Da qualche tempo avevo preso l’abitudine di impostare i miei rari
interventi di commento politico su un registro di leggerezza e di disincanto,
ormai convinto del fatto che la politica italiana spesso si muove in
un’atmosfera da minuetto o da commedia. Ma, di fronte alla scomparsa di Berlusconi, mi sono accorto che un
atteggiamento del genere sarebbe stato del tutto fuor di luogo. Il cordoglio
per la sua scomparsa è stato quasi unanime, a prescindere dalle convinzioni
politiche di ognuno. E dico “quasi”, perché anche in tale circostanza il solito
gruppo politico-“culturale” non ha mancato di far sentire la sua voce
dissonante, sulla scia di un antiberlusconismo monomaniacale.
Nel
giornale di riferimento, martedì 13 giugno, l’articolo di fondo era costituito
da una serie interminabile di parole, di nomi e di riferimenti distorti alle
vicende politiche e giudiziarie del cavaliere, con il chiaro intento di
demonizzarlo e di evitare che l’Italia tutta diventasse “un’immensa Mediaset a
reti unificate”.
L’autore
dell’articolo non riusciva a capire che quella cavalcata a ritroso tra le
vicende del Berlusca costituiva invece la riabilitazione del calunniato, perché
ricordava, ove mai ce ne fosse stato bisogno, che quell’uomo, quell’imputato,
era stato sottoposto a 37 processi e che solo in uno era stato condannato per evasione fiscale,
con una sentenza risibile in un processo da repubblica delle banane. Ma tant’è.
Bisogna fare il callo anche a questo.
Berlusconi
fu un grande imprenditore e, in tale veste, rivoluzionò il mondo della
comunicazione, della TV, dello sport, dello spettacolo. Fu anche un valente
uomo politico. Era un liberale (non liberal, come nel mondo anglosassone) e
volle estendere i confini della libertà oltre i confini angusti delle libertà
individuali, fino ad abbracciare il mondo delle imprese, del commercio,
dell’economia, della finanza. Fu a lungo Presidente del consiglio, ma non
sempre riuscì a mettere in pratica i suoi intendimenti, dal momento che i suoi
alleati, Bossi, Casini, Fini, più che collaborare, si rivelarono bravi ad
aguzzare l’ingegno solo per creargli difficoltà.
Berlusconi
ha dato il suo nome ad un intero ciclo della vita politica italiana,
rivoluzionando anche il linguaggio politico e perseguendo un contatto diretto
con gli elettori. E’ stato spesso calunniato ed avversato in modo feroce e
spasmodico dai suoi oppositori, ma, nonostante tutto, ha conosciuto anche momenti
di gloria. E mi piace ricordare tra questi eventi gloriosi l’incontro tra Bush
e Putin a Pratica di Mare, perseguito, favorito e realizzato da Berlusconi,
mentre il mondo, dopo il terribile attentato alle Torri gemelle, era alla
ricerca di un periodo di pace sincera e di collaborazione tra le grandi potenze
ex-nemiche. Ricordo ancora la ricostruzione post-terremoto in Abbruzzo, con il
G7 all’Aquila ed il discorso di Onna, che costituì forse il momento più alto
della sua carriera politica, con il suo chiaro tentativo di riconciliazione
nazionale.
Negli
ultimi tempi, è vero, la stella politica di Berlusconi si era appannata, a
causa degli scandali sessuali, ingigantiti dalla magistratura e che comunque lo
hanno visto assolto in tutti i processi. Ma non basta essere assolti per
recuperare in pieno la propria credibilità. Un uomo politico di primo piano, un
Presidente del Consiglio, anche se non commette reato, non può accompagnarsi
disinvoltamente a ragazze sconosciute, che poi magari ti si mettono pure contro e ti ricattano. E soprattutto Berlusconi è
colpevole di non aver capito, o di non aver voluto capire, che quelle accuse
non screditavano soltanto lui, ma colpivano e screditavano anche il movimento
politico che egli aveva creato, sconcertando e avvilendo molti di coloro che
avevano creduto in lui. Ed io tra questi.
Ma
anche motivazioni politiche più profonde avevano incominciato a minare le
fondamenta del suo movimento politico. Avvilito dalla pur ingiusta condanna
penale per evasione, espulso dal Senato per la legge Severino applicata per la
prima ed unica volta a suo danno, alla fine Berlusconi, l’indomabile, l’eroico,
aveva finito con il diventare più cedevole e più disposto a rendersi accetto a
quella parte che in Italia da sempre controlla le leve del potere effettivo.
Negli ultimi tempi, pur dimostrandosi leale nei confronti del governo Meloni,
troppo egli insisteva sulla sua presunta differenza con gli altri partners, che
egli definiva “la destra”, mentre il suo partito avrebbe costituito il centro
moderato e ragionevole. E non è da escludere che questi continui distinguo
probabilmente possano avergli alienato molte simpatie degli elettori di destra.
Ma
qui non intendo celebrare un processo politico o penale. Dinanzi alla dipartita
del cavaliere, dinanzi alla dipartita di un uomo che ha comunque segnato la
storia degli ultimi trenta anni, è soltanto opportuno fare l’unica cosa dignitosa
e non sciacallesca che possa esserci concessa: partecipare al dolore ed
attendere…Buon viaggio, cavaliere.