venerdì 13 novembre 2020

Addio, Salvatore

 

Si sono svolti questa mattina, a Belvedere Spinello, in forma privata e secondo la nuova normativa, i funerali di mio fratello Salvatore. Ad esequie celebrate, ne comunico la scomparsa, avvenuta il giorno 11/11/2020, a tutti ed in particolare a coloro che l'hanno conosciuto e stimato. Di seguito il testo del mio breve intervento nel corso della cerimonia.

Caro fratello mio, caro Salvatore, sei il secondo della famiglia che ha deciso di lasciarci, dopo Nando, che ha voluto precedere tutti e ci ha lasciati solo qualche mese fa.

La tua dipartita, giunta alla fine di un doloroso calvario di malattie che ha rattristato gli ultimi tempi della tua vita, per quanto potesse apparire ineluttabile, ci ha lasciati, mi ha lasciato sgomento e straziato.

Tu non eri uno dei miei fratelli, non eri uno della famiglia nella quale sono nato, ho visto la luce ed ho vissuto i primi trenta anni della mia vita. Tu eri qualcosa in più per me. Tu eri il mio fratello più grande, per molti aspetti eri il mio fratello per eccellenza. A te mi sentivo più vicino, pur nel generale legame di sangue e di affetto che tutti ci ha legati in un rapporto  indissolubile e che ha fatto della nostra una famiglia meravigliosa, nella quale è stato bello vivere e scoprire giorno dopo giorno il fascino, il mistero ed il senso della vita.

Io non dimenticherò mai, caro fratello, i giorni e le ore trascorse insieme. Quando, sotto un albero, nella calura estiva, tu mi leggevi un libro, qualunque libro, ed eri felice di essere con me e di insegnarmi tante cose, mentre io pendevo dalle tue labbra ed ero felice di stare con te e di imparare da te il “mestiere di vivere”.

Quando ritornavi dopo un periodo di assenza con un piccolo regalo per me, quasi sempre un libro, di cui mi impadronivo con avidità voluttuosa, perché lo consideravo come il più bel regalo che ci si potesse aspettare.

    Quando ero ammalato, per un qualunque motivo, e tu mi stavi vicino e mi tranquillizzavi con le tue parole esperte, pacate ed affettuose.

Quando, già adulto, mi accorgevo di aver bisogno di qualche cosa e io mi rivolgevo a te, prima che agli altri.

    Ora io sono qui, caro Salvatore, insieme a tutti gli altri superstiti componenti della nostra famiglia, a rivolgerti queste ultime parole di commiato. Sono triste. Ma so che la mia tristezza non ha motivo di essere. Perché tu, oltre ad essere stato un fratello affettuoso e comprensivo, oltre ad avere avuto il dono della bontà, della gentilezza, della estrema disponibilità, hai avuto in dono qualcosa che supera ogni ricchezza terrena, ogni contingenza della nostra esistenza quotidiana. Tu hai avuto il dono della fede, di una fede limpida, sincera, cristallina, che ti ha consentito di vivere in serenità e con fiducia le gioie ed i dolori dell’esistenza. Tu hai creduto.

Non mi è difficile immaginare che la tua vita non si conclude qui e che tu sei tra i pascoli del cielo, con mamma, con papà, con Nando. Tu vivi una nuova vita, col sorriso sulle labbra, là dove  l’esistenza terrena e le nostre lacrime sono soltanto “silenzio e tenebre”.

Addio, addio, fratello mio.

Che la terra ti sia lieve.

mercoledì 4 novembre 2020

L'ammuina

 

L’ultimo DPCM di Conte per sconfiggere il Covid-19?

Per capirlo, mi viene in mente quello che avvenne a Napoli durante l’impresa dei Mille. I generali dell’esercito Borbonico si sentivano impotenti a fermare l’avanzata dei Garibaldini e si rivolsero, per consigli, a S.M. il Re Francesco II di Borbone, il mitico Franceschiello.

- Maestà, nun sapimmu cchiù cche fare.

-E vi l’agge a rìcere io? Facite ammuina, guagliu’.

- E che sarebbe, Maestà?

- A prossima vota che site n’fronte a Garibardi, chilli ca su a dritta se spostano a sinistra e chilli ca su a sinistra se spostano a dritta.

-E poi, Maestà?

-E poi chilli chi su arete se spostan’ innanz e chilli chi su innanz se spostan’arete. Inzomma muviteve, facite finta che state facendo quarcosa. E accussì Garibardi se piglia paura e se ne scappa.

Sappiamo come è andata a finire poi tra Garibaldi e Franceschiello.

Qualcosa di simile deve essere avvenuto nei giorni scorsi tra Conte e Mattarella.

Di fronte all’avanzata impetuosa del virus, pare che Conte sia andato da Mattarella per chiedere qualche consiglio sul da farsi sotto l’aspetto istituzionale e politico. Non dimentichiamo infatti che sotto l’aspetto medico-scientifico egli si avvale già dei consigli di un migliaio di esperti e di un  centinaio di comitati.

