto i primi trenta anni della mia vita. Tu eri qualcosa in più per me. Tu eri il mio fratello più grande, per molti aspetti eri il mio fratello per eccellenza. A te mi sentivo più vicino, pur nel generale legame di sangue e di affetto che tutti ci ha legati in un rapporto  indissolubile e che ha fatto della nostra una famiglia meravigliosa, nella quale è stato bello vivere e scoprire giorno dopo giorno il fascino, il mistero ed il senso della vita.

Io non dimenticherò mai, caro fratello, i giorni e le ore trascorse insieme. Quando, sotto un albero, nella calura estiva, tu mi leggevi un libro, qualunque libro, ed eri felice di essere con me e di insegnarmi tante cose, mentre io pendevo dalle tue labbra ed ero felice di stare con te e di imparare da te il “mestiere di vivere”.

Quando ritornavi dopo un periodo di assenza con un piccolo regalo per me, quasi sempre un libro, di cui mi impadronivo con avidità voluttuosa, perché lo consideravo come il più bel regalo che ci si potesse aspettare.

    Quando ero ammalato, per un qualunque motivo, e tu mi stavi vicino e mi tranquillizzavi con le tue parole esperte, pacate ed affettuose.

Quando, già adulto, mi accorgevo di aver bisogno di qualche cosa e io mi rivolgevo a te, prima che agli altri.

    Ora io sono qui, caro Salvatore, insieme a tutti gli altri superstiti componenti della nostra famiglia, a rivolgerti queste ultime parole di commiato. Sono triste. Ma so che la mia tristezza non ha motivo di essere. Perché tu, oltre ad essere stato un fratello affettuoso e comprensivo, oltre ad avere avuto il dono della bontà, della gentilezza, della estrema disponibilità, hai avuto in dono qualcosa che supera ogni ricchezza terrena, ogni contingenza della nostra esistenza quotidiana. Tu hai avuto il dono della fede, di una fede limpida, sincera, cristallina, che ti ha consentito di vivere in serenità e con fiducia le gioie ed i dolori dell’esistenza. Tu hai creduto.

Non mi è difficile immaginare che la tua vita non si conclude qui e che tu sei tra i pascoli del cielo, con mamma, con papà, con Nando. Tu vivi una nuova vita, col sorriso sulle labbra, là dove  l’esistenza terrena e le nostre lacrime sono soltanto “silenzio e tenebre”.

Addio, addio, fratello mio.

Che la terra ti sia lieve.

mercoledì 4 novembre 2020

L'ammuina

 

L’ultimo DPCM di Conte per sconfiggere il Covid-19?

Per capirlo, mi viene in mente quello che avvenne a Napoli durante l’impresa dei Mille. I generali dell’esercito Borbonico si sentivano impotenti a fermare l’avanzata dei Garibaldini e si rivolsero, per consigli, a S.M. il Re Francesco II di Borbone, il mitico Franceschiello.

- Maestà, nun sapimmu cchiù cche fare.

-E vi l’agge a rìcere io? Facite ammuina, guagliu’.

- E che sarebbe, Maestà?

- A prossima vota che site n’fronte a Garibardi, chilli ca su a dritta se spostano a sinistra e chilli ca su a sinistra se spostano a dritta.

-E poi, Maestà?

-E poi chilli chi su arete se spostan’ innanz e chilli chi su innanz se spostan’arete. Inzomma muviteve, facite finta che state facendo quarcosa. E accussì Garibardi se piglia paura e se ne scappa.

Sappiamo come è andata a finire poi tra Garibaldi e Franceschiello.

Qualcosa di simile deve essere avvenuto nei giorni scorsi tra Conte e Mattarella.

Di fronte all’avanzata impetuosa del virus, pare che Conte sia andato da Mattarella per chiedere qualche consiglio sul da farsi sotto l’aspetto istituzionale e politico. Non dimentichiamo infatti che sotto l’aspetto medico-scientifico egli si avvale già dei consigli di un migliaio di esperti e di un  centinaio di comitati.

Secondo indiscrezioni provenienti da fonti del Quirinale, il dialogo tra i due Presidenti si sarebbe svolto all’incirca in questi termini.

Conte – Presidente, siamo in cattive acque. Il Covid sembra inarrestabile, nonostante i molti sforzi per fermarlo. Lei che ne pensa?

Mattarella – Caro avvocato, non so proprio che dirle. D’altra parte non si può stare fermi e bisogna pur fare qualcosa.

Conte – E lei quale consiglio darebbe?

Mattarella – In mancanza di meglio, l’importante è dare l’impressione che non siamo rassegnati e che comunque qualcosa si fa. Ad esempio si potrebbe fare un po’ di ammuina.

Conte – E cioè?

Mattarella – Solo per fare degli esempi. Per 15 giorni al mese si potrebbero chiudere i locali pubblici nelle regioni a Nord e tenerli aperti nelle regioni a Sud. Viceversa, nei secondi 15 giorni, si potrebbero tenerli aperti a Nord e chiusi a Sud.

Conte – E poi?

Mattarella – Avvocato, ho fatto solo un esempio. Ma è chiaro che la stessa cosa si può fare all’infinito, per scuole, uffici, ristoranti, palestre…

Conte – Grazie, Presidente, mi ha dato un’idea.

Conclusione: Rivolgiamo una preghiera all’Altissimo e speriamo soltanto che questa volta all’Italia capiti qualcosa di meglio rispetto a quanto capitò al Regno dei Borbone.

Per i più curiosi riporto quanto previsto  nel 1860 dal Regolamento generale della Real Marina Borbonica del Regno delle Due Sicilie.

Art.27

All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa

e chilli che stann' a poppa vann' a prora:

chilli che stann' a dritta vann' a sinistra

e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta:

tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa

e chilli che stanno ncoppa vann' bascio

passann' tutti p'o stesso pertuso:

chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a ‘cca e a ‘ll à".

N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno.

 

 


lunedì 2 novembre 2020

Zitti tutti !

