Jean Renoir: Una gita in campagna (1936) - film
Per chi ha una mezz'oretta di tempo a disposizione e vuole ricrearsi lo spirito. Buona lettura e buona visione!
- 5 agosto 1850 - 6 luglio 1893
GUY DE MAUPASSANT
Una gita in campagna
1
Da cinque mesi c'era
il progetto d'andare a mangiare nei dintorni di Parigi, il giorno
della festa della
signora Dufour, che si chiamava Pétronille. Sicché quella mattina,
dopo aver aspettato
la scampagnata per tanto tempo, tutti s'erano alzati prestissimo.
Dufour s'era fatto
prestare la vettura dal lattaio, e s'era messo a guidare lui stesso. Era
una carretta a due
ruote, assai decorosa, col tetto sostenuto da quattro montanti di
ferro ai quali erano
appese le tendine, che avevano tirato su per lasciar libera la vista
del paesaggio.
Quella dietro, sciolta, ondeggiava al vento come una bandiera. Seduta
accanto al suo
sposo, la signora Dufour si spampanava in uno straordinario vestito di
seta color ciliegia.
Dietro, su due sedie, c'erano la vecchia nonna e una ragazza.
Dietro ancora si
scorgevano i capelli gialli d'un giovane, il quale, in mancanza di
seggiole, s'era
sdraiato sul fondo, e lasciava vedere soltanto la testa.
Dopo aver
attraversato il viale degli Champs Elysées, e superato le fortificazioni della
porta Maillot,
cominciarono a contemplare il paesaggio.
Arrivati al ponte di
Neuilly, Dufour aveva detto: - Ecco finalmente la campagna! - e
sentendo questa
frase sua moglie s'era commossa sulla natura.
All'incrocio di Courbevoie
furono presi d'ammirazione, nel vedere l'ampliarsi degli
orizzonti. A destra
laggiù c'era Argenteuil, col campanile dritto; più su si vedevano le
collinette di
Sannois e il mulino d'Orgemont. A sinistra, si disegnavano nel chiaro
cielo mattutino l'acquedotto
di Marly, e, lontana, si poteva vedere anche la
pianeggiante altura
di Saint-Germain; di fronte, al principiare d'una catena di colline,
il terreno smosso
indicava il nuovo forte di Cormeilles. Spingendo lo sguardo nella
più profonda
lontananza, al disopra di pianure e villaggi s'intravedeva un cupo
verdeggiar di
foreste.
Il sole incominciava
a farsi sentire; la polvere riempiva di continuo gli occhi e ai lati
della strada si
estendeva una campagna interminabilmente spoglia, sporca e
maleodorante. Pareva
che un'epidemia l'avesse devastata, e avesse rosicato anche le
case, perché si
vedevano scheletri di costruzioni sfondate e abbandonate, o capanne
rimaste a metà per
mancato pagamento ai costruttori, che protendevano le loro
quattro mura spoglie
di tetto.
Di tanto in tanto
spuntavano nello sterile terreno i lunghi camini delle fabbriche,
unica vegetazione di
quei putridi campi sui quali il venticello della primavera faceva
ondeggiare un odore
di petrolio e di schisto, misto ad un altro odore ancor meno
gradevole.
Poi avevano
attraversato la Senna per la seconda volta: sul ponte era stato un incanto.
Il fiume sfolgorava
di luce; succhiata dal sole, si alzava dall'acqua una nebbiolina; e
si provava una dolce
quiete, un benefico refrigerio nel respirare un'aria più pura, non
corrotta dal fumo
nero delle officine, e dai miasmi degli scarichi.
Un passante aveva
detto il nome del paese: Bezons.
La carrozza si fermò
e Dufour si mise a leggere l'allettante insegna d'una trattoria: -
Ristorante Poulin,
zuppe alla marinara e fritture, sale da banchetti, pergolati e
altalene. Allora,
signora Dufour, ti va bene? Vuoi finalmente deciderti?
2
A sua volta la donna
lesse: - Ristorante Poulin, zuppe alla marinara e fritture, sale da
banchetti, pergolati
e altalene.. - Poi guardò ben bene la casa.
