sabato 16 dicembre 2023

Buon viaggio, Lu!

 



Ieri, 15 dicembre 2023, a Catanzaro è deceduto Ludovico Scaramuzzino. Ludovico Scaramuzzino era mio fratello. Oggi, durante le esequie, mi rivolgerò a lui con le seguenti parole.

Caro Ludovico, caro fratello mio, eravamo in cinque tra fratelli e sorelle e tu sei il terzo che se ne va. Quando mi è stata comunicata la notizia del tuo ultimo, lungo viaggio, sono rimasto sgomento.  Ma questo sgomento non mi ha impedito di riprendermi e di pensare che fosse opportuno dedicarti queste mie parole, che, oltre ad essere le ultime, sono anche le parole che in precedenza non ti ho forse mai detto. Per pudore, per timidezza, certamente per discrezione, per quella discrezione che ha sempre caratterizzato i nostri rapporti ed ha conferito ad essi il fascino del rapporto familiare e dell'amore fraterno. Ebbene, fratello mio, sappilo che io ti ho voluto bene e ti ho amato, con quell'affetto che la tua scomparsa rende ancora più straziante ed è destinato a durare per sempre, a travalicare i confini della vita e della morte, del ricordo e della speranza, i limiti imposti alla nostra condizione di uomini. Io non posso dimenticare alcuni episodi della nostra vita in comune. Di quando, ancora bambino, correvo al pullman proveniente da Crotone, perché sapevo che c'eri tu che arrivavi. Ed io prendevo una lunga rincorsa e letteralmente correvo verso di te. E tu mi abbracciavi al volo, badando che non cadessi e rimanessi stretto tra le tue braccia. Io non posso dimenticare di quando venivo a trovarti a Crotone, dove tu frequentavi il liceo, e la sera mi portavi al cinema. Erano i primi anni cinquanta e, grazie a te, conobbi le meraviglie dello schermo ed i film di Stanlio e Ollio e di Totò. Ricordo quando tu giocavi al calcio in una squadra di Crotone ed io ero orgoglioso di te, perché tu per me eri un grande campione, forse il più grande di tutti i tempi. Poi siamo andati avanti insieme nella vita. Siamo cresciuti, abbiamo creato delle nuove famiglie, siamo stati un po' lontani e siamo anche invecchiati ovviamente. Abbiamo attraversato momenti lieti e tristi, ma qualunque fossero gli accadimenti della nostra esistenza, nulla di certo ha potuto affievolire il nostro affetto, quell'affetto che del resto ha caratterizzato i rapporti nell'ambito della nostra famiglia. Ora siamo qui, caro Ludovico. Di fronte alla solennità della tua scomparsa sono quasi incredulo  e stento a credere che resterò ancora più solo di quanto già fossi. Ma io continuerò a ricordarti e continuerò a pensare che, anche in questa nuova condizione, continuerò a sentire il soffio del nostro affetto e di un legame che continuerà ad esistere. Ciao. Addio, fratello mio. Riposa in pace.

Catanzaro 16/12/2023                                                            Ezio

 

mercoledì 13 settembre 2023

Un ladro a Scandale, racconto (inedito) di Ezio Scaramuzzino

 


Non so come stiano le cose adesso, ma, quando io ero bambino, al paese, al mio paese, a Scandale, di veri ladri non se ne vedevano in giro. E la cosa si spiega facilmente. Si trattava di un paese povero e piccolo, dove c’era poco da rubare. Le auto si contavano sulle dita di una mano. Al massimo, ogni tanto, spariva qualche gallina e non so fino a che punto potesse essere considerato ladro chi rubava solo per mettere qualcosa nello stomaco.

Le cose cambiavano un po’ quando arrivavano gli zingari, che si accampavano alla periferia del paese e destavano un po’ di allarme tra la gente. Ma anche loro si limitavano a vendere qualche utensile in rame, dopo qualche giorno ripartivano e la vita ritornava ad essere sonnacchiosa come prima.

Eppure, in questo clima quasi idilliaco, anche al mio paese venne alla luce un ladro, divenuto abbastanza famoso, anche se, c’è da precisarlo subito, a Scandale si era limitato a nascere, perché il ladro l’avrebbe fatto a Milano, dove in seguito avrebbe compiuto le sue gesta.

Si chiamava Francesco Restivo, aveva poco più di quindici anni ed era il primo di otto figli tra femmine e maschi. Era una famiglia povera quella dei Restivo, nella quale vigeva una curiosa usanza. La casa era costituita da un unico stanzone, dove erano distribuiti vari letti e lettini e dove  non c’era posto per tutti, per cui la sera l’ultimo che arrivava restava in piedi oppure andava a dormire all’addiaccio. Era diventata  famosa in paese e oggetto delle risate dei paesani la vicenda di Francesco che una volta, svegliatosi verso l’alba, aveva aperto gli occhi ed aveva detto al fratello che gli dormiva accanto: “Giuva’, pari ca vi‘a méndula” (Giovanni, ho l’impressione di vedere il mandorlo). Nulla di particolarmente grave. Era semplicemente successo che durante la notte una tempesta di vento aveva fatto volare la fragile copertura della casa, per cui all’interno aveva fatto capolino qualche ramo di un mandorlo che cresceva lì vicino.