 


Stiano zitti adesso. Tacciano quelli che fingono o addirittura ostentano costernazione ad ogni testa che rotola ma si avviluppano nelle formule più sconciamente conniventi, “sono solo fascioislamici”. Stiano zitti quelli che da vent’anni tacciano chiunque di fobico, di razzista se appena si dice spaventato, sconcertato.

Zitti quanti ci insegnavano che i terroristi non vengono con i barconi. Che le Ong sono la parte umana e pura del mondo infame. Che i porti debbono restare aperti, sempre più aperti. Che ogni controllo, verifica, censimento è già nazismo. E che se uno scanna una vecchia o un prete, è solo un malato di nostalgia, come dice la canzone. Al massimo un pazzo, un disadattato, una vittima della sporca società occidentale dell’egoismo e dell’individualismo.

Stiano zitti quelli che si muovono nella solita ambiguità, “ah, vedete, sono giovani di seconda, di terza generazione, sono nati qui, sono cittadini qui” e glissano sulla evidente totale impossibilità di integrarsi da parte di questi macellai. Che sono sempre di più, sempre di più. E sorvolano sulle infinite opportunità di cui hanno goduto, scuole, sanità, diritti ai quali hanno risposto con la violenza fanatica.

Zitti quelli che per ogni cosa scomodano la povertà delle periferie, delle banlieu, come fa fino dire, come se fosse una legittimazione a staccare teste dal collo. Zitti quelli che più a questi signori gli dai e più non basta, non basta mai, come se questo paese dissestato e disastrato fosse un infinito Bengodi.

Zitti quelli che non hanno mai voluto accettare che grandi diritti comportano anche qualche dovere, per esempio non ammazzare la gente per la strada, se questa gente bene o male ti ha accolto, ti aiuta, ti sopporta, se il sistema di questi infedeli ti riceve, ti ospita, ti tiene e ti mantiene.

Zitti quelli che in via Padova a Milano ci trovano “esperimenti sociali” anziché la constatazione del completo fallimento delle loro teorie oniriche.

Zitti quelli che a maggiore violenza vogliono reagire con sempre maggiore comprensione, e arrendevolezza, e cecità. Zitti tutti gli stronzi armati di palloncini, di gessetti, di slogan balordi, di lagne e girotondi, di esibizionismo sulla pelle dei trucidati, di una sola voglia forte, prepotente, violenta: non far niente, accettare tutto, incolparsi sempre per il sangue innocente.

Zitti quelli che non imparano dall’esperienza di mille traumi. Quelli che si amputano la memoria. Quelli che se bruciano una cattedrale ridono compiaciuti perché è il simbolo dell’imperialismo cristiano e in fondo sono tutti monumenti da demolire. Zitti quelli che sono sempre pronti ad incolpare Cristoforo Colombo, le Crociate, il Dio vendicatore della Bibbia.

Zitti quelli che non riescono a dire la parola magica e si rifugiano nelle circonlocuzioni vigliacche, i terrorismi “qualsivoglia”, il profondo dolore “per tutte le vittime”, il qualunquismo solidale per cui “ogni violenza è sbagliata”.

Zitti quelli che hanno imposto l’agenda e travolto la libertà prima di parlare, poi di pensare, infine di capire: lasciandoci solo quella di morire.

Zitta anche l’incredibile ministro della polizia, la Lamorgese che si arrampica sui vetri con le dita cosparse di sapone, nessuno poteva sapere, a nessuno risultava. Bella gente che hanno messo a tutelarci.

Zitti quelli che hanno spedito l’esercito a correr dietro a un vecchio con la mascherina di traverso e non a controllare queste schegge impazzite che non sono schegge, sono parte di un sistema diffuso e micidiale.

Zitta l’Unione europea che non ha saputo e non ha voluto mai intraprendere alcuna iniziativa, soluzione, prospettiva per combattere un terrorismo islamista ormai fuori controllo. Zitta la politica dei marinaretti al servizio di una noglobal troppo ricca e troppo annoiata, la politica surreale di quelli che volevano un tiranno come Erdogan in Europa. Stiano zitti anche quelli che stanno zitti perché un prete, un sagrestano, una anziana, un professore non valgono neppure un cordoglio di facciata.

Zitti i globalisti col culo degli altri, che vogliono sempre più afflussi ma poi li cacciano dai loro quartieri melliflui, dai loro parchi e giardini perché i poveri debbono stare coi poveri e debbono sbudellarsi tra loro.

Zitte le parlamentari cialtrone che vanno a parlare di diritti degli “ospiti” con la borsa griffata che costa come tre anni di affitto ad un povero diavolo che, magari, gli piglia un colpo e quando torna dall’ospedale trova il loculo occupato da una tribù che rifiuta di sgombrare.

Zitti i cardinali elemosinieri con le elemosine altrui, che aiutano gli accoglienti sovversivi a rubare l’energia elettrica e non solo quella. Zitto anche questo papa che non sta con gli ultimi, come sostiene, ma con quelli che gli piacciono, che considera ultimi a modo suo e gli altri li abbandona, nemmeno un pensiero di passaggio se cadono, da cristiani, sotto i fendenti di un coltello da cucina o una scimitarra.

Stiano zitti tutti questi, perché ad ogni testa che rotola cresce la loro complicità morale, la loro responsabilità di irresponsabili, il loro cinismo che li fa restare disumani.

Max Del Papa, 31 ottobre 2020, 

 

domenica 1 novembre 2020

Mi chiamo Connery, Sean Connery



C’è un aspetto poco conosciuto della vita di Sean Connery, il famoso James Bond dello schermo, morto ieri alla veneranda età di 90 anni (pace all’anima sua).

Bene. Sean Connery, di origini scozzesi, è stato certamente un divo dello schermo, capace di far sognare generazioni di spettatori. Le sue interpretazioni dell'agente 007 hanno lasciato il segno nella storia del cinema e, anche a non voler ricordare altro, la sua interpretazione di Guglielmo da Baskerville nel “Nome della rosa”, tratto dal romanzo di Umberto Eco, è diventata giustamente famosa.

