Nel primo pomeriggio di un giorno caldo e
luminoso di metà Giugno, Corrado Della Torre,
con la moglie e la figlia di cinque anni, si recò a far visita al suo
amico Corrado Malaguzzi, che abitava all’altro capo della città. Da tempo le
due famiglie intrattenevano cordiali rapporti, alimentati e favoriti dal primo,
che a stento riusciva a dissimulare una sua segreta attrazione per la signora
Laura Malaguzzi. Attrazione di cui sua
moglie Anna si era talvolta accorta, ma che la stessa tollerava con una certa
indulgenza, considerandola innocente e tutto sommato innocua. Di nulla invece
si era accorto il Corrado Malaguzzi, che con il suo atteggiamento torpido e
bonario era convinto che i continui complimenti e le continue attenzioni
dell’amico nei confronti di sua moglie Laura
fossero del tutto spontanei e disinteressati.
I Della Torre, giunti a destinazione,
notarono un insolito tramestio nei pressi dell’abitazione: i loro amici erano pronti
ad una puntatina in Sila, per far conoscere le bellezze della montagna
calabrese a due suore, una vestita di bianco, sulla trentina, bella, dalla
carnagione chiara e dal portamento eretto, l’altra vestita di nero, dall’età
incerta ma chiaramente anziana,
piuttosto corpulenta, anonima e dalla pelle untuosa ed olivastra. Furono fatte
le presentazioni:la suora giovane era sorella della signora Malaguzzi, mentre
la suora anziana era la sua superiora. Il Della Torre ignorava l’esistenza di
quella giovane consorella, di cui non aveva mai sentito parlare, ma non poté
fare a meno di notare che rassomigliava incredibilmente alla signora Laura, di
cui sembrava addirittura gemella. Dopo
le presentazioni, Corrado Della Torre venne
invitato ad unirsi alla comitiva e non se lo fece ripetere due volte,
pur fingendo una preventiva, rapida consultazione con la moglie.
Sulla sua auto prese posto la suora vestita
di bianco, che si sistemò sul sedile posteriore di fianco alla figlia, mentre
la suora vestita di nero si sistemò su quella dell’amico, accanto ai suoi due
figli. Le due auto procedettero tranquillamente lungo i tornanti della Sila e,
dopo circa un’ora, giunsero a Camigliatello, dove quel giorno erano convenuti
tanti turisti. I negozi del corso
principale erano stati letteralmente
presi d’assalto e sui marciapiedi era
quasi impossibile camminare, perché la gente procedeva lentamente,
accalcandosi, come in una fiera. Le due auto
dovettero girare a lungo per trovare un parcheggio e solo dopo molte
ricerche fu trovato un posticino quasi fuori paese e in una traversa
secondaria.
Il gruppo si spezzò subito in due: la
signora Della Torre, con la figlia, si unì all’amica, al marito dell’amica, ai
suoi due figli ed alla suora vestita di nero; seguivano a breve distanza la suora vestita di bianco e Corrado Della
Torre, curioso di apprendere qualcosa intorno al mondo per lui misterioso e sconosciuto dei monasteri. Chiese subito
alla suora di ripetere il suo nome e, nel mentre poneva la domanda,
notò che la sua figura era distinta e ben curata, con la pelle che appariva liscia come la seta
e che, a toccarla, si sarebbe certamente rivelata morbida come il velluto.
Lei di rimando:
-Il
mio vero nome è Leotelma, ma nel nostro ordine non è consentito mantenere il nome
anagrafico e così ho scelto il nome di suor Ines.
Corrado
ricordò che qualche anno prima, in un casino, aveva conosciuto una prostituta
con lo stesso nome e il ricordo lo fece rimanere perplesso.
-Non
mi sembra un nome adatto ad una suora, replicò.
-Perché?,
fece lei.
Corrado
le rivelò il motivo e si accorse che la giovane suora era arrossita
leggermente.
Procedevano nella calca sotto il sole
martellante e lui cercava di proteggerla dagli spintoni più o meno casuali,
standole dietro e cercando di guidarla. A volte la teneva leggermente in vita,
a volte si limitava a sfiorarla con la mano, mentre tutta quella gente, intorno
a loro, andava di fretta, in un via vai
frenetico ed a tratti tumultuoso.