Comunque, mandorlo o non mandorlo, mangiare o non mangiare, dormire o non dormire, Francesco ben presto si era stancato di fare quella vita miserabile.

Una sera, mentre erano intenti a mangiare una povera cena, nel silenzio generale, Francesco attirò l’attenzione di tutti e disse:

- Papà, mamma, fratelli miei, sorelle mie, io non ce la faccio più a vivere a Scandale. Sono il primo della famiglia e voglio essere il primo a cercare fortuna e a partire.

- E che ti manca qui?, replicò il padre.

- Niente manca, per chi si accontenta, ma a me manca tutto. Mi manca perfino l’aria ed un posto per dormire.

E dopo qualche giorno, in una fredda mattinata di gennaio dei primi anni cinquanta, Francesco abbracciò i suoi familiari e partì, per Milano precisamente. E siccome era un ragazzo sveglio ed intraprendente, oltre che senza scrupoli, riuscì a fare fortuna, anche se soltanto come ladro. Erano gli anni di Luciano Lutring, il solista del mitra, come era chiamato dai cronisti, ma il nostro Francesco non era a quei livelli. Era, si direbbe oggi, un ladro di serie B, ma approfittò del clima dell’epoca e, pur visitando abbastanza spesso le patrie galere, riuscì ad accumulare una discreta fortuna.

A Milano si sposò anche, con una ragazza del quartiere di Rogoredo, uno dei più malfamati della città. Stava sfuggendo ad una retata della polizia e si era infilato in un portone. Questa ragazza l’aveva visto, aveva capito tutto, l’aveva fatto entrare a casa sua con la complicità della madre che era sarta e vedova di uno dei tanti ladri della zona. Lo fecero nascondere in uno sgabuzzino a scomparsa, che in precedenza era stato  utilizzato dal marito della sarta, quando, anche lui, ogni tanto aveva bisogno di scomparire per qualche giorno, o per qualche ora.

Francesco si annoiava in quello sgabuzzino che prendeva aria e luce solo da un finestrino posto in alto: incominciò a sbuffare, poi a smaniare e, pur di aver qualcosa di cui occuparsi, tirò via dalla parete un calendario di frate Indovino. Ma quale fu la sua sorpresa quando si accorse che dietro quel calendario era stato praticato un foro! Accostò l’occhio e vide che quel foro dava direttamente sul laboratorio della sarta, anzi direttamente sul punto dove le clienti provavano i vestiti.

Vide di tutto quel giorno: seni, gambe, sederi, e vide anche una ragazza bellissima che lo mandò in estasi. Quando, verso sera, la ragazza che lo aveva salvato venne a portargli qualcosa da mangiare, Francesco ebbe l’idea di provarci, ma la cosa non andò a buon fine, almeno per quella prima volta. Le disse:

-Mi hai salvato e te ne ringrazio, ma ancora non so nemmeno come ti chiami. Io mi chiamo Francesco, Francesco Restivo e sono Calabrese.

-Sei un terùn, allora. Ma di dove, precisamente?

-Della provincia di Catanzaro, rispose genericamente, ritenendo  che fosse inutile dare indicazioni più precise.

-Ma proprio, proprio di Catanzaro?

-Beh, veramente sono di Crotone, replicò, ritenendo sufficiente questa indicazione.

-Ma proprio, proprio di Crotone?, continuò la ragazza

-Beh, veramente sono di un paesino a 20 km di distanza, Scandale, che certamente tu non conosci.

-Ma và a dà via i ciapp (vaff… in milanese). Mio nonno era di Scandale ed abitava in via Cafone del Molinaro. Si chiamava Tallarico ed io mi chiamo Cesira, Cesira Tallarico.

I due, ridendo, si scoprirono compatrioti, compatrioti all’estero e tutto questo indusse Francesco a diventare un po’ più audace e ad allungare una mano.

-Sta a l’indree, te se propri un pirla! (Stai dietro, sei proprio un cretino).

La cosa finì lì, al momento, ma i due si rividero in seguito, si frequentarono e qualche mese dopo si sposarono in una chiesetta della periferia, alla presenza di pochi invitati, tra i quali non mancavano alcuni rappresentanti della mala milanese.

Passarono gli anni e, grazie alla sua intraprendenza ed alla sua abilità, Francesco era intanto riuscito a raggiungere un certo livello di benessere, oltre ad una certa stima ed un certo rispetto nella cerchia dei ladri di Milano.Viveva in un bell’appartamento, vestiva elegantemente, aveva una macchina di lusso, viaggiava spesso, si poteva permettere quasi tutto. Tra l’altro viveva anche tranquillo, perché aveva ridotto la sua attività di ladro a pochi colpi, sicuri e quasi senza rischio.