Forse però non tutti sanno che ad un certo punto della sua vita Sean è stato attirato dal demone della politica. Per lui, Scozzese, non c’era nemmeno l’imbarazzo della scelta. Da tanti anni la Scozia si è accorta che il dominio inglese nel Regno Unito è diventato insopportabile e, a torto o a ragione, rivendica l’indipendenza. Sean, dopo essere diventato ricco e famoso, si è accorto che il suo cuore batteva per la Scozia e di tale indipendenza è diventato con entusiasmo un convinto e fanatico assertore. Tale posizione ha contribuito del resto ad aumentarne il prestigio e la fama.

Senonché il MI5 (il potente servizio segreto inglese) non poteva dare gratis la figura di Sean alla causa dell’indipendentismo scozzese e si è dato da fare. Per evitare brutte figure alla Monarchia inglese, perché un rifiuto ne avrebbe sminuito il prestigio, ha interpellato segretamente l’attore sulla sua disponibilità ad accettare il titolo di Sir (Baronetto) dalla Regina Elisabetta.

Pare che l’attore abbia solo chiesto un paio di giorni per riflettere, ma alla fine Sean Connery, il famoso Sean Connery, l’alfiere e campione dell’indipendentismo scozzese, ha detto sì.

Ebbene, dopo essere diventato Baronetto di Sua Maestà Britannica, Sean ha dimenticato la Scozia, Glasgow, Edimburgo, Maria Stuarda e l’indipendentismo.

Sean Connery grande attore? Certo! Grande uomo? Forse.

Ezio Scaramuzzino

Per chi ne avesse voglia, sotto, il link all’inno nazionale scozzese, che è uno dei più belli in circolazione. 

  Flower of Scotland

sabato 24 ottobre 2020

Il caso di Antonio Maria Rinaldi

 

Non so se conoscete l’eurodeputato della Lega Antonio Maria Rinaldi, noto al grande pubblico soprattutto per la sua frequente apparizione nei talk show televisivi. Ed è questo il problema.

L’altra sera, ad esempio, era a Dritto e Rovescio  di Del Debbio su Rete 4, in competizione ( si fa per dire ) con Faraone di Italia Viva ed altri.

Ora io non conosco i segreti meccanismi con cui i partiti scelgono e designano le persone da inviare ai dibattiti televisivi, ma soprattutto non capisco con quale logica la Lega si fa rappresentare da Rinaldi.

Sia ben chiaro: io non ce l’ho con lui e non intendo infierire contro di lui, che molto probabilmente è una brava persona e del quale leggo che è docente universitario, non so a che titolo e a che livello. Dico soltanto che sarà anche professore, sarà anche quel che vuole, ma la televisione non fa per lui e la Lega dovrebbe impedirgli di parlare a suo nome e soprattutto di fare continuamente il giro delle varie parrocchie televisive.

Non so se lo avete mai visto. Rinaldi ha perennemente due evidenti e imbarazzanti (ovviamente per chi lo guarda) rivoli di saliva agli angoli della bocca (possibile che nessuno glielo dice e nessuno provvede?). Ma, cosa ancora più grave, si mangia spesso le parole ed appare non in grado di imbastire un discorsetto decente, per cui, mentre gli altri a torto o a ragione discutono e parlano, lui si limita a parlare sugli altri, a battibeccare, ad interrompere. L’altra sera, per dire, è riuscito a far apparire un gigante anche un personaggio ultramodesto come Faraone e per fortuna c’era Maurizio Belpietro, che ha provveduto alla bisogna.

Fosse di sinistra, la cosa mi lascerebbe indifferente o potrebbe anche farmi piacere, ma, siccome è della Lega e quindi dovrebbe rappresentare la Destra, quando lo vedo e sento, avverto un senso di imbarazzo e di fastidio.

L’impressione è solo mia o è condivisa da qualcun altro? Si può fare qualcosa per evitare questo spettacolo? La Lega può fare qualcosa?


giovedì 22 ottobre 2020

Calabria, terra mia di Gabriele Muccino

 

    Ho visto il corto di Muccino presentato al festival di Roma e debbo dire che nel complesso mi è piaciuto. L'ho trovato bello, delicato, coinvolgente, e poi .... quel bellissimo valzer nella colonna sonora, che crea un'atmosfera di incanto... Ho letto di critiche feroci per i soldi che è costato, per i compensi esagerati: critiche legittime, per carità, ma che investono un altro ordine di problemi. Diverso il discorso per quanto riguarda le critiche di tipo contenutistico. Si dice che Muccino è un estraneo, che la Calabria è diversa e che quella rappresentata è una Calabria che non esiste più. Forse anche questo è vero, ma il cortometraggio non è un'inchiesta giornalistica, non è un saggio sociologico: è soltanto quello che pretende di essere, cioè una ricordo tenero e favoloso di un mondo che appartiene alla dimensione dell'arte e della poesia, non della vita quotidiana, alla dimensione del sogno più che della realtà.

Di seguito il link per vedere il cortometraggio (8 minuti)

https://www.youtube.com/watch?v=9IML_lLU7Pw

 

domenica 11 ottobre 2020

Forza Tunisini!

 

“Oggi 700 sbarchi…continui arrivi di clandestini sulle coste della Sicilia, della Calabria, della Sardegna…”  Ascolto il TG5 all’ora di pranzo e di cena ed è una continua sofferenza per queste notizie, sempre le stesse, da un mese, da un anno, da cinque, da dieci, venti, trenta anni. Manca solo la notizia, l’eterna notizia che le strutture ricettive “sono ormai al collasso” e che la “situazione è critica”.

Che fare? Onestamente non lo so, proprio non lo so, anche se non ci voleva certo un indovino per capire che nulla sarebbe cambiato e che anzi la situazione sarebbe peggiorata dopo il tanto strombazzare sull’abolizione delle leggi varate da Salvini ministro nel precedente governo. Gli scafisti seguono con attenzione le vicende politiche italiane e si regolano di conseguenza. Anche se  in quest’ultimo caso s’è fatto tanto rumore per nulla, dal momento che le leggi sulla sicurezza in realtà era come se fossero già state abolite, perché erano largamente disapplicate ed il governo giallo-rosso ne menava quasi vanto.

Penso che non ci sia più niente da fare, dal momento che gli Italiani-elettori, al momento del voto, dimenticano o mettono da parte questo problema, pur largamente sentito, almeno a parole, e gli elettori, si sa, come i clienti, hanno sempre ragione.

