Quando a Scandale si sentiva dire “E’ arrivato Gentilino”, ciò
significava che per molti era il momento di comprare un paio di scarpe
nuove. Erano gli anni cinquanta del
secolo scorso e anche io, allora bambino, ero colpito dal rapido propagarsi di
questa notizia.
Gentilino Girotti era di Montegranaro nelle
Marche e qualche anno prima, non si sa per quale strano incrocio di influenze
astrali, aveva sposato una Scandalese, Rosina Militi, tra l’altro mia cugina,
dalla quale aveva avuto un unico figlio, Vittorio. Gentilino era un piccolo
imprenditore e produceva scarpe, che poi vendeva personalmente, andando in giro
per l’Italia con il suo furgone e facendo sosta prevalentemente a Scandale,
dove, con la sua mercanzia, faceva una spietata concorrenza ai calzolai del posto.
Con l’inizio della bella stagione, quasi
ogni anno Gentilino riempiva il suo furgone e con moglie e figlio scendeva al
paese. Appena arrivato, depositava la famiglia e faceva il giro dei parenti,
degli amici, dei conoscenti. Dovunque era accolto bene, perché risultava
simpatico ed interessante con il suo accento marchigiano, oltre che per la sua
gentilezza (gentilezza-Gentilino, nomen omen) ed il suo carattere aperto e
gioviale.
I miei personali rapporti con lui erano
ridotti al minimo a causa della differenza d’ età, ma molto più intensi erano quelli
con suo figlio Vittorio.
Un
anno, si era nel mese di giugno, me lo vidi piombare improvvisamente alle
spalle. A causa della mia timidezza, alimentata per altro dalla selvatichezza
della vita di paese, quella improvvisa
apparizione di un bambino dai modi cittadini mi provocò un certo imbarazzo.
-Come stai?, gli chiesi, senza abbracciarlo
o tendergli la mano, come se non ci vedessimo da un paio di giorni, mentre non
ci vedevamo da un anno.
-Bene, mi rispose affabilmente. Sai, sono
stato promosso con tutti 8, aggiunse.
-Complimenti, replicai. E, anche se io avevo
avuto tutti 9 e 10, evitai di dirglielo, forse per non guastargli la festa.
-Vuoi venire con me a fare un giro?
-Sono pronto.
Lo condussi a fare un giro lungo i campi a
caccia di lucertole , di grilli, di nidi di uccelli. Vittorio all’inizio
dimostrava, come sempre, una certa ritrosia ad impegnarsi in quelle cacce, ma
ben presto abbandonava ogni ritegno e dimostrava un accanimento ed un
entusiasmo che sfociavano facilmente nella crudeltà.
Il giorno dopo mia madre mi condusse da Gentilino
a provare delle scarpe.
Allora non era abituale l’acquisto di un
paio di scarpe nuove, se prima quelle vecchie non erano ben consumate. Ricordo
bene che molti bambini portavano scarpe rinforzate alla base con chiodi di
ferro, “tacce” le chiamavamo noi, per allungarne la durata, con la conseguenza
che, quando camminavano sul selciato o su un pavimento, provocavano un rumore
che ricordava quello dei soldati in parata.
Quel giorno Gentilino mi fece provare
qualche paio tra le poche adatte a me, ma nessuna scarpa mi andava bene o mi
piaceva.
-Ah, ma tu sei abituato male. Zia, disse
rivolgendosi a mia madre, hai un figlio incontentabile, fagli cambiare
abitudini. A proposito, zia, ti porto delle rane in questi giorni; se me le
cucini, ti ringrazio.
-Certo, quando vuoi, disse mia madre,
strattonandomi e portandomi via.
Ora bisogna sapere che tra le tante
stranezze di Gentilino, ce n’era una di cui tutti parlavano con un senso di
meraviglia, per non dire altro. Ed era
che Gentilino era un ghiotto mangiatore di rane, sicché anche quell’anno, come
tante altre volte, riunì la sua compagnia di giro per andare a caccia.
Frequentatori abituali della compagnia erano mio cugino Giovanni Scaramuzzino, mio
fratello Salvatore, Orlando Gentile alias Landuzzo, Giuseppe Ierardi alias
Pepp’i Seppa, Vittorio Garofalo alias Cugino Cugì.