Ma non era del tutto contento della sua vita. Intanto non era riuscito ad avere figli dalla sua Cesira, e questo gli dispiaceva molto, e poi ormai era troppo tardi per cercare di averne, perché stranamente, inspiegabilmente, si accorse che si sentiva vecchio. Ma la cosa che lo angustiava di più era una strana e struggente nostalgia che da qualche tempo lo aveva preso: nostalgia per il suo paese natio, per la sua famiglia di cui ormai sapeva ben poco e con cui già da tempo aveva tagliato ogni rapporto. Sapeva soltanto che i suoi vecchi erano morti, che molti suoi fratelli e sorelle erano emigrati in America, ma tutto in modo nebuloso e senza nulla di concreto.

Un giorno si decise ad affrontare l’argomento con Cesira.

-Tesoro, che ne diresti di trascorrere la nostra vecchiaia a Scandale? Qui non abbiamo nessuno e invece lì potremmo rifarci una vita, come se fossimo giovani e ricominciassimo da zero.

Cesira, che in fondo aveva piacere di conoscere i luoghi di origine della sua famiglia, si lasciò convincere facilmente. E l’anno successivo si ritrovarono al paese, dove acquistarono una villetta isolata in zona periferica.

Appena arrivato, Francesco andò a vedere con un po’ di ansia la casa in cui era nato, ma la trovò diroccata. Chiese discretamente notizie in giro, ma nessuno sapeva dargli notizie precise, per cui si mise il cuore in pace e non ci pensò più.

Decise di vivere la sua nuova vita in maniera discreta, limitandosi soltanto a frequentare gli ambienti della parrocchia e diventandone anzi uno dei frequentatori più assidui e convinti. Lui e la moglie non mancavano mai alla Messa domenicale, alle varie cerimonie liturgiche e Francesco ci tenne a diventare il presidente del comitato che organizzava la festa annuale della Madonna del Condoleo, di cui era diventato il finanziatore più generoso. Sembrava che con la loro nuova vita Francesco e Cesira volessero quasi espiare le turbolenze della loro vita precedente ed in tutto il paese erano apprezzati e discretamente riveriti.

Ancora oggi, se si va in visita alla chiesetta della Madonna del Condoleo a Scandale, è possibile sedersi su un banco che riporta una vistosa targhetta: DONO DELLA FAMIGLIA FRANCESCO E CESIRA RESTIVO.

Erano gli anni sessanta del secolo scorso e, in una serata di novembre, Francesco e Cesira avevano appena finito di cenare e si stavano preparando a vedere, in cucina, su un monumentale televisore in bianco e nero, la puntata settimanale della famosa trasmissione Lascia o raddoppia, presentata dal mitico Mike Bongiorno. Erano soli in casa, in vestaglia e pantofole, come d’abitudine, perché non erano soliti invitare qualcuno e d’altra parte, per il fatto di vivere in una villetta isolata, non avevano l’assillo di un problema allora molto diffuso in paese. I possessori di un televisore erano ancora molto pochi, fortunati o sfortunati che fossero, e questi pochi si vedevano ogni sera la casa invasa da parenti, amici e vicini, che accorrevano per vedere la TV allora ai primi passi.

La trasmissione era iniziata da un bel po’ ed i due erano molto attenti a seguirla, quando Francesco, che per deformazione professionale aveva sviluppato un udito eccezionale, ebbe l’impressione di sentire un rumore nella stanza vicina.

-Hai sentito?

-Che cosa?

-Un rumore strano.

-Non ho sentito niente. Cerco solo di sentire la trasmissione.

-Mah…

Dopo qualche minuto, Francesco ebbe l’impressione di sentire ancora un rumore provenire da una delle stanze.

-Hai sentito?

-Ancora?!

-Ho sentito un altro rumore.

-E io non sento niente.

-Mah…

Francesco continuava a stare attento ai rumori, ma non sentiva più niente. Pensò di essersi sbagliato. Dopo alcuni minuti ancora, sentì provenire chiaramente il rumore di una sedia che cade per terra. Questa volta non disse niente a Cesira.

Si alzò silenziosamente e aprì con delicatezza la maniglia di una porta che dava nel corridoio. Era tutto buio e silenzio. Si mosse con circospezione, lentamente, attento a non fare il benché minimo rumore e trattenendo quasi il respiro. L’aria tutt’intorno sembrava ferma e soltanto da una finestra poté notare che fuori una impercettibile brezza di vento moveva leggermente le foglie degli alberi rischiarati dalla luna. Avanzò in silenzio fino ad arrivare alla porta del suo studio. Aprì la porta, entrò, accese la luce e vide che tutto era in ordine. Continuò a procedere nel buio e si fermò davanti alla porta di un ripostiglio. Anche qui aprì, accese la luce, tutto in ordine. Continuò a procedere nel buio e si fermò davanti all’ultima porta del corridoio, che dava nel salone. Trattenne il respiro per qualche secondo, poi respirò profondamente, aprì e contemporaneamente accese la luce.