Di fronte a tale disastro, mi sento ormai freddo ed impassibile, come uno che assista impotente ad una calamità alla quale è inutile o impossibile opporsi. L’Italia è destinata a scomparire. Per quanto mi riguarda personalmente, penso che, data la mia età, io sarò turlupinato solo per pochi anni ancora. Quanto agli altri, ognuno otterrà quello che avrà voluto, cercato o non impedito. Finirà che mangeremo tutti cous cous e mi consola il fatto che a me il cous cous piace.

Per il resto non me la prendo più con nessuno, nemmeno con i clandestini. Anzi mi sento quasi solidale con loro. Forza Tunisini, Marocchini, Nigeriani, Senegalesi, Pakistani, Bengalesi, forza Islam! Venite, accorrete ed accorrete numerosi, anzi venite tutti, se potete. Sottometteteci tutti, disprezzateci, distruggeteci, perché l’Italia, questa Italia, non merita più di esistere.

Ezio Scaramuzzino

lunedì 5 ottobre 2020

Amour, un film tragico e terribile

 


Ho scoperto per caso un capolavoro assoluto, Amour, un film del 2012 di Michael Haneke, con Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva, Palma d'oro al Festival di Cannes nel 2012 e Premio Oscar come miglior film straniero nel 2013. Film così non se ne fanno più da parecchio tempo, almeno in Italia. 

Georges e Anne sono una coppia di ottantenni ex insegnanti di musica, che passano il tempo volentieri a leggere e ad assistere a concerti. La loro vita da pensionati scorre tranquillamente, tra qualche incontro con ex allievi o con la loro unica figlia, Eve, anche lei musicista, che vive in Scandinavia. 

Un ictus cerebrale improvvisamente colpisce Anne. Paralizzata e umiliata, Anne dipende ormai interamente dal marito, che affronta con coraggio la sua disabilità e le difficoltà che ne scaturiscono. Con l'aiuto saltuario di un'infermiera, Georges non smette di amarla e di occuparsi di lei, sopportando le conseguenze affettive ed esistenziali della malattia, che degenera consumando giorno dopo giorno il corpo di Anne e la sua dignità. 

Un giorno Georges uccide la moglie, soffocandola con un cuscino. In seguito egli si ritira in un assoluto blocco di sofferenza e meditazione, che presto lo porta ad impazzire e ad andarsene di casa, come ad inseguire il fantasma della moglie. Tempo dopo, Eve torna nell'ormai abbandonata casa paterna, si siede su una poltrona e riassapora i ricordi e le atmosfere di un tempo. 

Amour è un film tragico e terribile sul senso della vita e della morte, la malattia, la solitudine, la disperazione, l'amore senile. Uno sguardo crudele nel dramma della vecchiaia, reso ancora più crudele dalla tecnica della telecamera quasi sempre fissa, che osserva senza pietà nelle piaghe del corpo e dell'anima. Come la lama di un bisturi. Le cicatrici sanguinano e non c'è speranza di guarigione. La vecchiaia di Georges e Anne non è la placida e tenera stagione dei ricordi. E' solo una lenta agonia, una triste discesa verso il disfacimento fisico e, nel migliore dei casi, verso la follia. 

Il film è vivamente consigliato a chi ritiene che l'arte debba essere lo specchio della vita ed ha un po’ di tempo da dedicare alla ricreazione dello spirito.

Il link che segue consente di vedere il trailer del film.

https://www.youtube.com/watch?v=49Ln9o7iCRQ

 Il film è reperibile su Telegram – I tuoi film.

 

mercoledì 30 settembre 2020

Un giudice per Salvini


Il 3 ottobre inizia a Catania il processo a Salvini per i noti fatti legati alla sua attività di ministro contro l’invasione di clandestini. Forza Italia e Fratelli d’Italia, in tale circostanza, hanno deciso di unirsi alla Lega per una dimostrazione di tutti i parlamentari da tenersi nella città siciliana.

Bisogna dire che si tratta di un buon inizio, ma che si tratta pur sempre del minimo sindacale. Non si può certo sperare che questa dimostrazione possa smuovere più di tanto la magistratura o che possa comunque segnare un’inversione di rotta rispetto al vergognoso e stomachevole andazzo che contraddistingue, ormai da troppo tempo, la lotta politica nel nostro Paese.

E’ il caso di dire che non se ne può più. Da fin troppo tempo ormai la sinistra, quando non riesce a sconfiggere politicamente i suoi avversari o, meglio, quella che essa considera i suoi “nemici”, ricorre all’aiuto non del tutto disinteressato di quella magistratura, che ormai non si fa nemmeno scrupolo di fingere, e si appalesa per quello che veramente è: una corrente fra le tante del variegato mondo della sinistra politica.

Si incominciò tanti anni fa con Giovanni Leone, un galantuomo che fu costretto a dimettersi da Presidente della Repubblica, dopo che una ben orchestrata campagna di stampa e  la magistratura lo avevano coinvolto nello scandalo delle tangenti Lockheed. Inutile dire che alla fine di un  lungo calvario giudiziario Leone fu assolto da ogni accusa.

Visto che il colpo era ben riuscito con Leone, qualche tempo dopo si cercò di fare il bis con Francesco Cossiga, altro Presidente inviso alla sinistra. Si cercò di coinvolgerlo in scandali vari, tipo Gladio ed altri di natura finanziaria, ma ogni tentativo andò buca. Alla fine la sinistra giocò la carta della disperazione: fu fatta circolare la voce che Cossiga non stesse tanto bene di testa. Ma Cossiga non si arrese e rispose colpo su colpo. Non per niente alla fine fu definito “il picconatore”.

Altro caso clamoroso fu quello di Bettino Craxi, l’unico condannato illustre della stagione di Mani Pulite. In un periodo nel quale quasi tutti i partiti politici incassavano le tangenti e nel quale il Partito Comunista Italiano incassava più di tutti gli altri, perché alle tangenti interne aggiungeva quelle esterne provenienti dall’Unione Sovietica, l’unico partito che fu risparmiato dalla magistratura fu …indovinate quale?