Lei prese
a raccontargli della sua vita:era stata novizia all’età di venti anni,
era rimasta per sette anni nel convento,
infine il Vescovo l’aveva messa a capo
della segreteria amministrativa della diocesi, il che le aveva consentito di
mettere a frutto il suo vecchio diploma di ragioniera. Aggiunse che il successivo sette luglio avrebbe compiuto trentadue anni. Ines gli
parlò poi della diocesi, delle sue ricchezze, delle sue rendite, della
manomorta ecclesiastica. Corrado le chiese dei particolari e arrivò perfino a chiederle del costo di una
Messa per le anime dei defunti. Lei
precisò che il costo dipendeva dal tipo di Messa: semplice, solenne,
cantata, e lui non poté fare a meno di
pensare e di dire , per quella strana associazione di idee che sempre gli
faceva mescolare il sacro con il profano, che anche nei casini il costo di una
prestazione era triplice: semplice, doppia, nottata. Al che Ines arrossì ancora
una volta e questa volta in modo violento.
Nel procedere su quel marciapiede tanto
affollato, avevano perso completamente i contatti con il resto del gruppo. Però
non si preoccupavano, perché l’appuntamento alle auto, per il rientro a casa,
era fissato per le 20,30 e quindi avevano ancora quasi due ore a
disposizione. Suor Ines tenne a precisare che era venuta in Calabria con la sua
superiora, non per una vacanza, ma per tenere un corso di catechismo a dei
ragazzi che dovevano prepararsi alla Prima Comunione. Nel mentre procedevano nella ressa e cercavano di
dialogare nel vocio confuso degli estranei, capitò una volta che le mani di Corrado finissero col premere decisamente sui fianchi morbidi
della suora, la quale, con delicatezza
ma con altrettanta decisione e
prontezza, si preoccupò di toglierle e di allontanarle da sé.
Erano entrambi accaldati e si fermarono ad
uno zampillo d’acqua fresca per bere qualche sorso. Ines, dopo essersi
dissetata, si tolse gli occhiali scuri, per pulire i vetri vistosamente
appannati. Lui notò che la suora aveva gli occhi azzurri e le sopraciglia
sottilissime. Notò le sue mani curate ed affusolate ed un nasino, che dava
armonia all’ovale del viso, di carnagione chiara: decisamente lei era una donna
bellissima, pur con i capelli lunghi e
biondi, di cui si intravedeva solo qualche filo, ben nascosti in quella specie
di copricapo tipico delle suore. Le sue labbra, rosse e delicate, si movevano
dolcemente ad accompagnare il suono delle parole e a lui venne voglia di
baciarle, per assaporarne la fragranza. Una volta si protese istintivamente
verso di lei, quasi senza accorgersene, e si fermò appena in tempo, davanti ai
suoi occhi dilatati dallo spavento. Poi chiese a suor Ines il permesso di farle una domanda, alla quale, se voleva,
poteva non rispondere. Avutone il consenso,:
-Mi dica, sorella, quanti
ragazzi ha fatto impazzire d’amore, prima di farsi suora?
Lei
sfoderò un sorriso luminoso, mostrando una fila di denti perfetti e candidi e rispose, dandogli del
tu:
-Ma
ti sembra questa una domanda da fare ad una suora? Io sono entrata in convento
a diciotto anni e non ho fatto impazzire nessuno. Il mio amore è unicamente
rivolto al Signore e a tutte le creature bisognose…
-
Io sono una creatura bisognosa d’amore, replicò Corrado, e morire con la voglia
di Ines, anzi di Leotelma, mi deprime e mi mortifica.
Lei
abbassò la testa e, a voce bassa,:
-Ti
prego, non dire queste cose, che mortificano anche me. E’ peccato approfittare
di una suora e le tue parole mi sembrano
una provocazione gratuita ed inopportuna.
