Chi sia Vittorio Sgarbi non c’è bisogno di ricordarlo, ma
non è inutile un veloce riepilogo della sua vicenda. Venuto a notorietà negli
anni novanta grazie a Maurizio Costanzo, che lo lanciò nelle sue trasmissioni
televisive, Sgarbi sorprese il pubblico per il modo nuovo di stare in scena e
di rapportarsi col pubblico. Sorprese allora la figura di questo uomo, che
parlava molto bene, che non indietreggiava nei dibattiti, che dimostrava grande
competenza nella Storia dell’arte e che, soprattutto, non si faceva scrupolo di
“scandalizzare” con il suo linguaggio a volte violento e con il coraggio delle
sue idee anticonformiste.
Divenne, Sgarbi, uno dei personaggi più amati dal pubblico,
specie di quello orientato politicamente a destra, sempre disposto a
perdonargli qualche eccesso verbale, qualche incongruenza, qualche disinvoltura
ideologica, come fosse un D’Annunzio redivivo. E lui riusciva a farsi amare,
perché non deludeva mai le attese, in particolare di coloro che a destra
avevano bisogno di un mito da coltivare e da contrapporre ai tanti, troppi miti
della sinistra, che scorrazzavano e imperversavano impunemente nelle TV, nei giornali, nel mondo
della cultura in genere.
Inutile dire che Sgarbi seppe alimentare abilmente il suo
mito, perché era colto, abile nell’elocuzione, per nulla disposto a farsi
intimidire dai tanti che cercavano di ostacolarlo.
Ancora oggi Sgarbi è un mito, ormai un po’ usurato, ma pur
sempre un mito. Vedi la TV, in qualunque ora del giorno e della notte, e non c’è
dibattito politico, culturale, non c’è trasmissione di intrattenimento in cui
lui non sia lì a dire la sua. Non c’è giornale dove non appaia qualche suo
articolo, o comunque un articolo o un giudizio dell’universo mondo su di lui.
Qualche volta è presente fisicamente negli studi televisivi, qualche volta è
collegato “in esterna”, ma lui è sempre lì. Si parla di politica e c’è lui, si
parla di arte o di cultura o di qualunque altro argomento e c’è sempre lui.
E’ anche vero che di tanto in tanto la sua continua presenza
in TV rischia di diventare controproducente, quando non fastidiosa, ma lui riesce
a riciclarsi con disinvoltura, perché se c’è una cosa, nella quale è
molto abile, è quella di non essere ripetitivo e banale. Ti aspetti, se poco
poco lo conosci, che egli dica una cosa ed invece ti sorprende e dice il
contrario. Magari per il gusto di apparire paradossale e non scontato.
Negli ultimi tempi, lui, con le sue idee, si è messo a
difendere l’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, e la sua politica
sull’immigrazione selvaggia, tirando fuori una supercazzola, che oltre tutto
ripete continuamente, sull’articolo 10 della Costituzione (Lo straniero, … ha
diritto d’asilo nel territorio della Repubblica …), da considerarsi ormai
superato perché elaborato quando i padri
costituenti non potevano immaginare quel che sarebbe accaduto 70-80 anni dopo.
L’altra sera a Quarta
Repubblica si discuteva della concessione della cittadinanza a Ramy e Adam,
i due ragazzini-eroi del bus dirottato. Sgarbi se n’è uscito dicendo che non
capiva quella discussione e che, per quanto lo riguardava, lui avrebbe
volentieri fatto a meno della cittadinanza italiana che gli faceva schifo. C’è
voluto un intervento puntuto di Nicola Porro che gli ha chiesto se lui era
disposto a rifiutare la cittadinanza e la cultura italiana di Leonardo e
Caravaggio, per chiedere magari quella dell’Uganda o del Camerun. Al che il
nostro eroe, accortosi evidentemente della castroneria appena uscitagli di
bocca, si è afflosciato come un pallone sgonfio e se n’è rimasto silenzioso e
mogio mogio.
Qualcuno ha calcolato che sui principali canali TV la
presenza di Sgarbi, tra dirette e registrate, è ormai quasi una presenza fissa,
una componente ineliminabile del panorama.
Si aggiunga che quasi quotidianamente egli pubblica un
articolo sui vari quotidiani e/o settimanali con i quali collabora e si
aggiunga ancora che periodicamente, e comunque con una certa assiduità, egli
pubblica qualche libro.
E allora una domanda sorge spontanea. Tra TV, collaborazioni
giornalistiche e scritture di libri, dove lo trova il tempo per leggere, per
approfondire, per studiare?
Da questo punto di vista Sgarbi ricorda da vicino Enzo
Biagi, che quelli della mia generazione ricorderanno certamente con simpatia.
Anche Biagi era quasi di casa in TV e sfornava articoli, riviste e libri a
getto continuo. Siccome l’uomo non è un automa, qualcuno si prese la briga di
indagare i misteri di una macchina editoriale così prolifica. Si scoprì che in
realtà Enzo Biagi era una sorta di fabbrica, nella quale tanti sconosciuti
lavoravano e scrivevano, mentre l’autore Biagi, una volta impartite le
direttive generali, si limitava ad esercitare un controllo di massima e ad
apporre la sua firma sul prodotto finito.
Sta succedendo lo stesso anche con Sgarbi? Il dubbio è
legittimo.
Ezio Scaramuzzino
Ezio Scaramuzzino