Era una locanda di
campagna, dipinta di bianco, piantata sul margine della strada.
Dalla porta aperta
si vedeva lo zinco lucido del banco davanti al quale c'erano due
operai vestiti a
festa.
Finalmente la
signora Dufour si decise:
- Sì, va bene, -
disse. - E poi c'è anche una bella vista.
La carrozza penetrò
in un vasto spiazzo alberato che si stendeva dietro la casa,
separato dalla Senna
soltanto dalla strada d'alzaia.
Scesero a terra. Il
marito saltò giù per primo e distese le braccia per ricevere sua
moglie. La pedana,
retta da due sbarre di ferro, era assai distante, cosicché, per
arrivarci, la
signora Dufour dovette mostrare l'inizio del polpaccio, la cui primiera
sottigliezza spariva
sotto un'invasione di grasso che scendeva dalle cosce.
Dufour, già
ringalluzzito dalla campagna, le pizzicò il polpaccio, poi la prese per le
ascelle, e la posò
pesantemente a terra, come un enorme fagotto.
Ella si spolverò con
la mano il vestito di seta, poi si guardò intorno.
Era una donna di
trentasei anni all'incirca, molto in carne, rigogliosa e piacente.
Respirava a fatica,
strozzata violentemente nell'abbraccio del busto troppo stretto; la
pressione di
quell'arnese sospingeva fino al doppio mento la massa fluttuante del suo
petto troppo
abbondante.
Poi la ragazza,
poggiando la mano sulla spalla del padre, saltò giù con leggerezza,
senz'aiuto. Il
ragazzo coi capelli gialli era sceso posando un piede sulla ruota, e aiutò
Dufour a scaricare
la nonna.
Il cavallo fu
staccato e legato a un albero; la carretta cadde in avanti, con le stanghe
appoggiate a terra.
Gli uomini, dopo
essersi tolta la finanziera, si lavarono le mani in un secchio d'acqua,
e raggiunsero le
loro donne, che si erano già messe a far l'altalena.
La signorina Dufour,
in piedi sull'altalena, cercava di dondolarsi da sola, ma non
riusciva a prendere
abbastanza slancio. Era una bella ragazza di diciotto o vent'anni;
una donna che a
incontrarla per la strada si rimane come frustati da un improvviso
desiderio, che
lascia per tutta la giornata una vaga inquietudine e un'eccitazione dei
sensi. Era alta, con
la vita sottile e i fianchi larghi, aveva la pelle scurissima, gli occhi
grandissimi, i
capelli nerissimi. Il suo vestito disegnava nitidamente la ferma
pienezza delle sue
carni, accentuata ancor più dal movimento delle reni, ch'ella
faceva per
dondolarsi. Le sue braccia tese stringevano le corde, sopra il capo, di
modo che, a ogni
slancio, il seno le si sollevava senza tremolio.
Un soffio di vento
le aveva portato via il cappello, facendolo cadere dietro; l'altalena
a poco a poco
prendeva movimento, e ad ogni ritorno si potevano vedere fino al
ginocchio le sue
gambe sottili, mentre arrivava sul viso degli uomini, che guardavano
ridendo, il vento
delle sue sottane, più inebriante dei fumi del vino.
Sull'altra altalena
la signora Dufour si lamentava di continuo con voce monotona: -
Cipriano, vieni a
spingermi; Cipriano, su, vieni a spingermi! - Alla fine questi si
decise, e dopo
essersi rimboccate le maniche della camicia, come si fa prima
d'iniziare un
lavoro, riuscì con infinita fatica a far muovere sua moglie.
3
Aggrappata alle
corde, ella teneva le gambe stese per non strusciare in terra, e godeva
dello stordimento
che le dava il va e vieni dell'altalena. Le sue carni, scosse,
tremolavano di
continuo, come la gelatina su un piatto. Poi, siccome l'impulso
aumentava, fu presa
dalla vertigine e dalla paura. Ogni volta che veniva giù gridava
con voce tanto acuta
che faceva accorrere tutti i monelli del paese; in basso, davanti a
sé, ella scorgeva
confusamente una fioritura di teste sguaiate e ghignanti ognuna con
una smorfia diversa.