Corrado divenne silenzioso e, approfittando
della confusione provocata dalla folla
che spingeva da ogni lato, le poggiò con decisione una mano sul fianco e la attirò verso di sé. Ines avvertì
chiaramente il senso di quella violenza che Corrado stava cercando di
esercitare nei suoi confronti e si ribellò:
-Non
mi toccare, te ne prego. E’ tutto molto imbarazzante e, se ci dovesse osservare
qualcuno, la cosa diventerebbe per me del tutto intollerabile…E poi sono una donna anche io, come le altre. Se mi
tocchi, potrei fare peccato, almeno di desiderio, e non voglio… ti scongiuro.
Queste parole risuonarono all’orecchio di
lui come un’ammissione di resa ed egli diventò baldanzoso e sicuro. Si sentiva
eccitato. Si pose alle spalle di Ines, tenendole le mani sui fianchi, e prese
ad oscillare sul suo morbido fondoschiena. Lei trasalì,
diventando sempre più rossa in volto ed impacciata nei movimenti. D’un tratto
lei si scansò di lato, per sfuggire a quella morsa che la vedeva soccombere,
ma lui ne approfittò per passarle la
mano sui glutei. Corrado poi la prese sottobraccio, ma lei, quasi implorandolo:
-Non
mi toccare, ti prego. Una suora non può essere presa sottobraccio da un uomo,
perché è cosa sconveniente.
Lui,
giovane di trentaquattro anni, era in preda ad una evidente agitazione. Si
trovava in una situazione incredibile e Ines gli faceva ribollire il sangue.
Poi, quasi singhiozzando, soggiunse:
-Di
me, innamorato pazzo di Leotelma, alla quale chiederei in ginocchio solo un
bacio, prima di chiudere gli occhi, non ti importa niente? A te importa solo di
salvare la faccia e di stare in pace con la
tua coscienza di buona suora cattolica, apostolica, romana. Io ho voglia
di un tuo bacio, ma, siccome è cosa impossibile, morirò con il desiderio e tu
resterai soltanto un meraviglioso sogno… nel cassetto!
La
suora taceva, ma lasciava che il giovane
le camminasse dietro, tenendola per la vita,
e lo lasciò fare anche quando
lui di tanto in tanto incominciò ad
accostarsi a lei, per farle sentire il calore del suo corpo ormai preda di un
desiderio incontrollabile. Ma quando la manovra incominciò a diventare più
frequente, Ines reagì:
-Ti
prego, diceva, non mi devi toccare continuamente, perché così mi togli il sonno
e mi costringi a peccare. Poi sarei costretta a confessarmi e c’è il rischio che il mio direttore
spirituale non mi dia nemmeno l’assoluzione, dal momento che da più di un anno
mi circuisce con insistenza, mentre io resisto con ogni mezzo, riportandone
soltanto dolore, umiliazione e vergogna. Ti prego di scusarmi per lo sfogo e di
dimenticare ciò che ti ho appena detto.
Fra di loro calò il silenzio. Procedevano
fra la gente, ognuno per conto proprio, tanto che Corrado si ritrovò un po’ più
avanti a lei e spesso dovette
attenderla, fermandosi. Ad un certo punto lei si sentì stanca e, raggiunto
Corrado, gli si attaccò al braccio sinistro, dicendogli:
-Non
mi lasciare indietro. Se ti fa piacere ti tengo io sottobraccio, come se tu
fossi un mio fratello o un mio parente.
-Certo,
rispose lui, mi fa piacere, anche se muoio dalla voglia di abbracciarti e
baciarti.
-Questo
non è possibile, replicò la donna, anche perché siamo in una pubblica via e poi
domani pomeriggio partirò e forse non ci rivedremo mai più.
Corrado
concluse:
-Questo
è il destino di noi poveri mortali:vivere di sogni che non si
realizzeranno e conservare nel cuore
solo i ricordi. Ma io, di te, quale ricordo conserverò nel cuore? Nulla,
nemmeno una foto, nemmeno una carezza, nemmeno il profumo soave di un bacio.
