Illuminante
la storia dell’antica Roma. Il suo potere iniziò con i sette re, ma, dopo la
cacciata di Tarquinio il Superbo, i Romani nutrirono una vera e propria
idiosincrasia per tutto ciò che avesse a che fare con il potere regale. L’unica
forma di stato che essi riuscivano ad immaginare per sé era la “res publica”,
legittimata dalla volontà del “senatus populusque romanus”.
Giulio
Cesare un giorno ebbe un atteggiamento ambiguo di fronte ad una corona d’alloro
avvicinata alla testa di una sua statua. Lo storico Svetonio racconta che, per
questo semplice fatto, “da allora egli non riuscì più a far cadere il sospetto
infamante di aver aspirato anche al titolo di re”.
Quando
i Romani vedevano i sudditi delle monarchie orientali prosternarsi davanti ai
loro sovrani, collegavano immancabilmente questi atteggiamenti alla loro condizione
di popoli inferiori, adusi al servilismo.
I
Romani derivarono da queste concezioni un’alta considerazione per se stessi, ritenuti
depositari di una superiore civiltà, ed un profondo disprezzo per tutto ciò che
avesse a che fare con i popoli levantini. Era lontanissima da loro l’idea che
un giorno essi potessero adottare forme di governo simili a quelle di popoli
così strani e così inferiori o addirittura che potessero giungere a compromessi.
Quando, qualche volta, lo fecero, il compromesso lo fecero per gli altri e a
spese degli altri, mai per se stessi. L’impero, con tutto quel che avrebbe
comportato, era ancora di là da venire.
Mi
viene da pensare a quello che sta avvenendo ai giorni nostri. In Europa viviamo
tutti in regimi liberaldemocratici e, se anche la democrazia è tutt’altro che
un regime perfetto, pare che finora non ne sia stato inventato uno migliore,
come diceva Winston Chuchill. D’altra parte ogni giorno veniamo a contatto,
grazie all’immigrazione selvaggia ed incontrollata, con persone che vengono
dall’Oriente. Oggi, come al tempo dei Romani, queste persone hanno conosciuto
nella loro vita quasi esclusivamente regimi dispotici e sanguinari e nella
maggior parte dei casi essi seguono un credo religioso che incita all’odio e
alla violenza, almeno nei confronti degli “infedeli”, che saremmo noi, noi
Cristiani ed Europei.
Non sarà mai abbastanza ricordare che lo
stesso Maometto, il profeta, sterminò, convertì con la violenza o sottomise
come dhimmi, cioè protetti, gli ebrei e i cristiani, che ebbero salva la vita
solo pagando una tassa, la jizya. In una circostanza Maometto decapitò personalmente
con la spada 600-900 uomini e ragazzini ebrei disarmati, confiscò le loro
proprietà e ridusse in schiavitù le donne e i bambini piccoli (circa 1000),
alcuni dei quali poi furono venduti. "Che siano uccisi o crocifissi, che
siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati
sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita
avranno castigo immenso (Corano 5:33).” Infine, per conoscere meglio il
soggetto, è ancora utile ricordare almeno una delle nove mogli del profeta,
Aisha. Era costei figlia di Abu Bakr, il miglior amico di Maometto, che scelse
la ragazzina di sei anni preferendola alla sorella adolescente e la sposò tre
anni dopo, quando lei aveva cioè nove anni, facendone la sua moglie prediletta.
L’aspetto pedofilo di questa relazione ha poi istituzionalizzato tale tipo di
matrimonio all’interno dell’Islam (vedi immagine in alto).
E’
possibile, come alcuni pretendono, che questi ultimi si integrino con noi? A
parer mio la risposta è stata già data e l’hanno data loro, non noi. E si
chiama, questa risposta, Bataclan, Charlie Hebdo, Bruxelles, Twin Towers, Londra,
Madrid, ecc… (Quanto dovrà essere lungo l’elenco, prima che l’Occidente si
svegli?)
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