Si presentò una
serva, e fu ordinato il pranzo.
- Un fritto di
pesciolini della Senna, spezzatino di coniglio, insalata e dolce, - scandì
la signora Dufour,
con aria d'importanza. - Portate anche due litri e una bottiglia di
bordò, - disse suo
marito. - Mangeremo sull'erba, - aggiunse la ragazza.
La nonna s'era
intenerita vedendo il gatto della casa, e da dieci minuti gli andava
dietro, chiamandolo coi
nomi più dolci. L'animale, che senza dubbio era internamente
lusingato da tanta
considerazione, stava a portata di mano della buona vecchia, però
senza lasciarsi
acchiappare, e girava tranquillamente attorno agli alberi, vi si
strusciava tenendo
la coda ritta, con un ronron di piacere.
- Guarda! - gridò
all'improvviso il giovanotto coi capelli gialli che esplorava
tutt'intorno: -
queste sì che sono barche.
Andarono a vedere.
Sotto una piccola tettoia di legno erano sospese due magnifiche
iole da regata lavorate
e rifinite come mobili di lusso. Riposavano a fianco a fianco,
simili, nella loro
lucida e snella lunghezza, a due belle ragazze slanciate; e facevano
venir voglia di
correre sull'acqua, nelle dolci e belle serate, o nelle limpide mattine
d'estate, di
sfiorare le sponde fiorite dove file di alberi bagnano i rami nell'acqua,
dove tremola
l'eterno brivido delle canne e donde, come lampi azzurri, s'involano i
rapidi martin
pescatori.
Tutta la famiglia le
contemplava con rispetto.
- Oh! queste sì, son
proprio belle, - ripeté Dufour. E dava spiegazioni da competente.
Anche lui, diceva,
ai suoi bei tempi aveva praticato il canottaggio; anzi, con quelli in
mano (e faceva la
mossa di premere sui remi), se ne infischiava di tutti; un tempo,
alle corse, a Joinville,
aveva battuto più d'un inglese. E scherzò sulla parola «signore»
con la quale vengono
denominati i due montanti che sostengono i remi, dicendo che i
canottieri, con
ragione, non uscivano mai senza le loro «signore». Così concionando
s'era riscaldato, e
si ostinava a dire che con una imbarcazione come quella avrebbe
scommesso di fare
ventiquattro chilometri l'ora, senza correr troppo.
- È pronto, - disse
la serva, affacciandosi sull'ingresso. Si precipitarono; ma ecco che
il posto migliore
(quello che la signora Dufour aveva scelto fra sé per il desinare) era
già occupato da due
giovanotti. Indubbiamente erano i proprietari delle iole, perché
erano vestiti da
canottieri.
Erano distesi, quasi
sdraiati, sulle sedie. Avevano il viso brunito dal sole, il petto
coperto soltanto da
una magliettina di cotone bianco che lasciava nude le braccia,
robuste come quelle
dei fabbri. Due bei ragazzoni, forse un po' troppo fieri della loro
prestanza, ma che in
ogni movimento mostravano quell'elastica grazia delle membra
che s'acquista solo
con l'esercizio, tanto diverso dalle deformazioni che gli sforzi
faticosi e sempre
uguali imprimono sugli operai.
4
Costoro nel veder la
madre si scambiarono un rapido sorriso, e nel vedere la figlia
uno sguardo. -
Cediamogli il nostro posto, - disse uno; - così faremo conoscenza. -
L'altro s'alzò
subito e tenendo in mano il berretto nero e rosso offrì cavallerescamente
alle signore il solo
luogo del giardino dove non battesse il sole. Gli altri accettarono
profondendosi in
scuse, e affinché l'atmosfera campestre fosse accentuata, la famiglia
si sistemò
sull'erba, senza né tavolini né seggiole.
I due giovani
portarono la loro roba un poco più in là e si rimisero a mangiare. Le
loro braccia nude,
ch'essi non tralasciavano di mettere in mostra, imbarazzavano un
po' la ragazza.