Poi fu il turno di Silvio Berlusconi, il quale, bisogna pur dirlo, oltre a metterci del suo, si difese male, molto male dall’assalto giudiziario. Invece di affrontare a viso aperto i suoi persecutori, cercò di giocare a rimpiattino con i giudici, ricorrendo a cavilli, leggi ad personam ed altri sotterfugi che finirono col danneggiarlo politicamente. E’ storia fin troppo recente: condannato con un processo farsa per un’evasione fiscale, comunque non addebitabile a lui, è stato espulso dal Senato e, pur rientrato a pieno titolo nella politica attiva, è in eterna attesa di una totale riabilitazione.

Poi la magistratura mise sotto tiro Matteo Renzi, fino a quando qualcuno avvisò i magistrati che Renzi, pur antipatico e cazzaro, era pur sempre un sinistro della scuola del Pd. E da allora è stato relativamente lasciato in pace.

Ora è il turno di Matteo Salvini. Matteo è l’attuale ossessione della sinistra e della sua longa manus giudiziaria e non casualmente i suoi processi si moltiplicano come i funghi sotto la pioggia autunnale. A differenza di tanti altri, egli appare deciso e tranquillo, oltre che risoluto a difendere il suo operato di ministro a viso aperto e con dignità. Qualche sera fa l’ho sentito citare una pur abusatissima massima di Ezra Pound : Quando uno non è disposto a lottare per le sue idee, o non vale niente lui, o non valgono niente le sue idee. Complimenti!

E’ presto per dire come andrà a finire, anche perché la persecuzione è appena agli inizi, ma è lecito sperare bene. Solo sperare, sia ben chiaro, perché queste cose si sa come iniziano, ma non si sa mai come si concludono e l’esperienza induce ad essere prudenti. D’altra parte Salvini è un politico che è configurato dai suoi nemici politici e dalla stampa fiancheggiatrice in un modo pressoché unico. Contro di lui è lecito tutto, compresi gli insulti più sanguinosi, ma se ogni tanto egli abbozza una sia pur garbata risposta, diventa subito un fomentatore di odio.

La magistratura è potente, si sa, ma anche la politica, se è decisa, se è risoluta, se non si lascia intimidire, ha le sue carte da giocare. Il centrodestra deve essere ed apparire compatto, deve muoversi all’unisono, deve capire che in questo processo è in gioco il suo futuro, non solo quello di Salvini.

La magistratura finora ha giocato con una certa parte politica come il gatto con il topo, decidendo di volta in volta come, quando e dove colpire. Ma, al punto in cui siamo, il gioco non regge più e non vale più quanto poteva valere per il passato, quando ci si consolava del fatto che avevi salvato la tua testa, anche se era rotolata la testa del tuo amico o del tuo alleato. Oggi stanno colpendo Salvini, ma domani colpiranno la Meloni o riprenderanno a colpire Berlusconi, se sarà necessario. Un’accusa la si può sempre inventare ed una certa stampa compiacente o addirittura collusa è sempre lì, pronta ad azzannare chi non si conforma al pensiero unico o non è disposto a cantare nel coro.

Del resto il momento è delicato e, anche se stentiamo a rendercene conto, penso che sia un momento storico. Al di là di quanto accaduto in passato, è la prima volta che nel nostro Paese si porta a processo il leader dell’opposizione, non per reati comuni, ma per reati politici o presunti tali. Bisogna stabilire, una volta per tutte, se in questo nostro Paese un ministro è libero di prendere un’iniziativa politica o se prima deve chiedere il permesso ai giudici.

Nemmeno ai tempi del Fascismo la magistratura apparve così prona ai voleri di chi governava. Nemmeno nella Cina nazi-comunista dei tempi nostri, in quella dittatura, avvengono cose simili, o per lo meno, se anche avvengono, le tengono nascoste, mentre in Italia queste cose si fanno alla luce del sole, così, come se fosse un fatto normale.

L’attuale gruppo di potere in Italia non si vergogna di portare l’Italia allo sfacelo e di colpire al cuore la vita democratica. Bene. Diciamoci disposti, se proprio lo vogliono, a dar loro una mano. Per quanto modesta possa essere la mia persona, per quanto inutili e disperate possano essere le mie parole, voglio dare ai politici del Centrodestra un suggerimento, anche se non richiesto.

Se l’accanimento giudiziario nei confronti di Salvini dovesse continuare, se il processo a Salvini dovesse apparire, nella sostanza e al di là delle apparenze, un’ignobile farsa, tutto il mondo politico legato al Centrodestra pensi seriamente a dimissioni di massa. Si dimettano deputati, senatori, governatori, sindaci, consiglieri. L’Italia se la governino lorsignori, da soli, da papponi e despoti. In questo caso sarebbe inutile alimentare speranze, illusioni, rapporti umani, fiducia nel futuro. Meglio disperare e fare tabula rasa di tutto, con la sola compagnia del vento, della nebbia, della pioggia. E infine del sole, per riprendere a sperare…

Ezio Scaramuzzino

domenica 23 agosto 2020

Il costo della casta

 

Un'inchiesta della UIL di qualche tempo fa ci informa che in Italia circa 1.200.000 persone vivono di politica, nel senso che la loro attività esclusiva o principale consiste nel ricoprire una carica politica o comunque di natura politica. L'inchiesta fa riferimento a parlamentari europei, deputati, senatori, ministri, viceministri, sottosegretari, governatori, assessori regionali, deputati regionali, sindaci, assessori, consiglieri comunali di grandi città.

A costoro, politici in senso stretto, bisogna aggiungere almeno altre 500.000 persone: consiglieri d'amministrazione di società pubbliche e parapubbliche, personale degli organi di controllo, personale di supporto degli uffici pubblici, portaborse, collaboratori,  consulenti, personale a contratto, ecc. ecc.