Suor Ines sorrise compiaciuta di quelle
parole, che la riportavano ai sentimenti più veri, all’amore, custode geloso di
palpiti nascosti, di sospiri soffocati nella disperazione di un vivere amorfo,
senz’anima, senza emozioni, senza calore. Si sentiva come un fiore, che
sbocciava tardi sotto il sole di primavera, per aprirsi alla vita ed inondare
del suo profumo l’aria circostante. Cominciò a stringere quel braccio, con
forza, con trepidazione e passione, per gustarne i muscoli ed il tepore della
pelle.
Corrado avvertì che qualcosa, come un
miracolo, stava nascendo in quella
meravigliosa creatura, vestita di bianco come una sposa. A più riprese le
avvolse il fianco con il suo braccio vigoroso, per farlo poi ricadere
lentamente, mentre lei si aggrappava con sempre più forza, stringendolo in una
morsa, come per ribadire che anche lei era
viva e capace di slanci. Poi,
vinta dalla ostinazione di lui, che pareva volesse spogliarla con gli occhi,
nonché dalle sue suppliche perché gli lasciasse almeno un ricordo, gli promise
che l’avrebbe ricordato nelle sue preghiere e che, siccome lo riteneva una persona
speciale, gli avrebbe lasciato un piccolo ricordo, da custodire nel profondo
del cuore.
La serata stava per finire. I due si
avviarono lentamente verso le auto, mentre la folla non accennava a diradarsi. Il
sole si era appena nascosto dietro i monti, ricoperti di pini secolari, quando
i due scorsero gli altri che stavano arrivando in gruppo. Suor Ines,
sollecitata da Corrado, si chinò per entrare nell’auto sportiva, che aveva solo
due portiere, per prendere il suo posto dietro al guidatore. Lui ne approfittò per affondare, nell’attimo in cui era china,
il palmo della mano destra nel suo
vestiario multistrato e trasmetterle così il calore di un’ultima carezza.
Giunsero poi gli altri e tutti ripresero nelle auto lo stesso posto
dell’andata. Intanto si era fatto buio e
la cittadina si era illuminata di tante luci
al neon, dei più svariati colori, che diffondevano il loro chiarore
sulle vetrine dei negozi e sulla strada ancora affollata.
Partirono
e dopo pochi minuti si ritrovarono immersi nel buio della notte. La macchina di
Corrado Malaguzzi, che era meno veloce, faceva da battistrada. Dopo dieci
minuti la bambina di Corrado Della Torre dormiva già profondamente, con la
testa sul fianco di suor Ines, che da parte sua si era appoggiata al sedile del
pilota, infilando furtivamente la mano sinistra fra lo schienale e la portiera.
Al buio, mentre la moglie Anna teneva gli
occhi puntati sul nastro d’asfalto, la suora riuscì a passare la mano sotto la
maglietta di cotone di Corrado Della Torre e a portarla, delicatamente, sulla
mammella sinistra di lui, che non credeva quasi a quanto stava accadendo. Sentiva che lei gli premeva
sul muscolo pettorale e lo accarezzava con
passione, tanto che lui non stava
più nella pelle e dovette fare uno sforzo supplementare per riuscire a
controllare la sua guida. Poi lei prese ad abbassare lentamente e dolcemente la
sua mano. Suor Ines aveva mantenuto fede alla promessa appena fatta e quel
ricordo l’avrebbe accompagnato per tutto il resto della vita, come un dono raro
e prezioso, da tenere custodito nel profondo dell’anima.
Quando le auto arrivarono a destinazione, la
comitiva si sciolse. Davanti ad un lampione che illuminava la strada, si
procedette agli ultimi saluti. Erano tutti stanchi e solo il Corrado Malaguzzi, svegliatosi dal consueto
torpore, sembrava avere ancora voglia di intrattenersi: si rivolse al suo amico
con trasporto e lo ringraziò della compagnia, mentre tutti gli altri si
scambiavano abbracci e baci. Poi il Della Torre si diresse verso la sua auto e,
mentre si apprestava ad entrare, non poté fare a meno di riflettere:
-Siamo
solo all’inizio ed il resto verrà da sé. Non potrà non venire, perché qui di
Corradi ce ne saranno anche due, ma l’unico vero Corrado, l’unico con gli
attributi, modestamente sono io.
Alfredo Giglio
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