L’allegra compagnia girovagò per i campi,
lungo stagni e polle d’acqua e la caccia fu abbondante, perché dalle nostre
parti a nessuno passava per la mente di mangiare rane, che quindi si
moltiplicavano con incredibile facilità e velocità. Il “prelibato” convito
veniva preparato a turno in casa di uno dei commensali e quella volta fu
preparato a casa mia.
Ricordo ancora, come fosse oggi, mia madre
che cucinava le rane in vari modi, per lo più fritte. C’era tanta altra roba
ovviamente, perché le rane le mangiava quasi solo Gentilino e gli altri
facevano solo finta di mangiarne qualcuna che in realtà, forse, finiva poi
nella spazzatura. Il vino scorreva in abbondanza e ben presto alimentava lo
spirito brioso della compagnia. Allora Gentilino si metteva immancabilmente a
cantare le canzoni e le filastrocche di Scandale, ma le cantava in modo buffo,
in uno strano accento calabro-marchigiano, che alimentava ancora di più
l’ilarità di tutti. Ne cantava soprattutto una:
“ E d’ammianzu sta casa penda nu zippunu,
ohi nu zippunu,
e d’aru ziu Cicciu cu via nu barunu e sona e
sona-la.
E d’ammianzu sta casa penda na pettinissa,
ohi na pettinissa,
e d’ara za ‘Ntonetta, ca via na barunissa e
sona e sona-la.
(E in mezzo a questa casa pende un ceppo,
che io possa vedere zio Ciccio (padrone di
casa) come un barone.
E in mezzo a questa casa pende un pettine
femminile,
che io possa vedere zia Antonietta (padrona
di casa) come una baronessa).
Sul
tardi, quando il convito finiva, tutti rientravano a casa più o meno
barcollanti. Sembrava bella la vita allora e tutti si auguravano che questa
bellezza del vivere non dovesse mai vedere la fine.
Ma lo spirito ridanciano della compagnia non
si limitava solo a questo, perché ogni tanto qualcuno escogitava qualche burla,
tanto per fare qualcosa, tanto per cambiare, tanto per non annoiarsi.
Ed una strana idea venne in mente a Pepp’i
Seppa. Peppe era un temibile giocatore di poker, nel quale riusciva a spennare quasi tutti, ma
nella sua fredda determinazione era anche un po’ perfido e rancoroso perché si
sentiva perseguitato a causa di una menomazione ad un braccio. Per questo
motivo, quando subiva qualche sgarbo, subito si adombrava e, pur facendo finta di
niente, era sempre incline a vendicarsi, anche a distanza di tempo.
E Peppe l’anno prima uno sgarbo l’aveva
subito proprio da Gentilino, il quale un giorno gli aveva quasi ficcato in
bocca una mezza rana, provocandogli dei conati di vomito che avevano suscitato
le risate e gli sghignazzi dell’intera compagnia.
Senza dir niente agli altri, Peppe pensò
bene di procurarsi un pezzo di formaggio Gorgonzola, allora del tutto
sconosciuto dalle nostre parti. Si recò a Crotone per procurarselo e riuscì a
trovarne un tipo particolarmente puzzolente, che era pure scaduto da un bel po’
e che quindi alla sua puzza normale aggiungeva quella derivante dal fatto che
era andato completamente a male, fino a diventare un ammasso maleodorante che
avrebbe abbattuto perfino un toro.
Peppe lo sigillò ben bene in una busta e,
una volta ritornato al paese, aspettò il momento opportuno per attuare il suo
piano. Il giorno dopo, era un sabato sera e per la domenica l’allegra brigata
aveva programmato un’escursione in Sila, approfittò del fatto che il furgone di
Gentilino era rimasto incustodito e vi si intrufolò furtivamente.
I veicoli del tempo incominciavano ad essere
dotati di rudimentali condizionatori d’aria, consistenti in un semplice tubo
che funzionava da presa d’aria, provocandone quindi il ricambio all’interno dell’abitacolo. Peppe
aprì il boccaglio di plastica che
normalmente lo tappava, vi introdusse facilmente il Gorgonzola in gran
quantità e poi lo richiuse, badando che il formaggio non fosse visibile ad
occhio nudo. Nessuno lo aveva visto e nessuno si accorse di niente.
Il giorno dopo, mentre il furgone affrontava
i primi tornanti verso San Mauro Marchesato, Peppe incominciò a lamentarsi del gran
caldo.
Peppe:- Mamma, che caldo!
