Ho
appena finito di leggere il tuo libro “Un sogno che dura una vita”. L’ho letto
d’un fiato, come alla “ricerca del tempo perduto”, che accomuna le vite di
tanti che sono giovani e vanno incontro alla vita, o di tanti che giovani sono
stati in quei formidabili anni 70 che ci hanno visti crescere e diventare
uomini e che tu hai saputo raccontare tanto bene.
E’ stato
un ritorno al tempo dei nostri sogni, alla riscoperta di un tempo che forse non
ritornerà più, perché tante cose sono cambiate da allora e non è più il tempo
delle feste organizzate in casa, dei balli quasi clandestini, delle partite di
calcio a livello dilettantistico che nei nostri paesi assumevano la stessa
importanza di una finale di Coppa del mondo. E dico “nostri paesi”, perché
questi paesi si rassomigliavano un po’ tutti: ci accontentavamo di poco ed
eravamo felici, senza saperlo.
Poi,
su quel mondo fatto di piccole cose e di tanta, sconosciuta, felicità, si
abbatte la tempesta del dolore e della morte e la vita viene sconvolta. Resta
il valore dell’amicizia virile, della forza incrollabile della speranza che non
muore, e resta soprattutto il valore ineliminabile del ricordo, che diventa
grande come la vita, anzi più grande della vita, perché non conosce limiti e
niente o nessuno potrà mai affievolirlo o cancellarlo.
Un
famoso film degli anni sessanta, Il
sorpasso, di Dino Risi, con Vittorio Gassman, si conclude con un tragico
incidente stradale. Non ti nascondo che, mentre leggevo le ultime frasi del tuo
libro, per una evidente associazione emotiva, ho ricordato quel film e quel
finale. E mi sono commosso.
Ezio Scaramuzzino
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