        Quello che gli si presentò davanti agli occhi fu come un fotogramma bloccato nella trasmissione di un video: due persone, apparentemente giovani, uno di fronte e l’altro di fianco, ciascuno con in mano due candelabri d’argento, che fino a qualche minuto prima facevano bella mostra di sé su una mensola del salone. I due erano rimasti bloccati dall’improvvisa accensione della luce, quasi incapaci di muoversi e con gli occhi spalancati davanti allo sconosciuto padrone di casa, che intanto si stava avvicinando.

Francesco si avvicinò lentamente, ma risolutamente, come spesso avviene nei sogni, quando i movimenti appaiono rallentati. Per prima cosa tolse loro i candelabri e li ripose su un tavolo, senza incontrare la benché minima resistenza. Poi disse:

-Mi conoscete? Sapete chi sono?

-No, non ti conosciamo, non sappiamo chi sei, ma perdonaci, perché noi rubiamo solo per necessità, rispose uno dei due.

-Allora ve lo dico io chi sono. Io sono Francesco Restivo. Avete mai sentito parlare di me?

-Certo che ne abbiamo sentito parlare. Ma non sapevamo che questa fosse casa tua. Ti chiediamo perdono.

E così dicendo, si prostrarono e caddero in ginocchio davanti a lui.

-Allora vi perdono. Ma per il futuro un consiglio ve lo voglio dare. Quando rubate, rubate soldi, non oggetti come i candelabri, perché i soldi sono di tutti e di nessuno ed è facile scambiarli, mentre i candelabri possono sempre essere rintracciati e questo può procurarvi soltanto guai.

Poi li prese entrambi per la collottola, li accompagnò alla porta, assestò ad ognuno dei due un solenne calcio nel culo e li lasciò liberi di scappare. Infine si voltò indietro e vide la moglie, a qualche metro di distanza, che lo aveva seguito in silenzio, senza profferire parola.

Ritornarono insieme verso la cucina, finirono di vedere la trasmissione in tv e poi, placidamente, andarono a dormire, senza particolari patemi. Avevano visto ben altro nella loro vita e non si allarmavano certamente per un fatto che, tutto sommato, essi consideravano abbastanza banale.

Al mattino, come sempre, Cesira fu la prima ad alzarsi dal letto. Andò in bagno, si agghindò un pochino perché doveva arrivare in paese a sbrigare alcune faccende, poi, in cucina, preparò il caffelatte per il marito ed il latte per sé. Poi andò a chiamare il marito, che arrivò mezzo addormentato, e si sedettero a fare colazione. Infine Cesira gli disse:

-Già che vado in paese, se mi dai i soldi, pago anche una bolletta dell’energia elettrica che sta per scadere.

-Lo sai dove tengo sempre il portafogli: nel primo cassetto della scrivania, nello studio.

Cesira vi si diresse, ma dopo un po’ disse ad alta voce:

-Non lo trovo. Non c’è nel primo cassetto.

-Non trovi mai niente tu. Guarda bene. Ci deve essere. Lo lascio sempre lì.

-Non c’èeeeeeee…

-Arrivo.

Francesco si alzò e di malavoglia si diresse verso lo studio. Aprì il primo cassetto, il portafogli non c’era. Aprì il secondo, non c’era. Aprì il terzo, non c’era. Incominciò a preoccuparsi e rovistò dappertutto. Infine si sedette sulla sua poltrona, sfinito e scoraggiato, e sotto il cuscino avvertì un rigonfiamento. Infilò la mano e tirò fuori il portafogli. Lo aprì, con il cuore in gola: c’era tutto, ma i soldi non c’erano. C’erano i documenti, alcune ricevute, ma i soldi non c’erano. Eppure ci dovevano essere: ricordava bene che qualche giorno prima aveva fatto un prelievo sul suo libretto postale ed aveva conservato ben 200.000 lire nel portafogli. E poi come c’era finito il portafogli sotto il cuscino della poltrona? Non sapeva spiegarselo.

Ad un certo punto ebbe come un lampo e capì tutto. Scoraggiato, si alzò in piedi, si avvicinò a Cesira e l’abbracciò, quasi per consolarsi di quello che gli frullava in testa.

-Tesoro, disse, ci hanno fregato 200.000 lire. Però, che tempi! che mondo! non c’è più rispetto per nessuno…che tempi…che tempi…

Ezio Scaramuzzino

lunedì 24 luglio 2023

Giorgia: un anno dopo

 


A che punto è il governo Meloni dopo circa un anno di attività? I sondaggi sembrano indicare, al  momento, un leggero calo per Fdi ed un leggero incremento per Lega e FI. Ma non è questo il punto, perché la situazione è in evoluzione, in attesa delle elezioni europee, ed ulteriori sviluppi non sono da escludere.