Aggiungiamo poi i sindacati, compresa la UIL, altre 300.000 persone, che, solo apparentemente, non fanno parte del mondo politico, ma che in realtà sono l'altra faccia della medaglia, con continui passaggi e scambi di poltrone tra le due parti e relativi privilegi. Basta dire che i sindacati possono licenziare senza giusta causa, non hanno alcun obbligo di rendicontazione e quindi di presentazione di un bilancio annuale, non pagano tributi locali o statali sulle loro sedi, fanno pagare alla collettività molti dei loro dipendenti con la tecnica del distacco sindacale.

Siamo arrivati a 2.000.000 di persone circa. Ma non si dimentichi che ognuno di questi mantiene una famiglia, circa 3-4 persone, per cui arriviamo a circa 8.000.000 di persone. Non dimentichiamo ancora quelli che, pure essendo privati, magari sono fornitori degli enti pubblici e quindi sono strettamente legati al potere politico, senza il quale non sopravviverebbero.

Si ricordi ancora che il potere politico-amministrativo, a suo insindacabile giudizio, finanzia e mantiene in vita circoli culturali o presunti tali, cooperative di ogni genere, sagre e fiere paesane, attivisti graditi al potere, gruppi che si interessano di qualunque cosa pur di avere una sovvenzione, come quelli, tanto per fare un esempio, per la protezione del prosciutto San Daniele o per la tutela della Foca monaca o per la memoria della Resistenza.

Ampliando l’inchiesta della UIL, di cui all’inizio, per concludere, si può tranquillamente affermare che nel nostro Paese, su circa 65.000.000 di abitanti, bambini compresi, almeno 25.000.000  dipendono dalla politica per il loro sostentamento.

E' grave tutto questo e non ha paragoni nel mondo, almeno nel mondo occidentale, ma è ancora più grave il fatto che gli stipendi di questo mondo politico costituiscono un altro unicum insuperato e insuperabile.

Solo qualche esempio. Nella classifica delle spese per le residenze dei capi di stato, l'Italia è al secondo posto nel mondo dopo il sultanato del Brunei. Il Presidente della Provincia di Bolzano ha uno stipendio superiore a quello del Presidente degli Stati Uniti. Al parlamento europeo lo stipendio mensile  di un deputato italiano è nettamente più alto rispetto a quello un di qualunque altro deputato e, prima di una recente riforma che ha attenuato un po’ le differenze, era 8-10 volte più alto di quello di un deputato della Lettonia o dell’Estonia.

        In tutto questo tripudio orgiastico di soldi, capita a pennello il prossimo referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari, che passano da 945 a 600. Ci sono dubbi su come votare? E' concepibile che ci possano essere dei dubbi?

        Personalmente sono convinto che la riduzione passerà facilmente e che proprio non c'è partita. Ma, negli ultimi giorni, si stanno levando le voci finora assopite dei contrari, in alcuni casi voci sorprendenti di persone che talvolta vengono ritenute, o si ritengono, autorevoli.

Si obietta1: ma il referendum farà risparmiare poco. Risposta: Intanto da qualche parte bisogna pur cominciare a tagliare e poi poco un corno. Si tratta pur sempre di qualche miliardo di Euro, che si potranno impiegare in spese produttive e non per foraggiare la casta.

Si obietta2: ma molti politici lavorano bene e sono utili. Risposta: Diciamo pure che solo pochi lavorano bene e sono utili. La stragrande maggioranza è costituita da un’accozzaglia di gente senza arte né parte, che è contenta di vivere lautamente sulle spalle dei contribuenti. E’ pur vero che tutti i politici, comprese le nullità, sono convinti di essere il centro dell’universo e di essere indispensabili, ma si tratta solo del contrario della teoria evoluzionistica di Lamarck, ben conosciuta, della funzione che crea l’organo. In questo caso si tratta dell’organo che crea la funzione, nel senso che ogni politico, in mancanza d’altro, si inventa un qualunque compito che possa giustificare la sua esistenza, anche a costo di rendere complicata e difficile la vita degli altri. A tutte queste nullità bisognerebbe dire come la buonanima di Totò diceva all’onorevole Trombetta nel famoso sketch dello scompartimento ferroviario: Ma mi faccia il piacere…

Si obietta3: ma la riduzione comporterà anche una riduzione del livello di democrazia nel nostro Paese. Facile rispondere che la democrazia non dipende dal numero dei parlamentari. Se così fosse, gli Stati Uniti, con i loro 100 senatori, sarebbero meno democratici dell'Italia con i suoi attuali 315.

Si obietta4: ma con la riduzione ci saranno minori possibilità di controllo e minore trasparenza nell'attività politica. Risposta: L'Italia attuale è uno dei paesi con la più alta corruzione al mondo. L'eccessivo numero di addetti ai lavori favorisce il clientelismo, il parassitismo, il burocratismo, il familismo amorale e la corruzione. Ogni tanto qualcuno esagera e viene scoperto, ma quelli che la fanno franca sono una platea sterminata. Anche perché è pressoché impossibile controllare tutti e quindi spesso si preferisce sorvolare sui reati minori.

Si obietta5: ma con la riduzione alcuni territori sarebbero poco rappresentati nelle istituzioni. Risposta: Ogni territorio, ogni regione italiana avrà i suoi eletti, pochi o molti che siano e, se saranno pochi, saranno comunque sufficienti ed adeguati alla bisogna. D'altra parte, per restare ai nostri territori, il duplicato Corrado-Barbuto (la coppia Thelma e Louise del Crotonese) che dovrebbe rappresentarci, risulta attualmente adeguato? Ce li facciamo bastare e aggiungiamo che, per quel che fanno e per quello che costano ai contribuenti, sono pure troppe in due. Solo per un motivo le nostre due eroine risulteranno utili e cioè per poter costituire un caso da manuale di autoeutanasia politica. Come deputate grilline è presumibile che voteranno “Sì” e quindi, considerando il risultato del referendum e quello dei sondaggi, che parlano di una riduzione dei Cinquestelle di almeno il 50% rispetto alle ultime politiche, voteranno anche per la loro estinzione. Almeno in questo saranno state utili, se non a se stesse, almeno a Crotone, alla Calabria, all’Italia, all’Europa, al pianeta Terra, al Sistema solare, alla Via lattea ed all’Universo.