Fingeva di voltare la testa e di non vederle, mentre la signora Dufour,
più audace, e
stimolata da una femminile curiosità che forse era desiderio, le
guardava di continuo
e senza dubbio le paragonava con rimpianto alle segrete
bruttezze di suo
marito.
Era crollata
sull'erba, con le gambe piegate come i sarti, e si dimenava continuamente
col pretesto delle
formiche che le erano entrate in qualche posto. Dufour, reso
sgarbato dalla
presenza e dalla gentilezza dei due estranei, cercava invano una
posizione comoda, e
il giovane coi capelli gialli mangiava come un orco, in silenzio.
- Che bella
giornata, eh, signore? - disse la donnona a uno dei canottieri. Voleva esser
gentile a motivo del
posto che avevano ceduto.
- Sì, signora -
rispose quegli. - Venite spesso in campagna voi?
- Oh! solo una volta
o due l'anno, per prendere un po' d'aria; e voi?
- Io ci vengo a
dormire tutte le sere.
- Ah! dev'esser
bello...
- Sì, certo,
signora.
E raccontò con
poesia la sua vita d'ogni giorno, in modo tale da far vibrare nel cuore
di quei borghesi
lontani dall'erba e affamati di passeggiate fra i campi, quello stupido
amore della natura
che li ossessiona per tutto l'anno dietro il banco delle loro
botteghe.
La ragazza,
commossa, alzò gli occhi e guardò il canottiere. Dufour aprì bocca per la
prima volta. - Eh,
questo sì che è vivere! - disse, e aggiunse: - Un altro po' di
coniglio, cara?
- No, grazie, amico
mio.
Ella si voltò di
nuovo verso i due giovanotti e indicando le loro braccia, disse: - Non
avete mai freddo, a
star così?
Si misero tutti e
due a ridere, e spaventarono la famiglia raccontando le loro
prodigiose fatiche,
i bagni fatti sudando, le corse fra le nebbie notturne; e si
percossero
violentemente il petto, per far sentire che rumore faceva.
- Si vede che siete
robusti, - disse il marito, il quale ora non parlava più di quando
vinceva gli inglesi.
Ora la ragazza li
guardava di sbieco; il giovane coi capelli gialli, che aveva bevuto di
traverso, tossì
violentemente, annaffiando il vestito di seta color ciliegia della
padrona la quale,
stizzita, fece portare un po' d'acqua per lavar le macchie.
Intanto il caldo
diventava tremendo. Il fiume scintillante sembrava un braciere
ardente, e i fumi
del vino sconvolgevano i cervelli.
5
Dufour, squassato
dal singhiozzo, s'era sbottonato il panciotto e i calzoni; sua moglie,
mezza soffocata, si
slacciava a poco a poco il vestito. L'apprendista, tutto allegro,
dondolava il suo
testone di capelli filacciosi e si versava un bicchiere dopo l'altro. La
nonna, sentendosi
brilla, se ne stava rigida e silenziosa. Quanto alla ragazza non
lasciava scorgere
nulla; soltanto gli occhi le brillavano vagamente e la sua pelle scura
si colorava di rosa
alle gote.
Il caffè diede il
colpo di grazia. Fu lanciata l'idea di cantare, e ognuno recitò il suo
stornello, mentre
gli altri applaudivano freneticamente. Poi, s'alzarono, con gran
difficoltà, e mentre
le due donne, stordite, respiravano con forza, i due uomini,
completamente cotti,
facevano la ginnastica. Pesanti, flaccidi, col viso paonazzo,
s'attaccavano
goffamente agli anelli, senza riuscire a tirarsi su; e le loro camicie
minacciavano di
continuo di abbandonare i calzoni per sventolare liberamente come
bandiere.
Intanto i canottieri
avevano messo le iole in acqua e vennero gentilmente a proporre
alle signore una
passeggiata sul fiume.
