Gli uomini si distinguono anche per la dimensione del cervello: esistono cervelli grandi, medi e piccoli. Ma è sbagliato ritenere che, più grande è il cervello, più si è intelligenti, perché in questo caso conta quello che c’è dentro, non quanto ce n’è. Il discorso, ovviamente, si estende a tutti gli esseri viventi. L’elefante ha un cervello che pesa in media 4,5 kg, la balena ne ha uno di circa 10 kg, ma l’elefante e la balena non sono più intelligenti dell’uomo che ha un cervello in media di 1,5 kg.
Perché
questo discorso? Tutto è nato dalle polemiche suscitate dalla decisione dell’UE
di consentire all’Irlanda di etichettare il vino come gravemente nocivo alla
salute, equiparandolo di fatto al fumo di sigaretta. A tal proposito
l’immunologa Antonella Viola, nota virostar televisiva, ha giustificato la
decisione Ue, sostenendo, sulla base di uno studio condotto dalla rivista Nature Communications, che chi
beve vino sviluppa nel corso degli anni un cervello più piccolo.
Ora,
a parte il fatto che questo studio, unico nel suo genere per poter essere
considerato pienamente attendibile, ha suscitato varie polemiche ed è stato
contestato da altre autorevoli fonti, è chiaro che il problema della nocività è
strettamente legato al problema della quantità.
Se
bere molto vino fa male come mangiare molta pasta e molta carne, o ingerire
molti grassi e molti zuccheri, si può dire che faccia male anche la famosa
“modica” quantità?
Io
non sono medico, né scienziato, non ho la pretesa di dire agli altri quello che
debbono fare nella vita, limitandone la libertà, perché riconosco agli uomini,
se vogliono, anche la libertà di fare del male a se stessi, né ho la pretesa di
conoscere la verità. Posso solo dire quello che ho fatto io e raccontare brevemente
il mio rapporto col vino.
Io
fino a trent’anni non ho bevuto vino, e non perché potesse farmi male, ma
perché, semplicemente, mi disgustava. Poi, più o meno all’età in cui sono convolato a giuste nozze,
anche su insistenza degli amici, ho incominciato ad assaporarne un pochino, poi
a berne un po’ di più. Raramente ho ecceduto, ma oggi posso chiaramente dire
che il vino mi piace e lo bevo volentieri. Non bevo nemmeno vini costosi, che
oltretutto non potrei nemmeno permettermi, ma, ad ogni pasto, se non ho il mio
mezzo quarto, un ottavo di litro, non “ci prendo gusto”. Se un giorno o l’altro
dovesse capitarmi di non poter bere il mio bicchiere, penso che anche il cibo
mi andrebbe di traverso.
E
poi, vogliamo dirla tutta? Quel po’ di vino rende anche più dolce la vita, ne
sminuisce le asperità e rende accettabile la fatica quotidiana del vivere. Anche
le persone, che ti sono state sempre antipatiche, diventano simpatiche, diventi
più indulgente nei confronti degli altri, più disponibile alla tolleranza, alla
gentilezza, al rispetto.
La
polemica dell’UE mi ricorda tanto l’incomprensione dei Paesi nordici, legati al
culto della nebbiosa e fredda birra, nei confronti della solare civiltà del
vino che caratterizza i Paesi mediterranei. Che cosa sarebbe stata la nostra
civiltà classica senza il culto della vite e del vino? Come si può immaginare
il mondo antico di Atene e di Roma, il mondo del Medioevo e poi il mondo
moderno, senza l’unicità di quel vino che per tanti secoli ha caratterizzato i
rapporti umani e ha contribuito a renderci quello che siamo?
Il
poeta latino Orazio diceva: Non possono piacere a lungo, né sopravvivere, i
versi scritti dai bevitori di acqua.
Ed
il grande Leonardo da Vinci: Et però credo che molta felicità sia agli homini
che nascono dove si trovano i vini boni.
E Charles
Baudelaire: Se il vino sparisse dalla produzione umana, credo che si aprirebbe
nella salute e nell’intelletto del pianeta, un vuoto, un’assenza, una mancanza
molto più spaventosa di tutti gli eccessi e le deviazioni di cui si rende
responsabile il vino.
E
Mario Soldati: Non esiste il vino in sé, ma il vino nella vita, nel ricordo,
nella fantasia ... Un vino bevuto, anche parecchi anni prima, in un momento in
cui si era particolarmente felici, per esempio, innamorati e vicino alla
persona amata, parrà sublime anche se è tutto il contrario: per distinguere,
bisognerebbe non aver vissuto.
E
mi piace concludere con il grandissimo Jorge Luis Borges.
Sonetto del vino
In quale regno o secolo e sotto quale tacita
congiunzione
di astri, in che giorno segreto
non
segnato dal marmo, nacque la fortunata
e
singolare idea d’inventare la gioia?
Con
autunni dorati fu inventata. Ed il vino
fluisce
rosso lungo mille generazioni.
Come
il fiume del tempo e nell’arduo cammino
ci
fa dono di musica, di fuoco e di leoni.
Nella
notte del giubilo o nell’infausto giorno
esalta
l’allegria o attenua la paura.
E
questo ditirambo nuovo che oggi gli canto
lo
intonarono un giorno l’arabo ed il persiano.
Vino,
insegnami come vedere la mia storia,
quasi
fosse già fatta cenere di memoria.
Jorge Luis
Borges