Si obietta6: ma si tratta di un'iniziativa fortemente voluta dai Cinquestelle dei tempi eroici e che loro stessi, ora che sono diventati parte integrante della casta, probabilmente avrebbero avuto difficoltà a portare avanti, anche se continuano a sostenerla per non sputtanarsi completamente, più di quanto non siano già sputtanati. Risposta: L'iniziativa è giusta ed è l'unica iniziativa rispettabile imbroccata dai Grillini. Ma non è che, per fare un dispetto a loro, bisogna comportarsi come quel marito che, per fare un dispetto alla moglie, decise di tagliarsi le p.....

Si obietta7: ma la Costituzione, per come concepita  e strutturata dai Costituenti, presuppone un alto numero di parlamentari. Risposta: Erano altri tempi (1946) ed il numero effettivamente alto dei parlamentari fu probabilmente voluto dai Costituenti come antidoto democratico alle degenerazioni del Fascismo.

Si obietta8: La riduzione potrebbe creare delle sfasature istituzionali, similmente a quanto sarebbe avvenuto con le modifiche costituzionali volute a suo tempo da Matteo Renzi e che per questo furono clamorosamente  bocciate dagli elettori. Risposta: I due referendum sono profondamente diversi. Quello attuale è limitato e di facile e semplice controllo, per cui, nel caso di sfasature, è facile provvedere. Quello del Cazzaro Rosso era onnicomprensivo, profondamente innovativo e, con poche proposte lodevoli, ne proponeva molte profondamente errate, come quella, discutibile ed assurda, della riforma del Senato. Giustamente gli elettori la bocciarono. Ed anche io votai contro.

Si potrebbe continuare all'infinito, ma preferisco fermarmi qui. Aggiungo qualche ultima considerazione. La data del referendum si avvicina, ma non è ancora sicuro che si voti, perché la recrudescenza del Coronavirus potrebbe far saltare tutto, con sommo gaudio di Conte e dei suoi prosseneti, letteralmente atterriti dal voto per le regionali e le comunali, probabilmente fatali all'attuale maggioranza. Atterriti perché? Atterriti perché con lo sconquasso economico ormai all'orizzonte e l'ennesima, continua, desolante, tragica invasione dei clandestini, ormai il re è nudo e le eterne supercazzole, con cui i cialtroni cercano di capovolgere la realtà dei fatti, non bastano più. La gente è arrivata al limite dell’umana sopportazione e, se anche non è ancora pronta per i forconi, è già pronta ad usare l'arma del voto.

Coraggio!

Ezio Scaramuzzino

 

giovedì 13 agosto 2020

Un saluto grottesco e gaglioffo

 


Pare che il saluto con i gomiti, venuto in auge ai tempi del coronavirus, sia nato all'Università Luiss. Avete capito bene. Si tratta proprio della famosa università confindustriale, dove una volta (non so se lo fanno ancora) i docenti insegnavano e gli studenti imparavano l'Economia e la Scienza delle finanze. Fatto sta che proprio in questo ateneo un paio di docenti (dei quali è bene non citare i nomi, tanto non perdiamo niente), tra una lezione e l'altra e tra un seminario e l'altro, hanno tenuto un corso sui saluti al tempo del coronavirus, elaborando ed istituzionalizzando quel grottesco e gaglioffo saluto, che in seguito ha preso piede un po' dappertutto.

Che la stretta di mano fosse sconsigliabile in tempi di pandemia è un fatto. Che fosse opportuno ricorrere a saluti alternativi è un altro fatto. Ma che, per evitare il contagio, bisognasse salutare con i gomiti e regredire nel tempo fino a scimmiottare l'uomo di Neanderthal, non è un fatto, è semplicemente un gesto stupido, ideato da stupidi per persone stupide.

Ci avete fatto caso? Quasi tutti, mentre allungano il braccio e strofinano il gomito, si mettono a ridere, o almeno a sorridere. Di chi e di che cosa ridono? Certamente di se stessi, quasi a volersi scusare di essere costretti a fare quello che fanno, solo per seguire una moda, un andazzo. Certo, il sorriso e la voglia di scherzare e di autoprendersi in giro attenuano la colpa, ma l'imbarazzo resta, in chi compie il gesto ed anche in chi lo osserva.

Uomini politici di un certo livello, campioni sportivi, artisti famosi, hanno trovato il nuovo trastullo, il nuovo passatempo, che dovrebbe renderli più umani e più simpatici, mentre in realtà li rende solo più scemi, o li fa diventare scemi, se prima non lo erano.

D'altra parte, in tempi calamitosi come quelli che stiamo vivendo, in tempi nei quali imperano e comandano i cialtroni, che cosa ci si poteva aspettare di diverso? Il rapporto tra coloro che si salutano con i gomiti e chi raccomanda o favorisce l'andazzo mi ricorda un po' quello che si dice dei boy scout, che alcuni definiscono "dei bambini vestiti da cretini, comandati da un cretino vestito da bambino".

Certo, dai geni che si autodefiniscono tali sol perché hanno queste idee, sarebbe stato lecito aspettarsi che, prima di partorire la genialata, riflettessero un attimo ed andassero un po' (non molto) indietro nel tempo. Avrebbero forse trovato il saluto romano,  a mano aperta, semplice ed austero, espressione di un popolo che ha fatto la Storia. Ed avrebbero potuto usarlo senza che questo dovesse necessariamente significare l'accettazione delle deformazioni farsesche che di esso ha fatto il Fascismo.

Ma era pretendere troppo. In tempi di Political correctness si può accettare di tutto. Si può accettare che Giulio Cesare sia considerato un razzista ed un politico di infimo ordine, sol perché non ha inventato il Servizio Sanitario Nazionale ed il Reddito di cittadinanza. Si può ritenere accettabile che alcune minoranze sessuali si esibiscano in sguaiate processioni con conseguente esibizione di natiche  e di organi sessuali. E mi fermo qui. Non si sarebbe mai accettato il saluto romano. E forse è meglio così.

Ezio Scaramuzzino

martedì 4 agosto 2020

La dittatura flaccida e feroce


Questo articolo vorrei averlo scritto io, ma vedo e leggo che Max del Papa, insuperabile, ha già detto tutto in modo magistrale.

