giovedì 18 ottobre 2018

Un eroe del nostro tempo



Chi è Domenico Lucano detto Mimmo, ormai lo sanno tutti: a Riace, nella provincia di Reggio Calabria, nella Regione Calabria, in Italia, in Europa, nel mondo intero, di là dei mari e di là dei monti, specie da quando  nel 2010 la rivista americana Fortune lo ha collocato al 40° posto tra i leader più influenti in tutto il mondo. Ma non è da escludere che prima o poi avrebbe primeggiato anche in eventuali graduatorie a livello di Sistema solare e, perché no, a livello della nostra galassia, di tutte le galassie e dell’universo intero.
Il tutto perché, da sindaco di Riace, ha riempito il suo paese di immigrati, affiancandone e, pare,  integrandone in maniera soddisfacente circa 500 su una popolazione complessiva di 2000 abitanti e suscitando l’entusiasmo di tutti coloro che smaniano dalla voglia di sconquassare l’Italia e brindano con voluttà quando vedono un barcone carico di migranti approdare sulle nostre coste.
Ora, sia ben chiaro, non è che il nostro Mimmo ha fatto quel che ha fatto grazie a donazioni private o ricorrendo ad aiuti disinteressati. No. Ha fatto tutto con i soldi pubblici, cioè con i soldi dello Stato, cioè con i soldi di tutti noi, anche di quelli che non sono d’accordo con la sua concezione dell’accoglienza a tutti i costi. E, nell’aiutare gli immigrati, non ha tralasciato di aiutare anche gli abitanti di Riace, che ormai quasi tutti campavano e campano con l’industria dell’accoglienza, cioè sempre con i soldi pubblici.
Però, si sa, quando maneggi troppi soldi, ogni tanto capita che perdi il senso della misura e quindi è capitato anche a Mimmo di usare quei soldi con una certa disinvoltura, per non dire altro, e di commettere qualche reato. Almeno così dicono i giudici, che stanno indagando su di lui e di recente lo hanno dichiarato decaduto dalla carica di sindaco, lo hanno messo agli arresti domiciliari ed in seguito gli hanno imposto il divieto di soggiorno a Riace.
E’ stata la fine del mondo per un certo mondo che gravitava intorno a lui e che ha un bisogno insopprimibile di crearsi dei miti, o almeno degli eroi, infischiandosene bellamente di Bertolt Brecht, che considerava beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi. Anche se, diciamocelo pure, faceva un bell’effetto vedere Mimmo Lucano che salutava i suoi sostenitori con il pugno sinistro alzato a tre quarti, come eroe  ideale di una galleria ideale: da Marx, a Lenin, a Stalin, a Gramsci, a Berlinguer, a Mimmo Lucano. Ora questo mondo ha preso a sproloquiare di attentato al genere umano più che a Mimmo Lucano, di eroi che sono costretti a piangere, di dei che sono stati abbattuti dal loro piedistallo e gettati ingiustamente nella polvere.
E’ stata una sorpresa anche per il mondo che comunque non gravitava intorno a lui. Ti prendi la briga di sapere qualcosa in più su questo singolare personaggio e vai a consultare l’immancabile Wikipedia. Vieni così a sapere, tra tante altre cose banali, che il nostro Mimmo studia a Roma per diventare medico, ma dopo quattro anni abbandona l’Università, presumo perché acceso dal sacro fuoco della politica. Mi viene in mente Cocò, un personaggio con il quale il famoso meridionalista Gaetano Salvemini, agli inizi del ‘900, sferra un feroce attacco alla borghesia meridionale, incapace di concludere qualcosa di concreto all’università e soltanto capace di rincorrere un posto statale o un ruolo in politica.
Ed anche Mimmo si dà alla politica. Siamo nel pieno dell’invasione di  clandestini in Italia, lui diventa sindaco di Riace e  viene rieletto, riempiendo il paese di extracomunitari e facendo girare a pieno regime l’industria dell’accoglienza. Probabilmente, anzi certamente, finisce col credere pure lui in quello che sta facendo, anche se all’inizio si è mosso con qualche cautela,  perché non c’è niente di peggio che sentirsi dire continuamente “quanto sei bravo” da una pletora di clienti e sicofanti, che campano con gli stipendi che lui distribuisce.
Mimmo si monta la testa. Incomincia a considerare la sua attività sacra ed inviolabile, lui stesso si sente al di sopra della legge, perché spinto da una moralità superiore, che non può tener conto del ciarpame burocratico e legislativo. Nella sua qualità di sindaco celebra matrimoni irregolari, assegna appalti senza gare, non rendiconta il denaro ricevuto e speso, compie altre amenità del genere.
Lo vedi in TV mentre saluta dal balcone di casa i suoi sostenitori con il pugno chiuso di cui sopra, lo ascolti mentre recita la sua autodifesa. C’è qualcosa di falso nelle sue parole, quando parla di “reato di umanità”, di superiorità della legge morale rispetto alla legge scritta, come fosse un apostolo della non violenza, un Gandhi redivivo. E questo contrasto è alimentato anche da un paragone istintivo ed involontario, ma che non si può non fare e che finisce con l’alimentare una comicità irresistibile e feroce. Ricordi Gandhi nella sua magrezza, nel suo ascetismo, ricoperto solo dal khaddar, il particolare tessuto indiano adatto alla gente povera. A Riace invece ti ritrovi davanti una persona piuttosto in carne, con una pancia straripante, un volto sudaticcio e rintronato, una capigliatura scomposta e unta; una persona che parla di “Massimi Sistemi” con un accento marcatamente dialettale e al quale conferisce un caratteristico tono sibilante qualche dente, incisivi compresi, che non c’è più.
Ma ritorniamo a noi, perché l’avventura non è finita. Non sta a noi giudicare se Mimmo è colpevole o innocente dei reati per cui è imputato. A questo penseranno i giudici. Noi ci permettiamo di giudicarlo solo dal punto di vista umano e politico e, per quanto può valere il nostro modesto giudizio, personalmente dico che non ho difficoltà ad unirmi al coro dei suoi lodatori. Ma lo farò ad una condizione. Riace è un paese che nel corso della sua esistenza ha perso molti dei suoi abitanti, sparsi un po’ in tutto il mondo, compresi tanti giovani che vanno all’estero in cerca di un lavoro purché sia. Il giorno in cui Mimmo Lucano avrà speso anche solo la decima parte dei soldi spesi finora per gli extracomunitari, per far ritornare anche solo un centinaio di questi esuli, anche io sarò tra la folla plaudente che lo porterà in trionfo. Dico di più e mi voglio rovinare. Quel giorno per me Mimmo Lucano sarà il terzo Bronzo di Riace, molto, ma molto più importante degli altri due che si trovano al Museo di Reggio.
Ezio Scaramuzzino


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