Secondo indiscrezioni provenienti da fonti del Quirinale, il dialogo tra i due Presidenti si sarebbe svolto all’incirca in questi termini.

Conte – Presidente, siamo in cattive acque. Il Covid sembra inarrestabile, nonostante i molti sforzi per fermarlo. Lei che ne pensa?

Mattarella – Caro avvocato, non so proprio che dirle. D’altra parte non si può stare fermi e bisogna pur fare qualcosa.

Conte – E lei quale consiglio darebbe?

Mattarella – In mancanza di meglio, l’importante è dare l’impressione che non siamo rassegnati e che comunque qualcosa si fa. Ad esempio si potrebbe fare un po’ di ammuina.

Conte – E cioè?

Mattarella – Solo per fare degli esempi. Per 15 giorni al mese si potrebbero chiudere i locali pubblici nelle regioni a Nord e tenerli aperti nelle regioni a Sud. Viceversa, nei secondi 15 giorni, si potrebbero tenerli aperti a Nord e chiusi a Sud.

Conte – E poi?

Mattarella – Avvocato, ho fatto solo un esempio. Ma è chiaro che la stessa cosa si può fare all’infinito, per scuole, uffici, ristoranti, palestre…

Conte – Grazie, Presidente, mi ha dato un’idea.

Conclusione: Rivolgiamo una preghiera all’Altissimo e speriamo soltanto che questa volta all’Italia capiti qualcosa di meglio rispetto a quanto capitò al Regno dei Borbone.

Per i più curiosi riporto quanto previsto  nel 1860 dal Regolamento generale della Real Marina Borbonica del Regno delle Due Sicilie.

Art.27

All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa

e chilli che stann' a poppa vann' a prora:

chilli che stann' a dritta vann' a sinistra

e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta:

tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa

e chilli che stanno ncoppa vann' bascio

passann' tutti p'o stesso pertuso:

chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a ‘cca e a ‘ll à".

N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno.

 

 


lunedì 2 novembre 2020

Zitti tutti !

 


Stiano zitti adesso. Tacciano quelli che fingono o addirittura ostentano costernazione ad ogni testa che rotola ma si avviluppano nelle formule più sconciamente conniventi, “sono solo fascioislamici”. Stiano zitti quelli che da vent’anni tacciano chiunque di fobico, di razzista se appena si dice spaventato, sconcertato.

Zitti quanti ci insegnavano che i terroristi non vengono con i barconi. Che le Ong sono la parte umana e pura del mondo infame. Che i porti debbono restare aperti, sempre più aperti. Che ogni controllo, verifica, censimento è già nazismo. E che se uno scanna una vecchia o un prete, è solo un malato di nostalgia, come dice la canzone. Al massimo un pazzo, un disadattato, una vittima della sporca società occidentale dell’egoismo e dell’individualismo.

Stiano zitti quelli che si muovono nella solita ambiguità, “ah, vedete, sono giovani di seconda, di terza generazione, sono nati qui, sono cittadini qui” e glissano sulla evidente totale impossibilità di integrarsi da parte di questi macellai. Che sono sempre di più, sempre di più. E sorvolano sulle infinite opportunità di cui hanno goduto, scuole, sanità, diritti ai quali hanno risposto con la violenza fanatica.

Zitti quelli che per ogni cosa scomodano la povertà delle periferie, delle banlieu, come fa fino dire, come se fosse una legittimazione a staccare teste dal collo. Zitti quelli che più a questi signori gli dai e più non basta, non basta mai, come se questo paese dissestato e disastrato fosse un infinito Bengodi.

Zitti quelli che non hanno mai voluto accettare che grandi diritti comportano anche qualche dovere, per esempio non ammazzare la gente per la strada, se questa gente bene o male ti ha accolto, ti aiuta, ti sopporta, se il sistema di questi infedeli ti riceve, ti ospita, ti tiene e ti mantiene.

Zitti quelli che in via Padova a Milano ci trovano “esperimenti sociali” anziché la constatazione del completo fallimento delle loro teorie oniriche.

Zitti quelli che a maggiore violenza vogliono reagire con sempre maggiore comprensione, e arrendevolezza, e cecità. Zitti tutti gli stronzi armati di palloncini, di gessetti, di slogan balordi, di lagne e girotondi, di esibizionismo sulla pelle dei trucidati, di una sola voglia forte, prepotente, violenta: non far niente, accettare tutto, incolparsi sempre per il sangue innocente.

Zitti quelli che non imparano dall’esperienza di mille traumi. Quelli che si amputano la memoria. Quelli che se bruciano una cattedrale ridono compiaciuti perché è il simbolo dell’imperialismo cristiano e in fondo sono tutti monumenti da demolire. Zitti quelli che sono sempre pronti ad incolpare Cristoforo Colombo, le Crociate, il Dio vendicatore della Bibbia.