Ci sono gli aspetti eclatanti, costituzionali (anzi anticostituzionali) di un regime in fieri: i pieni poteri, la reiterazione del terrore emergenziale, gli oppositori spediti a processo, la censura sulle risoluzioni del sinedrio virologico. E poi ci sono le spie, i segnali che passano e vanno ma non sono meno gravi, meno allarmanti: questi propedeutici a quelli. Frutto apparente di sventatezza, di avventurismo ma forse è il contrario: una tortura sottile, autorigenerante, una pressione psicologica continua e metodica. Ci sono i marines spediti a pattugliare la spiaggia a Ventimiglia come fosse la Normandia, soldati in assetto contro pericolosissimi bagnanti; c’è la polizia calata nei sotterranei della metropolitana a intimidire, a multare quelli che negl’inferi surriscaldati non sopportano la mascherina e se la calano; c’è la psicopolizia dei decreti legge “contro l’omofobia”, norme fobiche di per sé, contro ogni dissenso, mascherine per la mente, maschere su maschere; e c’è l’afflusso sbracato, plateale di clandestini più o meno infetti, tutti irridenti, alcuni in assetto turistico con tanto di cani e gatti, e il governo li difende, dice senza mezzi termini che ce ne vogliono ancora di più, sempre di più e chi non è d’accordo è intollerante e deve essere neutralizzato.

C’è la nuova frontiera del “negazionismo”, dimensione odiosa, stigma nazista con cui marchiare ogni obiezione, dalla letalità di un virus ormai sgonfiato alla constatazione delle diversità sessuali, all’insofferenza verso una classe parassitaria che sbraca, sfascia, pretende, invade. Ci sono le campagne mirate contro gli scienziati dissidenti. Ci sono i rari artisti eccentrici, alla Bocelli, subito massacrati e indotti all’ autodafè: o ti rimangi quello che hai detto o non lavori più e ti faremo passare da tenore a storpio, da usignolo a cieco. E Bocelli abbozza, fedele alla massima di don Abbondio: se uno il coraggio non ce l’ha non se lo può dare, o almeno non lo può mantenere.

La intolleranza dei tolleranti, la ferocia dei buoni non conosce limiti e questa isteria è un tipico segnale delle dittature in formazione. Sempre faziosi, immorali, hanno preso una sinistra esaltazione che non accetta moderazioni di sorta. Per Salvini, accusato (anche da chi scrive) di eccessiva moderazione, stanno apparecchiando un trattamento che, quanto a virulenza, rischia di fare impallidire quelli riservati a suo tempo a Craxi, a Berlusconi; li ha tutti contro, tutti lo azzannano per un pezzo, ieri c’era una vignetta infame di lui con la figlia e, dietro, un corpicino esanime a riva: “Papà, quello chi è?”“Nessuno, cara, non è nessuno”. Roba da codice penale, ma nessuno fiata.

Non sono atti casuali, sono indizi precisi, sono moniti. In tutto questo il presidente Mattarella non vede, non sente e non parla, ligio alla consuetudine del silenzio assenso. Tutto lascia fare, tutto lascia passare un presidente che dovrebbe essere “di tutti gli Italiani”: e anche questo non lascia tranquilli, non prelude a niente di buono. Peggio di tutto, la mancanza di anticorpi: chi protesta, lo fa su Twitter, in modo sempre più stanco, rassegnato; i giornali d’opposizione fanno quello che possono, ma la propaganda collaborazionista è forte, è spalmata. Se a Berlino in 15 mila scendono in piazza per dire basta alle restrizioni ex Covid, il commissario Gentiloni subito li bolla come criminali, come stragisti pericolosi, come a dire: non azzardatevi in Italia, chè abbiamo i mezzi per controllarvi, per rispedirvi a cuccia.

C’è una strategia della menzogna e del servilismo che va oltre la vergogna e a protrarla sono i sedicenti a schiena dritta, quelli che accusano sempre tutti di essere venduti, prostrati, “slurp slurp”. Scandali enormi come Alitalia o Autostrade dopo un giorno passano in cavalleria. Non si dica poi di quello della magistratura, del caso Palamara che è già stato ridotto a macchietta, una sorta di Citaristi delle beghe giudiziarie che si permette perfino una certa autoironia. Intanto lo intervistano, lo invitano ai convegni… La normalità dell’immondo, dello spaventoso. Si dicevano tra loro i giudici, tutti frequentatori del politburo piddino: “Ma questo Salvini che fa? Non fa niente di male, applica le leggi, come si fa a perseguirlo se ha ragione?”“E proprio perché ha ragione bisogna stroncarlo, bisogna distruggerlo”. E lo distruggono. Il Senato si regola come se quelle ammissioni non esistessero, lo manda a processo e poi altre toghe scarlatte ci penseranno ad applicare le leggi, dal codice penale distorto alla Severino che è un obbrobrio, la tipica norma autoritaria.

Dicono gli ottimisti: ma si dovrà pur votare. Sì, ma questi sono capaci di qualsiasi porcata, anche di inventarsi morie di ritorno che non esistono, anche di finire di prosciugare un Paese che già annaspa e rantola. Non c’è trasparenza su niente. Se Conte impone il bavaglio sugli errori e le bugie dei comitati, la impareggiabile Azzolina, e questo l’hanno notato in pochi, nega ogni trasparenza sul concorso per i dirigenti scolastici del 2017, nel quale era direttamente coinvolta.

Al punto che è sorto un comitato “trasparenza e partecipazione” e alcuni parlamentari di Fratelli d’Italia hanno annunciato un’interrogazione “per chiedere la messa a disposizione del codice sorgente, in modo da garantire la regolarità del processo di selezione”.

Ma perfino un ministro come questa Azzolina può ridergli in faccia: sa che sono tempi, magari transitori, ma che intanto consentono ogni ribaltamento dell’etica politica, della prassi, del rispetto della Costituzione. Tempi di marines, di intimidazioni, di lettere e toghe scarlatte. Come a dire: questi sono i segnali che indicano un regime non più democratico e sempre meno democratico. Prima lo capite, meglio sarà per voi.

Max del Papa, Atlantico