Landuzzo:- Davvero. Proprio non si sopporta.
Giovanni:- Gentlilì’, ed apri ‘sto benedetto
condizionatore. Ce l’hai; usalo!.
Gentilino, che in genere preferiva aprire il
finestrino,:- E va bene, apriamo il condizionatore.
Silenzio generale. Dopo qualche minuto,
Cugino Cugì, aspirando con il naso, :- Ma la
sentite ‘sta puzza? Qualcuno avrà scorreggiato.
Salvatore:- Ma quale scorreggia? Questa è
cacca, semplicemente cacca.
Giovanni;- Ma che mangiate a casa per poi
fare ‘ste puzze?
Cugino Cugì:- Nu spitu russu ‘ntru culu (uno
spiedo rosso nel culo). Questo ci vorrebbe, gran figli di…
Peppe:- Ma lo fate ogni tanto un bagno?
Perché mi sa tanto che c’è qualcuno che puzza…
Salvatore:- Ma forse è proprio ‘sto catorcio
di furgone che puzza.
Gentilino:- Ma che c… dici? Il furgone io lo
sono lavato ‘vantieri ( I Marchigiani usano solo l’ausiliare essere).
Insomma, tra andata e ritorno, l’intero
viaggio si svolse tra imprecazioni, puzze, vaffa… e litigi vari, con l’unico
intervallo della pausa pranzo in una trattoria di Camigliatello, dove si mangiò
a base di trote , vino e funghi della Sila.
Il giorno successivo Gentilino non perse
tempo, perché anche lui era ossessionato da quella puzza che non accennava a
diminuire e portò il furgone da un meccanico a Crotone, che non ebbe difficoltà
a capire subito l’inghippo. Il meccanico dovette smontare l’intero tubo per
ripulirlo e, quando fu trovato il Gorgonzola, Gentilino mangiò la foglia e in
cuor suo giurò vendetta, tremenda vendetta. Al momento gli dispiacque solo il
pagamento di 10.000 lire, una cifra consistente per quei tempi, ed egli calcolò
mentalmente che lo scherzo gli era costato
l’equivalente di circa dodici paia di scarpe, dal momento che per lui un paio
di scarpe costituiva l’unità di misura in ogni operazione finanziaria di dare
ed avere.
Gentilino ebbe difficoltà a prendere sonno
quella sera. Nel silenzio della notte cercò di capire chi era stato l’autore dello scherzo e
credette di averlo individuato facilmente. Non poteva che essere Vittorio
Garofalo, alias Cugino Cugì, di professione barbiere, al quale aveva rifiutato
una volta il pagamento di un taglio di capelli, adducendo a pretesto, e per
scherzo, solo per scherzo, una lozione non di suo gradimento. Aveva quel giorno
sostenuto, tra le risate e le scompisciate degli amici, che quella lozione
puzzava. Come il Gorgonzola del resto.
Doveva vendicarsi e vendicarsi presto, prima
che l’incazzatura gli sbollisse. E si
vendicò, anche se con la persona sbagliata, e si vendicò molto presto, come
voleva, anche se ebbe bisogno della collaborazione dell’intera allegra brigata.
Io riuscivo a seguire queste vicende grazie
al fatto che, piccolino com’ero, stavo sempre ad orecchiare i discorsi dei
grandi, i quali non facevano caso a me, considerandomi innocuo, ed anzi
talvolta mi utilizzavano per piccole incombenze, dandomi così modo di
giustificare il mio continuo aggirarmi nei loro paraggi.
Quando Gentilino mise gli altri a parte del
suo stratagemma, non dovette nemmeno sforzarsi per convincerli: erano già tutti
convinti della bontà del piano e si ripromettevano una giornata oltremodo
interessante e piena di allegre sorprese. Alla base di tutto c’erano alcune
compresse di metilene, innocue, normalmente usate nei laboratori di analisi e
che colorano di blu le urine. Gentilino se le era procurate qualche tempo prima,
in occasione di alcune analisi che aveva dovuto fare, e decise di utilizzare le
poche che gli erano rimaste.
