Fratello mio, fratello nostro, fratello caro. Siamo qui, e ci siamo tutti,
stretti vicino a te, perché tutti avvertiamo la sofferenza, il dolore, lo
strazio per l'inizio del tuo ultimo, definitivo viaggio. Io e te siamo nati
nella stessa famiglia, siamo poi cresciuti e vissuti nella stessa comunità,
legati da quegli stessi vincoli e da quell'unico, comune destino, che ci ha
tenuti l'uno accanto all'altro fino a qualche giorno fa. Siamo vissuti,
fratello mio e tante volte non siamo riusciti ad esprimerci reciprocamente il
bene che ci volevamo, per quel pudore che spesso ci ha condizionati,
nella convinzione che il bene, l'affetto, per non dire altro, non fosse
necessario esprimerlo con le parole, anche perché non esistono parole che possano
esprimere adeguatamente l'intensità di certi sentimenti. Sapevamo che il bene era
meglio esprimerlo con il cuore, piuttosto che con le parole. Siamo vissuti
così, fratello mio, spesso nel silenzio e talvolta nell'intesa espressa solo
dai nostri sguardi, dalle nostre emozioni.
Ma ora voglio che si sappia il bene che ci
siamo voluti, l'affetto che ci ha legati, il dolore per la tua partenza. Ora
che tu non sei più con noi, voglio palesare per intero il mio, il nostro
dolore, anche se la mia voce è sommessa, come una volta, come sempre, come
avviene tra persone che non hanno bisogno di gridare.
Tu non ci sei più, ma a me resta tutto di
te. Tu eri il mio fratello più grande, ma il più vicino a me negli anni.
Ricordo ancora, come fosse oggi, quando io
ero un bambino gracile e indifeso che si affacciava alla vita e tu mi
proteggevi con la tua presenza. Bastava quella, la tua sola presenza, e guai a
chi si permetteva di farmi del male, perché tutti gli altri bambini sapevano
che in tua presenza non era consentito a nessuno essere prepotente con me.
Ricordo le giornate trascorse in campagna,
le cavalcate a dorso di cavallo. Io mi aggrappavo a te e tu guidavi il cavallo
al galoppo; passavamo sotto gli ulivi e tu mi gridavi continuamente
"ramo", "cima", "piegati", per evitare che mi
capitasse di ruzzolare a terra.
Ricordo quando mi insegnavi a distinguere
le erbe buone e commestibili da quelle pericolose. Lo stesso facevi con gli
animali che mi insegnavi a riconoscere e tu eri sempre disponibile a rispondere
alle mie domande ed a soddisfare la mia curiosità infinita.
Ricordo quando a sera, di ritorno dalla
campagna, mi portavi la frutta buona e qualche volta me la conservavi in un
canestro speciale, avvisandomi che quella era solo per me.
Poi, come spesso avviene, le vicende della
vita ci hanno separati e portati a vivere in luoghi ed in ambienti diversi, ma
la distanza non ci ha mai impedito di continuare a sentirci come parte
della stessa, unica famiglia ed ad avvertire tra tutti i membri di questa famiglia
un legame che non poteva affievolirsi e che è destinato a superare anche i
confini dell'esistenza terrena.
Fratello mio, la vita non sempre è stata
bella e splendente per noi. Abbiamo conosciuto la gioia e il dolore, la
felicità e il rimpianto. Come sempre avviene del resto, come è per tutti. Ma
una parte della mia felicità deriva anche dalla consapevolezza di aver vissuto
una parte della mia vita accanto a te.
Fratello mio, ora non ci sei più e ci hai
lasciati più soli. Ed io sono qui a cercare di riempire con le mie parole
il vuoto incolmabile che hai lasciato. Addio, addio, fratello mio.
Che la terra ti sia lieve.
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Il testo sarà letto nel corso delle esequie che si svolgeranno a Scandale,
nella Chiesa Madre, il giorno 22 luglio 2020, alle ore 16,30.
*Nella foto Ezio Scaramuzzino con il fratello Nando.
Bellissimo ricordo
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