martedì 21 luglio 2020

Addio, fratello mio

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Fratello mio, fratello nostro, fratello caro. Siamo qui, e ci siamo tutti, stretti vicino a te, perché tutti avvertiamo la sofferenza, il dolore, lo strazio per l'inizio del tuo ultimo, definitivo viaggio. Io e te siamo nati nella stessa famiglia, siamo poi cresciuti e vissuti nella stessa comunità, legati da quegli stessi vincoli e da quell'unico, comune destino, che ci ha tenuti l'uno accanto all'altro fino a qualche giorno fa. Siamo vissuti, fratello mio e tante volte non siamo riusciti ad esprimerci reciprocamente il bene che ci volevamo, per quel pudore che spesso  ci ha condizionati, nella convinzione che il bene, l'affetto, per non dire altro, non fosse necessario esprimerlo con le parole, anche perché non esistono parole che possano esprimere adeguatamente l'intensità di certi sentimenti. Sapevamo che il bene era meglio esprimerlo con il cuore, piuttosto che con le parole. Siamo vissuti così, fratello mio, spesso nel silenzio e talvolta nell'intesa espressa solo dai nostri sguardi, dalle nostre emozioni. 
Ma ora voglio che si sappia il bene che ci siamo voluti, l'affetto che ci ha legati, il dolore per la tua partenza. Ora che tu non sei più con noi, voglio palesare per intero il mio, il nostro dolore, anche se la mia voce è sommessa, come una volta, come sempre, come avviene tra persone che non hanno bisogno di gridare. 
Tu non ci sei più, ma a me resta tutto di te. Tu eri il mio fratello più grande, ma il più vicino a me negli anni. 
Ricordo ancora, come fosse oggi, quando io ero un bambino gracile e indifeso che si affacciava alla vita e tu mi proteggevi con la tua presenza. Bastava quella, la tua sola presenza, e guai a chi si permetteva di farmi del male, perché tutti gli altri bambini sapevano che in tua presenza non era consentito a nessuno essere prepotente con me.
Ricordo le giornate trascorse in campagna, le cavalcate a dorso di cavallo. Io mi aggrappavo a te e tu guidavi il cavallo al galoppo; passavamo sotto gli ulivi e tu mi gridavi continuamente "ramo", "cima", "piegati", per evitare che mi capitasse di ruzzolare a terra.
Ricordo quando mi insegnavi a distinguere le erbe buone e commestibili da quelle pericolose. Lo stesso facevi con gli animali che mi insegnavi a riconoscere e tu eri sempre disponibile a rispondere alle mie domande ed a soddisfare la mia curiosità infinita.
Ricordo quando a sera, di ritorno dalla campagna, mi portavi la frutta buona e qualche volta me la conservavi in un canestro speciale, avvisandomi che quella era solo per me.
Poi, come spesso avviene, le vicende della vita ci hanno separati e portati a vivere in luoghi ed in ambienti diversi, ma la distanza non ci ha mai impedito di continuare  a sentirci come parte della stessa, unica famiglia ed ad avvertire tra tutti i membri di questa famiglia un legame che non poteva affievolirsi e che è destinato a superare anche i confini dell'esistenza terrena.
Fratello mio, la vita non sempre è stata bella e splendente per noi. Abbiamo conosciuto la gioia e il dolore, la felicità e il rimpianto. Come sempre avviene del resto, come è per tutti. Ma una parte della mia felicità deriva anche dalla consapevolezza di aver vissuto una parte della mia vita accanto a te.
Fratello mio, ora non ci sei più e ci hai lasciati più  soli. Ed io sono qui a cercare di riempire con le mie parole il vuoto incolmabile che hai lasciato. Addio, addio, fratello mio.
Che la terra ti sia lieve.
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Il testo sarà letto nel corso delle esequie che si svolgeranno a Scandale, nella Chiesa Madre, il giorno 22 luglio 2020, alle ore 16,30.

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*Nella foto Ezio Scaramuzzino con il fratello Nando.