Piuttosto è possibile indicare un provvisorio, primo, bilancio della sua attività? Io l'ho votata questa maggioranza e non nascondo che avevo riposto su di essa grandi speranze. Ma posso ritenermi soddisfatto? Onestamente no, anzi sono abbastanza deluso, anche se continuo a sperare. Certo mi considero abbastanza scafato e non mi lascio incantare, o condizionare, dalle continue e violente critiche dell'opposizione, che si limita a fare il suo mestiere e finora si è limitata a chiedere le dimissioni di mezzo governo per i motivi più vari. "Lollobrigida è un ignorante, Nordio è un incapace, Piantedosi è un razzista, Santanché è una truffatrice", solo per ricordare alcuni casi.

Però...però tutto fila liscio per il Governo? Certamente no, anche se non dimentico alcuni aspetti positivi, come una certa stabilizzazione della situazione economica e finanziaria  ed un accresciuto prestigio, in ambito europeo e mondiale, del nostro Paese. Ma è tutto qui? E' tutto qui, purtroppo, a parte qualche sporadica iniziativa per tappare falle momentanee e qualche riforma, che per il momento si trova solo allo stato iniziale.

E di colpe se ne possono addebitare? Certo, qualche colpa c'è e non di poco conto. Rilevo subito qualche propensione di esponenti politici della destra a parlare troppo ed in modo poco opportuno, prestando così il fianco ad accuse che non sempre appaiono pretestuose. Ma la colpa più grande, l'errore più grande, l'inadeguatezza più grande si rileva, purtroppo, in quello che è da considerare attualmente il problema numero uno della politica italiana, cioè quello dei clandestini, con il conseguente problema legato all'ordine pubblico.

Per carità di patria, non parlo qui dei blocchi navali e del pugno di ferro di cui parlava la Meloni in campagna elettorale. Capisco bene che una cosa è promettere, altro è mantenere le promesse.

E poi non vedo in giro altri politici che, come Salvini, siano disposti a metterci la faccia ed eventualmente a pagare di persona. Noto ancora che lo stesso Piantedosi, che all'inizio sembrava pieno di tanto fervore, attualmente appare dimesso e rientrato nei ranghi.

D'altra parte la Meloni ormai, pur di non essere attaccata, attua in merito una politica di completo appiattimento e, come coloro che l'hanno preceduta, fonda le sue speranze sul coinvolgimento dell'Europa, con una politica , che da circa trent'anni appare ormai nauseante e stomachevole, oltre che buona soltanto a guadagnare tempo.

Intanto gli sbarchi continuano con un crescendo allucinante e spaventoso, mentre lei, la Meloni, è tutta indaffarata ad organizzare meeting, incontri bilaterali e conferenze varie.

Ora se lei non capisce, o fa finta di non capire, che i clandestini sono il problema numero uno dell'Italia; che questo grosso problema ha ricadute tragiche ed irreversibili sull'ordine pubblico; che anche la stessa tenuta economica del nostro Paese è strettamente collegata a questo problema, a causa delle spese infinite che esso comporta e che non sono adeguatamente compensate dall'UE; che il nostro Paese, in ogni caso, anche per la sua dignità, non può diventare la fogna di raccolta di tutti i mali e di tutti i problemi del mondo; che chi l'ha votata e/o ha creduto in lei è sempre più sbigottito di fronte alle cifre sempre crescenti di questa alluvione.

Orbene, se la Meloni non capisce tutto questo, è destinata a scomparire quanto prima anche lei, come le tante meteore che l'hanno preceduta.

Giorgia, ti prego, datti una mossa!


giovedì 15 giugno 2023

Parce sepulto

 



Da qualche tempo avevo  preso l’abitudine di impostare i miei rari interventi di commento politico su un registro di leggerezza e di disincanto, ormai convinto del fatto che la politica italiana spesso si muove in un’atmosfera da minuetto o da commedia. Ma, di fronte alla scomparsa di  Berlusconi, mi sono accorto che un atteggiamento del genere sarebbe stato del tutto fuor di luogo. Il cordoglio per la sua scomparsa è stato quasi unanime, a prescindere dalle convinzioni politiche di ognuno. E dico “quasi”, perché anche in tale circostanza il solito gruppo politico-“culturale” non ha mancato di far sentire la sua voce dissonante, sulla scia di un antiberlusconismo monomaniacale.

Nel giornale di riferimento, martedì 13 giugno, l’articolo di fondo era costituito da una serie interminabile di parole, di nomi e di riferimenti distorti alle vicende politiche e giudiziarie del cavaliere, con il chiaro intento di demonizzarlo e di evitare che l’Italia tutta diventasse “un’immensa Mediaset a reti unificate”.