Zitti quelli che non riescono a dire la parola magica e si rifugiano nelle circonlocuzioni vigliacche, i terrorismi “qualsivoglia”, il profondo dolore “per tutte le vittime”, il qualunquismo solidale per cui “ogni violenza è sbagliata”.

Zitti quelli che hanno imposto l’agenda e travolto la libertà prima di parlare, poi di pensare, infine di capire: lasciandoci solo quella di morire.

Zitta anche l’incredibile ministro della polizia, la Lamorgese che si arrampica sui vetri con le dita cosparse di sapone, nessuno poteva sapere, a nessuno risultava. Bella gente che hanno messo a tutelarci.

Zitti quelli che hanno spedito l’esercito a correr dietro a un vecchio con la mascherina di traverso e non a controllare queste schegge impazzite che non sono schegge, sono parte di un sistema diffuso e micidiale.

Zitta l’Unione europea che non ha saputo e non ha voluto mai intraprendere alcuna iniziativa, soluzione, prospettiva per combattere un terrorismo islamista ormai fuori controllo. Zitta la politica dei marinaretti al servizio di una noglobal troppo ricca e troppo annoiata, la politica surreale di quelli che volevano un tiranno come Erdogan in Europa. Stiano zitti anche quelli che stanno zitti perché un prete, un sagrestano, una anziana, un professore non valgono neppure un cordoglio di facciata.

Zitti i globalisti col culo degli altri, che vogliono sempre più afflussi ma poi li cacciano dai loro quartieri melliflui, dai loro parchi e giardini perché i poveri debbono stare coi poveri e debbono sbudellarsi tra loro.

Zitte le parlamentari cialtrone che vanno a parlare di diritti degli “ospiti” con la borsa griffata che costa come tre anni di affitto ad un povero diavolo che, magari, gli piglia un colpo e quando torna dall’ospedale trova il loculo occupato da una tribù che rifiuta di sgombrare.

Zitti i cardinali elemosinieri con le elemosine altrui, che aiutano gli accoglienti sovversivi a rubare l’energia elettrica e non solo quella. Zitto anche questo papa che non sta con gli ultimi, come sostiene, ma con quelli che gli piacciono, che considera ultimi a modo suo e gli altri li abbandona, nemmeno un pensiero di passaggio se cadono, da cristiani, sotto i fendenti di un coltello da cucina o una scimitarra.

Stiano zitti tutti questi, perché ad ogni testa che rotola cresce la loro complicità morale, la loro responsabilità di irresponsabili, il loro cinismo che li fa restare disumani.

Max Del Papa, 31 ottobre 2020, 

 

domenica 1 novembre 2020

Mi chiamo Connery, Sean Connery



C’è un aspetto poco conosciuto della vita di Sean Connery, il famoso James Bond dello schermo, morto ieri alla veneranda età di 90 anni (pace all’anima sua).

Bene. Sean Connery, di origini scozzesi, è stato certamente un divo dello schermo, capace di far sognare generazioni di spettatori. Le sue interpretazioni dell'agente 007 hanno lasciato il segno nella storia del cinema e, anche a non voler ricordare altro, la sua interpretazione di Guglielmo da Baskerville nel “Nome della rosa”, tratto dal romanzo di Umberto Eco, è diventata giustamente famosa.

Forse però non tutti sanno che ad un certo punto della sua vita Sean è stato attirato dal demone della politica. Per lui, Scozzese, non c’era nemmeno l’imbarazzo della scelta. Da tanti anni la Scozia si è accorta che il dominio inglese nel Regno Unito è diventato insopportabile e, a torto o a ragione, rivendica l’indipendenza. Sean, dopo essere diventato ricco e famoso, si è accorto che il suo cuore batteva per la Scozia e di tale indipendenza è diventato con entusiasmo un convinto e fanatico assertore. Tale posizione ha contribuito del resto ad aumentarne il prestigio e la fama.

Senonché il MI5 (il potente servizio segreto inglese) non poteva dare gratis la figura di Sean alla causa dell’indipendentismo scozzese e si è dato da fare. Per evitare brutte figure alla Monarchia inglese, perché un rifiuto ne avrebbe sminuito il prestigio, ha interpellato segretamente l’attore sulla sua disponibilità ad accettare il titolo di Sir (Baronetto) dalla Regina Elisabetta.

Pare che l’attore abbia solo chiesto un paio di giorni per riflettere, ma alla fine Sean Connery, il famoso Sean Connery, l’alfiere e campione dell’indipendentismo scozzese, ha detto sì.

Ebbene, dopo essere diventato Baronetto di Sua Maestà Britannica, Sean ha dimenticato la Scozia, Glasgow, Edimburgo, Maria Stuarda e l’indipendentismo.

Sean Connery grande attore? Certo! Grande uomo? Forse.

Ezio Scaramuzzino

Per chi ne avesse voglia, sotto, il link all’inno nazionale scozzese, che è uno dei più belli in circolazione. 

  Flower of Scotland