Il
giorno dopo, era il martedì successivo all’escursione domenicale in Sila, a sera si ritrovarono tutti a fare uno
spuntino a casa di Cugino Cugì. Era solo uno spuntino, con qualche oliva, un
pezzetto di pecorino silano e un bicchiere di vino. Durante la cena, Cugino
Cugì si allontanò un attimo per svuotare la vescica e Gentilino ne approfittò
per mettere velocemente nel di lui bicchiere di vino una compressa che si
sciolse in un attimo. Gli altri assentirono, riuscendo comunque a trattenere le
risate. Dopo qualche minuto Gentilino, con un tono vagamente serio e
preoccupato, prese a dire:
- Intanto posso dirvi che ho risolto il
problema della puzza nel furgone. Si trattava di un topolino morto da chissà
quando, che era andato a finire nel tubo dell’aeratore. Ma è tutto risolto. (E
tutti accettarono o finsero di accettare quella spiegazione). Ma il problema
non è questo. Ieri sera non sono stato molto bene e so anche il perché.
Domenica in Sila abbiamo mangiato un po’ troppo. E poi quelle trote…Non so se
avete sentito la radio…
Landuzzo:- Che è successo?
Gentilino:- E’ successo che….almeno così ha
detto la radio…che le trote del lago Arvo in Sila sono colpite da un pericoloso
batterio, ma solo quelle del lago Arvo. Mo io non so da dove venivano quelle
trote, ma una cosa è certa… ed è che io non sono stato bene.
Giovanni:- Esagerato! Per due trote... E
poi, se non vanno bene le trote della Sila, vuol dire che non si può mangiare
più niente…
Gentilino:- Esagerato un corno…Anzi a me è
andata pure bene, perché diceva la radio che a Cosenza ci sono stati pure due
morti per queste trote…
Salvatore:- Addirittura…
Pepp’ i Seppa:- Io non ci credo…mi sembra
troppo…
Gentilino: Non so che dirti. La radio dava
pure qualche consiglio…Non prendere la cosa sotto gamba, soprattutto se si nota
un colore bluastro nell’urina. In questo caso andare subito dal medico, perché
entro qualche ora si può pure morire.
Cugino cugì, che fino ad allora si era
limitato ad ascoltare:-Ma se sono passati due giorni dalle trote…Vuol dire che
il pericolo non c’è più…
Gentilino: E no, caro mio, perché l’effetto
può verificarsi entro quattro giorni…specie per quanto riguarda l’urina blu…
Cugino Cugì:- Cose da pazzi…nemmeno le trote
della Sila si salvano più…
Poi Cugino Cugì, che già era ipocondriaco di
suo e credeva di avere addosso tutte le malattie del mondo, si accorse che
stava sudando troppo e andò in bagno per asciugarsi. Gentilino ne approfittò
per rifilargli un’altra compressa di metilene in un secondo bicchiere di vino.
Intanto qualcuno fece presente che era quasi mezzanotte,
qualcun altro propose di bere un ultimo bicchiere di vino e tutti bevvero,
esclamando in coro un lungo Prosit. Infine si augurarono la buona notte, la
compagnia si sciolse ed ognuno si avviò verso casa.
Quando Vittorio Garofalo si ritrovò solo, si
accorse di avvertire un strano peso allo stomaco. Chiese alla moglie di
preparargli del bicarbonato, lo bevve d’un fiato e se ne andò a dormire. Ma non
si sentiva tranquillo. Non riusciva ad addormentarsi, si girava e rigirava
sotto le lenzuola e solo verso l’alba si assopì. Quando si svegliò, si accorse
che doveva andare al bagno. Aveva ormai dimenticato tutti i discorsi della sera
precedente, ma se ne ricordò con terrore quando vide che dalla sua vescica
fuoriusciva un getto di liquido blu, come non l’aveva mai visto in vita sua. Si
sentì perduto. Si rivestì in fretta e, vanamente inseguito dalla moglie che
cercava di calmarlo, si diresse quasi di corsa alla casa di Gentilino, che
stava ancora dormendo e fu svegliato da furiosi colpi alla porta.
-Sto morendo, gridò Vittorio, portami subito
all’ospedale di Crotone con il tuo furgone.
-Che è successo?
- E’ successo che ho fatto la pipì blu.
-Sei sicuro?
-Sì, sono sicuro, sicuro come la morte. Era
blu come un topazio. Sbrigati, sono morto….
-Ma dai…ma quale ospedale…magari ti porto
dal Medico Mauro, qui a Scandale.
Mentre Vittorio si dimostrava sempre più
impaziente e smaniava, con calma Gentilino si vestì, fece colazione, si preparò
e poi con il furgone lo portò all’ambulatorio medico, già aperto.