L’autore dell’articolo non riusciva a capire che quella cavalcata a ritroso tra le vicende del Berlusca costituiva invece la riabilitazione del calunniato, perché ricordava, ove mai ce ne fosse stato bisogno, che quell’uomo, quell’imputato, era stato sottoposto a 37 processi e che solo in uno  era stato condannato per evasione fiscale, con una sentenza risibile in un processo da repubblica delle banane. Ma tant’è. Bisogna fare il callo anche a questo.

Berlusconi fu un grande imprenditore e, in tale veste, rivoluzionò il mondo della comunicazione, della TV, dello sport, dello spettacolo. Fu anche un valente uomo politico. Era un liberale (non liberal, come nel mondo anglosassone) e volle estendere i confini della libertà oltre i confini angusti delle libertà individuali, fino ad abbracciare il mondo delle imprese, del commercio, dell’economia, della finanza. Fu a lungo Presidente del consiglio, ma non sempre riuscì a mettere in pratica i suoi intendimenti, dal momento che i suoi alleati, Bossi, Casini, Fini, più che collaborare, si rivelarono bravi ad aguzzare l’ingegno solo per creargli difficoltà.

Berlusconi ha dato il suo nome ad un intero ciclo della vita politica italiana, rivoluzionando anche il linguaggio politico e perseguendo un contatto diretto con gli elettori. E’ stato spesso calunniato ed avversato in modo feroce e spasmodico dai suoi oppositori, ma, nonostante tutto, ha conosciuto anche momenti di gloria. E mi piace ricordare tra questi eventi gloriosi l’incontro tra Bush e Putin a Pratica di Mare, perseguito, favorito e realizzato da Berlusconi, mentre il mondo, dopo il terribile attentato alle Torri gemelle, era alla ricerca di un periodo di pace sincera e di collaborazione tra le grandi potenze ex-nemiche. Ricordo ancora la ricostruzione post-terremoto in Abbruzzo, con il G7 all’Aquila ed il discorso di Onna, che costituì forse il momento più alto della sua carriera politica, con il suo chiaro tentativo di riconciliazione nazionale.

Negli ultimi tempi, è vero, la stella politica di Berlusconi si era appannata, a causa degli scandali sessuali, ingigantiti dalla magistratura e che comunque lo hanno visto assolto in tutti i processi. Ma non basta essere assolti per recuperare in pieno la propria credibilità. Un uomo politico di primo piano, un Presidente del Consiglio, anche se non commette reato, non può accompagnarsi disinvoltamente a ragazze sconosciute, che poi magari ti si mettono pure contro  e ti ricattano. E soprattutto Berlusconi è colpevole di non aver capito, o di non aver voluto capire, che quelle accuse non screditavano soltanto lui, ma colpivano e screditavano anche il movimento politico che egli aveva creato, sconcertando e avvilendo molti di coloro che avevano creduto in lui. Ed io tra questi.

Ma anche motivazioni politiche più profonde avevano incominciato a minare le fondamenta del suo movimento politico. Avvilito dalla pur ingiusta condanna penale per evasione, espulso dal Senato per la legge Severino applicata per la prima ed unica volta a suo danno, alla fine Berlusconi, l’indomabile, l’eroico, aveva finito con il diventare più cedevole e più disposto a rendersi accetto a quella parte che in Italia da sempre controlla le leve del potere effettivo. Negli ultimi tempi, pur dimostrandosi leale nei confronti del governo Meloni, troppo egli insisteva sulla sua presunta differenza con gli altri partners, che egli definiva “la destra”, mentre il suo partito avrebbe costituito il centro moderato e ragionevole. E non è da escludere che questi continui distinguo probabilmente possano avergli alienato molte simpatie degli elettori di destra.

Ma qui non intendo celebrare un processo politico o penale. Dinanzi alla dipartita del cavaliere, dinanzi alla dipartita di un uomo che ha comunque segnato la storia degli ultimi trenta anni, è soltanto opportuno fare l’unica cosa dignitosa e non sciacallesca che possa esserci concessa: partecipare al dolore ed attendere…Buon viaggio, cavaliere. 

venerdì 10 febbraio 2023

Meloni ed altre cucurbite


 

Lo ammetto: Giorgia Meloni mi è simpatica. Alle ultime elezioni politiche l'ho pure votata e quindi continua a sopravvivere in me quel feeling che, già da qualche anno, mi aveva spinto a condividere molte delle sue posizioni.

        In precedenza essa aveva suscitato in me solo curiosità, poi, a poco a poco mi sono detto che la nostra meritava ben più di una generica e banale simpatia. Era esploso intanto il fenomeno Meloni, travolgente ed improvviso. I sondaggi la davano in continua crescita, la sua autobiografia "Io sono Giorgia" diventava un caso editoriale e le critiche feroci a lei rivolte da molti oppositori politici, anziché danneggiarla, sembravano contribuire al suo successo.