- Signor Dufour,
vuoi? te ne prego! - gridò la donna. Egli la guardò senza capire, con
uno sguardo da
ubriaco. Allora uno dei canottieri s'avvicinò tenendo in mano due
canne da pesca. La
speranza di prendere qualche ghiozzo, che è l'ideale dei bottegai,
fece brillare gli
occhi istupiditi del brav'uomo, il quale promise tutto quel che si
voleva, e si mise
sotto il ponte, all'ombra, coi piedi penzoloni sull'acqua, accanto al
giovanotto coi
capelli gialli che s'addormentò accanto a lui.
Uno dei canottieri
si sacrificò: prese la madre. - Al boschetto dell'isola degli inglesi! -
gridò
allontanandosi.
L'altra iole si
muoveva più lentamente. Il rematore guardava la sua compagna, con
tale intensità che
non pensava ad altro; era stato preso da un turbamento che lo
paralizzava.
La ragazza, seduta
al posto del timoniere, s'abbandonava alla dolcezza dell'acqua. Era
vuota di pensieri,
con una grande calma in tutte le membra, in un totale abbandono di
se stessa. Era
diventata rossa rossa e aveva l'affanno. Lo stordimento del vino,
moltiplicato dal
calore torrenziale che scorreva tutt'intorno faceva inclinare al suo
passaggio tutti gli
alberi della riva. Un indefinito bisogno di godimento, un ribollire
del sangue,
percorrevano la sua carne già eccitata dagli ardori di quella giornata;
inoltre la turbava
quell'intimità sull'acqua, in mezzo al paese spopolato dall'incendio
del cielo, con quel
giovane che la trovava bella, che le baciava la pelle con gli occhi,
che penetrava in lei
come il sole, col suo desiderio.
L'incapacità di
parlare non faceva che aumentare il turbamento ed essi allora si
guardavano attorno.
Finalmente egli facendo uno sforzo le chiese come si chiamasse:
- Henriette, - rispose
la giovane.
- Guarda! guarda! -
disse lui. - Io mi chiamo Henri.
S'erano calmati, al
suono delle loro voci; e rivolsero il loro interesse alla riva. L'altra
iole s'era fermata,
e sembrava che li aspettasse. Il giovane che la portava gridò: - Vi
raggiungeremo nel
bosco; andiamo a Robinson, perché la signora ha sete. - Si piegò
sui remi
allontanandosi con tale rapidità che presto lo persero di vista.
6
Un brontolio
continuo che prima si sentiva a malapena s'avvicinava rapidamente. Il
fiume stesso sembrava
premere, come se il sordo rumore salisse dalle sue profondità.
- Cos'è questo
rumore? - chiese la ragazza. Era la cascata dello sbarramento che
tagliava il fiume in
due all'estremità dell'isola. Egli si sprofondò in una spiegazione
allorché, tra il rumoreggiare
della cascata, sentirono il canto d'un uccello che
sembrava venire
assai di lontano.
- Guarda, guarda, -
disse egli; - gli usignoli cantano di giorno; vuol dire che le
femmine stanno
facendo la cova.
Un usignolo! La
ragazza non li aveva mai sentiti, e il pensiero di poterne udire uno
sollevò nel suo
cuore una visione di poetici affetti. Un usignolo! Ossia, l'invisibile
testimonio degli
appuntamenti che Giulietta invocava dal suo balcone; la musica del
cielo concessa ai
baci degli uomini; l'eterno ispiratore delle languide romanze che
aprono azzurri
ideali ai poveri cuoricini delle ragazze commosse!
Stava per udire
l'usignolo...
- Facciamo piano, -
disse il suo compagno; - potremo scendere nel bosco, e sederci
vicino a dov'è lui.
Il canotto sembrava
che scivolasse. Spuntarono alcuni alberi dell'isola, la quale aveva
la riva così bassa
che gli occhi si perdevano nel fitto del bosco. Si fermarono;
legarono il canotto
e s'inoltrarono fra i rami, Henriette appoggiata al braccio di Henri.
- Chinatevi, - disse
egli. La ragazza si chinò, e penetrarono in un inestricabile
groviglio di liane,
di foglie e di canne, un rifugio introvabile che bisognava per forza
conoscere, e che il
giovane, ridendo, chiamava «il suo salotto riservato».
