Nel 1566 nei protestanti Paesi Bassi,
sottomessi alla cattolicissima Spagna, scoppiò la Rivolta dei Pezzenti, così
definita con disprezzo dai dominatori Spagnoli. I rivoltosi rivendicarono con
orgoglio tale nome, vinsero la guerra ed ottennero infine l’indipendenza.
Ma, come dice Marx, la storia si svolge come
tragedia e si ripete come farsa. E la farsa è quella della rivolta che oggi
vede impegnati i sinistri nel referendum
contro l’autonomia differenziata. Osservate la foto. E’ possibile scorgervi
molti personaggi noti, oggi impegnati
nella rivolta contro l’autonomia ed a difesa dei poveri e dei
diseredati, i “pezzenti” appunto. Si sono fatti riprendere in gruppo al momento
di presentare in Cassazione il quesito referendario abrogativo dell’autonomia,
fiduciosi così di passare alla Storia. Sono orgogliosi, tutti in carne e
sorridenti, ben lontani dal sembrare
pezzenti. Anzi, a voler essere più precisi, bisognerebbe dire che si
tratta del fior fiore della classe dominante: quella che nei regimi comunisti
di una volta veniva chiamata “La Nomenklatura”; quella abituata a comandare
sempre, a prescindere da chi vince le elezioni; quella che vive di politica e
di parapolitica; quella che ha la villa a Capalbio e l’attico o il
superattico a Roma; quella che ha la puzza
al naso e ti dice come devi vivere, come devi riprodurti, come devi morire.
Loro si definiscono “i progressisti”, ma sono semplicemente i sinistri, nel
senso letterale del termine, nel senso di sinistro come danno, incidente,
sciagura, sventura, morte.
Ora credono di aver capito che l’autonomia,
fino all’altro giorno esaltata pure da loro, danneggia le regioni meridionali,
come se finora queste regioni fossero state il motore della storia italiana,
europea e mondiale. Senza almeno provare a vedere se, cambiando qualcosa nelle
regole, queste regioni possano, con uno scatto di reni, oltre che di dignità,
almeno cessare di essere le ultime in ogni campo.
La
cosiddetta “questione meridionale” è legata alla nascita dell’unità d’Italia e
dura quindi da circa 150 anni. E’ costata una quantità infinita di soldi, che
non sono serviti a niente. Si può almeno provare a vedere se con l’autonomia
qualcosa possa cambiare? O noi
meridionali dobbiamo essere considerati per l’eternità i paria e i
mantenuti d’Italia? Quelli che campano di elemosina e che sono incapaci di
autogovernarsi, come se fossimo degli incapaci o dei subumani?
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