        Io non mi entusiasmo facilmente, anche perché nel corso della mia ormai lunga vita ne ho viste tante e quindi il mio tratto distintivo è caratterizzato dal disincanto. Ma questa volta mi sono detto: vuoi vedere che la destra politica in Italia ha finalmente trovato un leader degno di questo nome?

Sapevo bene che tra il dire e il fare c'è un abisso e sapevo bene che altro è parlare dall'opposizione, altro poi è riuscire a mantenere le promesse fatte. Solo per fare un esempio, sapevo bene che quel suo parlare di blocco navale a proposito dell'immigrazione clandestina poteva risultare solo velleitario. Insomma non mi facevo troppe illusioni, ma mi sono convinto che si poteva almeno tentare.

        Poi, il 26 settembre scorso, è successo quel che è successo e la nostra Meloni, non solo ha vinto con l'appoggio di tutto il centrodestra, ma ha surclassato gli avversari ed è diventata primo ministro.

Sono appena passati i primi cento giorni del suo governo ed il mio giudizio è ancora sospeso. I tempi che viviamo sono semplicemente calamitosi, tra pandemie, guerra ed inflazione alle stelle, e voglio ancora accordarle la mia fiducia, ma è chiaro che deve darsi una mossa. Non quella di Ninì Tirabusciò ovviamente, anche perché lei non è una sciantosa. Ma lei, che ha detto di essere Giorgia, di essere cristiana, di essere Italiana, non ha mai detto di essere anche democristiana. Eppure... 

         Deve darsi da fare e non tergiversare, come sta avvenendo nel recente caso degli anarchici e del 41 bis. Dopo alcuni giorni di silenzio, ha saputo solo dire che tutti debbono abbassare i toni. "Abbassare i toni"? Per trenta anni la sinistra ha accusato Berlusconi di essere mafioso e ci sono ancora magistrati, al servizio del PD, che continuano ad indagarlo. E Rampelli e Delmastro non possono denunziare l'atteggiamento equivoco di certa sinistra tra Stato, anarchici, terrorismo e mafia perché diversamente sarebbero “istituzionalmente poco corretti”  ? E, quanto al cavaliere, puttaniere e vanesio, nessuno può certamente sostenere che è un santo, ma definirlo mafioso mi pare un po’ azzardato.

        Ma qualche giustificazione Giorgia ce l'ha. Lei deve superare non solo l'ostilità aperta dell'opposizione che (Emiliano docet) ha giurato di farle "sputare sangue", ma deve superare anche le insidie dei suoi alleati che, sotto sotto, non  si rassegnano a passare in seconda fila. Per il momento la nostra Meloni sopravvive e galleggia, ma è chiaro che questo non può durare a lungo.

        Di positivo, per una politica di destra, c'è la sua attenzione ai problemi di finanza pubblica, mentre i suoi alleati, pur di recuperare voti, non esitano talvolta a ricorrere ai vecchi sistemi della promessa continua, anche a costo di scassare i conti dello Stato e di mandare a carte 48 il debito pubblico, che costituisce ormai da decenni la palla al piede di qualunque governo.

        Che dire? Al punto in cui siamo, Meloni, pur senza strafare, si sta nel complesso confermando una leader. Certo lei stessa si rende conto che, per accontentare i suoi elettori, non può limitarsi a farsi fotografare davanti al presepe e ad esibire in qualche circostanza la figlioletta Ginevra, dichiarando che il suo orizzonte politico è legato ai cinque anni di durata governativa. Chiede, legittimamente, di essere giudicata  alla fine del suo mandato ed io riconosco le sue ragioni, anche perché capisco che, se anche lei non è il meglio, certamente è il meno peggio di ciò che passa il convento. E, con i tempi che corrono, questo è già molto. D'altra parte Meloni è Meloni, mentre gli altri, e tra questi includo il cavalier Berlusconi, il volenteroso Salvini, il parolaio Renzi, il sovrastimato Calenda, l'evanescente Letta, il miracolato Conti; tutti gli altri dico, tutti quelli, insomma, che le fanno una lotta esplicita o sotterranea, per il momento nulla possono contro di lei.

        La buonanima di Totò distingueva tra uomini e caporali. Noi dobbiamo almeno distinguere i meloni, gialli, intensi e saporiti, da altre cucurbite acquose e insapori, quando addirittura non dobbiamo distinguerli dalle zucchine e dai cetrioli, che abbondano sul palcoscenico della politica nostrana. D'altra parte la speranza è l'ultima a morire. E così sia.     

Ezio Scaramuzzino 



domenica 22 gennaio 2023

In vino veritas

 


Gli uomini si distinguono anche per la dimensione del cervello: esistono cervelli  grandi, medi e piccoli. Ma è sbagliato ritenere che, più grande è il cervello, più si è intelligenti, perché in questo caso conta quello che c’è dentro, non quanto ce n’è. Il discorso, ovviamente, si estende a tutti gli esseri viventi. L’elefante ha un cervello che pesa in media 4,5 kg, la balena ne ha uno di circa 10 kg, ma  l’elefante e la balena non sono più intelligenti dell’uomo che ha un cervello in media di 1,5 kg.