Vista l’urgenza del caso, gli altri pazienti
gli diedero la precedenza e l’infermiere don Agostino Madia lo introdusse
direttamente dal medico.
Qui Cugino Cugì cercò di spiegare al medico
quel che era successo, parlando di trote, vino, pipì blu, Cosenza, ma era
difficile capirlo.
Il medico:- Che t’è successo?
Cugino Cugì:- Ho pisciato blu.
-E perché hai pisciato blu?
- Per le trote.
- Quali trote?
- Quelle che erano nel vino….
- Le trote erano nel vino!?
- Non erano nel vino, ma venivano da Cosenza…
- E come facevano a venire da Cosenza?
- Non lo so come facevano. Ma io sto per
morire ed ho pisciato blu.
Alla fine il medico Mauro ritenne che l’unica malattia di Vittorio fosse quella
derivante da una solenne sbronza non ancora smaltita, gli prescrisse un
sedativo e lo tranquillizzò sulla rapida guarigione.
Intanto la notizia del malore si era sparsa
nel paese e all’uscita dall’ambulatorio Gentilino e Vittorio ritrovarono gli
amici della compagnia che si scompisciavano dalle risate. In quattro lo
sollevarono e, trasportandolo come su una barella, lo accompagnarono verso casa.
Si formò uno strano corteo, nel quale finii col trovarmi pure io, che seguivo
gli altri ed osservavo meravigliato e divertito. Il corteo attraversò le strade
del paese e, man mano che procedeva, si ingrossava sempre di più, soprattutto per la
presenza di tanti monelli, che facevano coro gridando e spernacchiando a più
non posso. Quando si arrivò a destinazione, il “malato” fu affidato alle
amorevoli cure della moglie, in ansia per la lunga attesa.
Così si viveva allora a Scandale e così
spesso ci si divertiva e si passava il tempo. Quanto a Gentilino, quell’anno
egli si fermò al paese quasi fino a ottobre e spesso ritornò a parlare delle
trote, del vino e della pipì blu, sempre destando la meraviglia e l’ilarità
degli ascoltatori.
Tanti anni dopo, si era negli anni settanta,
vidi Gentilino per l’ultima volta. Era venuto nel periodo di Natale e lo
incontrai presso dei parenti. Non l’avevo quasi riconosciuto: era magro,
pallido, con l’occhio spento; non era più il Gentilino di una volta, rubizzo,
robusto, in carne, sempre pronto e padrone di se stesso. Ci abbracciammo con
affetto e lui mi disse che era affetto da una grave forma di diabete. Ci
intrattenemmo su varie cose e forse parlammo anche della pipì blu e di Cugino
Cugì. Al momento dei saluti, mi accorsi che ero commosso un pochino e che anche
lui era un po’ commosso. Non l’avrei più rivisto.
Ezio Scaramuzzino
Credo che storia di Gentilino,personaggio quasi di pura fantasia,richiami alla mente fatti,circostanze e atteggiamenti di verghiana memoria.Con uno stile essenziale e scorrevole, l'autore introduce il lettore in una piacevolissima storia,in cui predomina la coralità ed il dinamismo dei componenti della brigata.Non mancano i riferimenti che tratteggiano e sottolineano l'epoca di riferimento,sottoposta ad un diffuso e radicale persistere di gravi condizioni economiche.
RispondiEliminaPredomina il tocco ilare e giocoso,che rendono ancora più gradita l'intera narrazione!
Caro Delfino, ti ringrazio per l'attenzione che riservi ai miei racconti, ma tengo a precisare che i personaggi ed i fatti non sono per nulla immaginari. Questo cambia poco o niente, ma è solo una precisazione. In ogni caso ti ringrazio pure per le belle parole. Un abbraccio.
RispondiEliminaI fatti e i personaggi sono una vera realtà vissuta,il sig.Gentilino era un militare di stanza in Calabria e precisamente nel crotonese,un giorno fecero campo a Scandale a via Roma per essere precisi.e in questa via che, aiutati dalle donne del paese ,preparavano da mangiare e da bere e proprio durante una di queste giornate che Gentilino si innamorò di una ragazza di via Roma,la sig.ra Rosina Militi che sposò e portò con sè a Montegranaro in provincia di Ascoli Piceno.
RispondiEliminaVedo che sei molto documentato...Posso sapere chi sei?
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