Per tanti anni, dopo averli sostenuti, il mio incubo ricorrente sono stati gli esami di maturità. Sognavo di fare gli esami e poi, quando andavo a vedere i risultati, mi accorgevo di essere stato bocciato. Oppure mi trovavo allo sportello di qualche ufficio e l’impiegato mi chiedeva il certificato. Lo cercavo e mi accorgevo che in realtà io non avevo mai superato quegli esami. Qualche volta mi svegliavo, contento di constatare che era stato solo un brutto sogno.
In realtà gli esami di maturità sono stati veramente una gran paura, forse una delle prime grandi paure della mia vita.
In seguito, anche all’Università, mi è spesso capitato di perdere l’appetito per due o tre giorni prima di un esame, ma quella volta, prima della Maturità, credo di aver avuto difficoltà con il cibo per almeno una settimana. Ricordo che la mattina degli orali, poco prima di essere chiamato, ebbi un conato di vomito, che mi costrinse a rifugiarmi in un bagno, dove riuscii ad eliminare solo della schiuma biancastra, l’unica cosa rimasta nel mio stomaco sconvolto.
Allora agli esami si portava tutto il programma dell’ultimo anno, oltre a parti di programma dei due anni precedenti, con interrogazioni nelle singole materie. In Italiano, ad esempio, fui interrogato solo sull’Inferno, che avevo studiato in prima Liceo, invece che sul Paradiso, che avevo studiato in terza.
L’esame andò bene. Gli esaminatori, dopo le prime domande, cui risposi con disinvoltura, incominciarono a chiedermi argomenti fuori programma, perché avevano voglia di rompere la monotonia delle domande ricorrenti. La novità destò l’attenzione di alcuni ragazzi, che si avvicinarono al tavolo degli esami, spinti dalla curiosità e dalla voglia di fare quasi il tifo.
Fui interrogato sui miei gusti musicali e cinematografici e finii col divertirmi anche io. Ma, appena uscito, fui costretto a correre un’altra volta in bagno, anche se per motivi diversi da quelli della prima volta.
La tensione dell’esame si era sciolta e mi sentivo ormai tranquillo e rilassato, ma, assieme alla tensione dell’esame, si era sciolta anche la tensione che fino a quel momento aveva inesorabilmente bloccato la mia povera vescica, ormai libera di reclamare i suoi diritti.
Corsi a precipizio ed infilai per la fretta un vicino bagno femminile, incrociando una ragazza, che mi guardò allarmata. Non richiusi nemmeno la porta. Mi sentivo felice finalmente. Forse più per la liberazione della mia vescica, che per la liberazione dalle mie paure e per l’esame felicemente superato.
Ezio Scaramuzzino
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