Proprio sulle loro
teste, appollaiato su uno degli alberi che li coprivano, l'uccello
continuava a
sfiatarsi. Lanciava trilli e gorgheggi, poi emetteva dei suoni prolungati e
vibranti che
riempivano l'aria e parevano perdersi all'orizzonte, dispiegandosi lungo il
corso del fiume, e
volando sopra le pianure attraverso l'infuocato silenzio che
appesantiva la
campagna.
Non parlavano più,
temendo di farlo fuggire. Eran seduti accanto, e pian piano il
braccio di Henri
girò intorno alla vita di Henriette, serrandola in una dolce stretta.
Tranquillamente la
ragazza tolse la mano audace, e seguitò ad allontanarla a misura
che egli la
riavvicinava, senza provare imbarazzo alcuno per quella carezza, come se
fosse stata una cosa
naturalissima, che ella respingeva con altrettanta naturalezza.
Stava ascoltando
l'uccello, smarrita in una sorta di estasi. Si sentiva attraversare da
infiniti desideri di
felicità, da subitanei slanci d'affetto, da rivelazioni di sovrumana
poesia, da una tale
snervatezza e da un intenerimento del cuore, che piangeva senza
sapere perché. Ora
il giovane la stringeva contro di sé; e lei non lo respingeva più,
non ci pensava
nemmeno.
All'improvviso
l'usignolo tacque. Una voce gridò di lontano: - Henriette!
- Non rispondete, -
diss'egli; - farete volar via l'uccello.
Non ci pensava
proprio. Rimasero così per un poco. La signora Dufour doveva esser
seduta in qualche
posto perché ogni tanto si sentivano vagamente i gridolini della
donnona senza dubbio
stuzzicata dall'altro canottiere.
7
La ragazza seguitava
a piangere, in preda a dolcissime sensazioni, con la pelle calda e
picchiettata
dovunque da piccoli strani brividi. Henri teneva la testa appoggiata sulla
sua spalla;
all'improvviso la baciò sulla bocca. Ella si voltò furiosamente e per
evitarlo si gettò
indietro, sulla schiena. Ma egli s'abbatté su di lei coprendola col suo
corpo. Inseguì
lungamente la bocca che gli sfuggiva, e, raggiuntala, vi incollò la sua.
Allora, trascinata
da un grandissimo desiderio, lei gli rese il bacio, stringendo il
giovane, e la sua
resistenza crollò, come schiacciata da un peso troppo forte.
Tutto, intorno, era
calmo. L'uccello ricominciò a cantare. Dapprincipio emise tre note
penetranti che
sembravano un richiamo d'amore, poi, dopo una brevissima pausa,
cominciò con più
debole canto lentissime modulazioni.
Si levò un molle
venticello, suscitando un mormorio di foglie e tra la profondità dei
rami passarono due
ardenti sospiri, che si mischiarono al canto dell'usignolo e al
leggero respiro del
bosco.
L'uccello era invaso
dall'ebbrezza e il suo canto, aumentando a poco a poco come un
incendio che prenda
vigore, o una passione che ingrandisca, sembrava che
accompagnasse un
crepitio di baci sotto l'albero. Poi, il delirio della sua gola si
scatenò
perdutamente. A momenti pareva che fosse lì lì per svenire, e spasimava a
lungo,
melodiosamente.
Talora si riposava
un poco emettendo soltanto due o tre suoni leggeri e prolungati,
che finivano
all'improvviso con una nota acutissima. Oppure si lanciava in una corsa
furiosa fra uno
zampillare di diversi toni, di fremiti, di sussulti, come un impetuoso
canto d'amore
seguito da grida trionfali.
Ma tacque, sentendo
sotto di sé un gemito così profondo, che si poteva scambiare per
l'addio d'un'anima.
Il rumore si prolungò un poco, e finì in un singhiozzo.
Erano molto pallidi,
tutti e due, quando lasciarono il loro letto di verdura. Il cielo
turchino apparve
loro oscurato; il sole ardente era spento per i loro occhi; s'accorsero
della solitudine e
del silenzio. Camminarono rapidamente, a fianco a fianco, senza
parlarsi, senza
toccarsi, perché sembravano divenuti irreconciliabili nemici, come se
tra i loro corpi si
fosse levato il disgusto, e tra le loro anime l'odio.