Perché questo discorso? Tutto è nato dalle polemiche suscitate dalla decisione dell’UE di consentire all’Irlanda di etichettare il vino come gravemente nocivo alla salute, equiparandolo di fatto al fumo di sigaretta. A tal proposito l’immunologa Antonella Viola, nota virostar televisiva, ha giustificato la decisione Ue, sostenendo, sulla base di uno studio condotto  dalla rivista Nature Communications, che chi beve vino sviluppa nel corso degli anni un cervello più piccolo.

Ora, a parte il fatto che questo studio, unico nel suo genere per poter essere considerato pienamente attendibile, ha suscitato varie polemiche ed è stato contestato da altre autorevoli fonti, è chiaro che il problema della nocività è strettamente legato al problema della quantità.

Se bere molto vino fa male come mangiare molta pasta e molta carne, o ingerire molti grassi e molti zuccheri, si può dire che faccia male anche la famosa “modica” quantità?

Io non sono medico, né scienziato, non ho la pretesa di dire agli altri quello che debbono fare nella vita, limitandone la libertà, perché riconosco agli uomini, se vogliono, anche la libertà di fare del male a se stessi, né ho la pretesa di conoscere la verità. Posso solo dire quello che ho fatto io e raccontare brevemente il mio rapporto col vino.

Io fino a trent’anni non ho bevuto vino, e non perché potesse farmi male, ma perché, semplicemente, mi disgustava. Poi, più o meno  all’età in cui sono convolato a giuste nozze, anche su insistenza degli amici, ho incominciato ad assaporarne un pochino, poi a berne un po’ di più. Raramente ho ecceduto, ma oggi posso chiaramente dire che il vino mi piace e lo bevo volentieri. Non bevo nemmeno vini costosi, che oltretutto non potrei nemmeno permettermi, ma, ad ogni pasto, se non ho il mio mezzo quarto, un ottavo di litro, non “ci prendo gusto”. Se un giorno o l’altro dovesse capitarmi di non poter bere il mio bicchiere, penso che anche il cibo mi andrebbe di traverso.

E poi, vogliamo dirla tutta? Quel po’ di vino rende anche più dolce la vita, ne sminuisce le asperità e rende accettabile la fatica quotidiana del vivere. Anche le persone, che ti sono state sempre antipatiche, diventano simpatiche, diventi più indulgente nei confronti degli altri, più disponibile alla tolleranza, alla gentilezza, al rispetto.

La polemica dell’UE mi ricorda tanto l’incomprensione dei Paesi nordici, legati al culto della nebbiosa e fredda birra, nei confronti della solare civiltà del vino che caratterizza i Paesi mediterranei. Che cosa sarebbe stata la nostra civiltà classica senza il culto della vite e del vino? Come si può immaginare il mondo antico di Atene e di Roma, il mondo del Medioevo e poi il mondo moderno, senza l’unicità di quel vino che per tanti secoli ha caratterizzato i rapporti umani e ha contribuito a renderci quello che siamo?

Il poeta latino Orazio diceva: Non possono piacere a lungo, né sopravvivere, i versi scritti dai bevitori di acqua.

Ed il grande Leonardo da Vinci: Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini boni.

        E Charles Baudelaire: Se il vino sparisse dalla produzione umana, credo che si aprirebbe nella salute e nell’intelletto del pianeta, un vuoto, un’assenza, una mancanza molto più spaventosa di tutti gli eccessi e le deviazioni di cui si rende responsabile il vino.

E Mario Soldati: Non esiste il vino in sé, ma il vino nella vita, nel ricordo, nella fantasia ... Un vino bevuto, anche parecchi anni prima, in un momento in cui si era particolarmente felici, per esempio, innamorati e vicino alla persona amata, parrà sublime anche se è tutto il contrario: per distinguere, bisognerebbe non aver vissuto.

E mi piace concludere con il grandissimo Jorge Luis Borges.

Sonetto del vino

In quale regno o secolo e sotto quale tacita

congiunzione di astri, in che giorno segreto

non segnato dal marmo, nacque la fortunata

e singolare idea d’inventare la gioia?

Con autunni dorati fu inventata. Ed il vino

fluisce rosso lungo mille generazioni.

Come il fiume del tempo e nell’arduo cammino

ci fa dono di musica, di fuoco e di leoni.

Nella notte del giubilo o nell’infausto giorno

esalta l’allegria o attenua la paura.

E questo ditirambo nuovo che oggi gli canto

lo intonarono un giorno l’arabo ed il persiano.

Vino, insegnami come vedere la mia storia,

quasi fosse già fatta cenere di memoria.

                                 Jorge Luis Borges