Ogni tanto Henriette
gridava: - Mamma!
Vi fu un trambusto
dietro un cespuglio. Henri ebbe l'impressione d'aver visto una
gonna bianca
abbassarsi rapida su un grosso polpaccio; l'enorme donna apparve, un
po' confusa e ancor
più rossa, con gli occhi lucidissimi, il petto in tumulto, forse
troppo vicina al suo
compagno. Il quale doveva aver visto qualcosa di veramente
buffo, perché il suo
viso era attraversato, suo malgrado, da rapide risate.
La signora Dufour lo
prese sottobraccio con aria tenera, e s'incamminarono verso i
canotti. Henri, il
quale camminava avanti, sempre silenzioso a fianco della ragazza,
credette ad un
tratto di udire il rumore soffocato d'un grosso bacio.
Finalmente
arrivarono a Bezons.
Dufour, ritornato in
sé, era impaziente. Il giovanotto coi capelli gialli stava
mangiando un boccone
prima di lasciar l'albergo. La carretta era attaccata, nel cortile,
e la nonna, già
sopra, si disperava temendo che l'oscurità li prendesse per la strada,
siccome i dintorni
di Parigi non eran sicuri.
Furono scambiate
delle strette di mano, e la famiglia Dufour se ne andò. -
Arrivederci! -
gridavano i canottieri. Un sospiro e una lacrima risposero.
8
Due mesi dopo Henri,
passando per via dei Martiri, lesse su una porta:«Dufour,
chincaglierie».
Entrò.
La donnona
traboccava dalla cassa. Si riconobbero subito e dopo uno scambio di
cortesie, egli
chiese: - E la signorina Henriette come sta?
- Benissimo, grazie;
si è sposata.
- Ah, sì?
Si sentì turbato;
aggiunse:
- E... con chi?
- Ma, col giovanotto
che ci accompagnava, è lui che dovrà continuare la ditta.
- Ho capito.
Se ne andò con molta
tristezza addosso, senza saper neanche bene il perché. La
signora Dufour lo
richiamò:
- E il vostro amico?
- chiese timidamente.
- Sta bene.
- Fategli i nostri
saluti, inteso? E ditegli di venirci a trovare quando passa da queste
parti...
Diventò tutta rossa,
e aggiunse: - Ditegli che mi farà molto piacere...
- Non mancherò.
Addio!
- No... a presto.
L'anno dopo, in una
giornata di domenica molto calda, Henri si vide tornare in mente
tutti i particolari
della sua avventura, che non aveva mai scordato, talmente chiari e
desiderabili che se
ne andò solo solo nella loro camera, nel bosco.
Rimase di stucco,
entrando. C'era lei, seduta sull'erba, triste, e al suo fianco c'era suo
marito, il giovane
coi capelli gialli, anche stavolta in maniche di camicia, che
dormiva
coscienziosamente, come un bruto.
Nel vedere Henri
divenne così pallida che parve sul punto di svenire. Poi si misero a
parlare con
naturalezza, come se fra loro non ci fosse stato mai nulla.
E, mentre egli
diceva di essere molto affezionato a quel posto, e di andarci spesso, di
domenica, a
riposarsi, rievocando tanti ricordi, la donna lo guardò a lungo negli
occhi.
- Io ci penso tutte
le sere.
- Andiamo, su, cara,
- disse sbadigliando suo marito, - credo che sia ora d'andarcene.
(1881)
*******************************************************
Una gita in campagna
Un film di Jean Renoir.
In una domenica del 1860 il bottegaio parigino Dufour porta la famiglia a un picnic sulle rive della Marna. Mentre Dufour pesca con Anatole, suo commesso e futuro genero, i giovani Henri e Rodolphe fanno la corte a sua figlia Henriette e a sua moglie Juliette. Su un'isoletta Henriette fa l'amore con Henri. Un temporale interrompe la gita. Anni dopo, tornata sul fiume col marito Anatole, Henriette incontra per caso Henri. Nessuno dei due ha dimenticato la fugace avventura. Rimangono soltanto tristezza e rimpianti. Tratto da una novella di Maupassant e girato nell'autunno 1935, il film rimase incompiuto per varie ragioni che impedirono le riprese in interni. Nel 1946, a guerra finita, mentre ancora Jean Renoir era negli USA, sua moglie Marguerite ne recuperò il negativo grazie a Henri Langlois della Cinémathèque di Parigi e ne curò il montaggio, interpolando due cartelli per le scene non girate. Incompiuto? Questo piccolo gioiello è “un compendio limpido e perfettamente riuscito della tematica e dello stile di Renoir” (J. Lourcelles). All'amore per i personaggi, tipico del regista, è sottesa una impietosa critica dei costumi sociali. L'ironia della commedia si stempera nella melanconia finale. Come sempre in Renoir, il fascino per l'acqua fa da contrappunto alla precarietà e all'imperfezione degli esseri umani. Attenti alla lezione pittorica del padre Auguste e degli altri impressionisti, i fratelli Renoir (Claude alla cinepresa) trasfigurano in stupore panico la bellezza della natura. Non a torto il dizionario britannico dei film Time Out lo mette tra i 100 migliori film di tutti i tempi. Distribuito in Italia nel 1962 come episodio di Il fiore e la violenza (v.), intitolato “La scampagnata”.(Laura, Luisa e Morando Morandini)
Il film dura complessivamente 38 minuti ed è facilmente reperibile in Internet. I due link seguenti consentono di vederne circa 10 minuti. Il secondo link rappresenta il finale.
J.Renoir: Una gita in campagna(1)
J.Renoir: Una gita in campagna(2)
*******************************************************
- 15 settembre 1894 - 12 febbraio 1979
Una gita in campagna
Un film di Jean Renoir.
In una domenica del 1860 il bottegaio parigino Dufour porta la famiglia a un picnic sulle rive della Marna. Mentre Dufour pesca con Anatole, suo commesso e futuro genero, i giovani Henri e Rodolphe fanno la corte a sua figlia Henriette e a sua moglie Juliette. Su un'isoletta Henriette fa l'amore con Henri. Un temporale interrompe la gita. Anni dopo, tornata sul fiume col marito Anatole, Henriette incontra per caso Henri. Nessuno dei due ha dimenticato la fugace avventura. Rimangono soltanto tristezza e rimpianti. Tratto da una novella di Maupassant e girato nell'autunno 1935, il film rimase incompiuto per varie ragioni che impedirono le riprese in interni. Nel 1946, a guerra finita, mentre ancora Jean Renoir era negli USA, sua moglie Marguerite ne recuperò il negativo grazie a Henri Langlois della Cinémathèque di Parigi e ne curò il montaggio, interpolando due cartelli per le scene non girate. Incompiuto? Questo piccolo gioiello è “un compendio limpido e perfettamente riuscito della tematica e dello stile di Renoir” (J. Lourcelles). All'amore per i personaggi, tipico del regista, è sottesa una impietosa critica dei costumi sociali. L'ironia della commedia si stempera nella melanconia finale. Come sempre in Renoir, il fascino per l'acqua fa da contrappunto alla precarietà e all'imperfezione degli esseri umani. Attenti alla lezione pittorica del padre Auguste e degli altri impressionisti, i fratelli Renoir (Claude alla cinepresa) trasfigurano in stupore panico la bellezza della natura. Non a torto il dizionario britannico dei film Time Out lo mette tra i 100 migliori film di tutti i tempi. Distribuito in Italia nel 1962 come episodio di Il fiore e la violenza (v.), intitolato “La scampagnata”.(Laura, Luisa e Morando Morandini)
Il film dura complessivamente 38 minuti ed è facilmente reperibile in Internet. I due link seguenti consentono di vederne circa 10 minuti. Il secondo link rappresenta il finale.
J.Renoir: Una gita in campagna(1)
J.Renoir: Una gita in campagna(2)
Nessun commento:
Posta un commento