Dunque, è fatta: Matteo
Salvini andrà a processo per il caso della nave Gregoretti. Ma di tutta la
vicenda, forse ciò che difficilmente potrà essere cancellato dalla memoria è
l’immagine di quegli scranni vuoti, ieri al Senato, mentre una maggioranza parlamentare
ed il suo governo di riferimento consentivano una delle cose più abbiette della
nostra storia politica. Ed il fatto che lo stesso Salvini abbia chiesto di
essere mandato a processo non attenua per nulla la vergogna di quanto accaduto.
Quegli
scranni vuoti stavano ad indicare la viltà di un governo, che non ha il
coraggio di ciò che fa, che preferisce gettare la pietra e nascondere la mano.
Questo governo, e questa maggioranza che lo sostiene, sono ben decisi a
crocifiggere Salvini, ma di una sola cosa si preoccupano: che questa loro
ottusa ostinazione non finisca con l’avvantaggiare il “nemico”. Ed è per
questo che ogni tanto questi personaggi balbettano risibili giustificazioni del
loro operato, finendo col caratterizzarsi solo per la loro impudenza, giunta
ormai ben al di là di quanto consenta ogni umana sopportazione.
Salvini
non dovrà faticare molto nell’affrontare il processo, ma non si faccia
soverchie illusioni e soprattutto non dica “io ho fiducia nella magistratura”. Ciò che lo avvantaggia è il fatto che le
accuse sono risibili, ma, ormai da troppo tempo, l’Italia non è più un Paese
normale e, se si pensa a quanto la nostra magistratura è stata capace di essere
faziosa in tanti processi, non penso sia il caso di essere eccessivamente
tranquilli.
E,
soprattutto, Salvini non faccia l’errore di affrontare il processo per andare a
difendersi. Non c’è nulla da cui egli debba difendersi. La sinistra vuole la
guerra? Ebbene! Che guerra sia! Non gli sarà difficile sbeffeggiare statisti come il bibitaro Di Maio, come
l’avvocato prof. Conte, specialista nel superare concorsi fasulli, o il faceto
Toninelli, ministro dei Trasporti a sua insaputa, o ancora lo sbruffone Renzi,
giustizialista a seconda delle convenienze, o ancora quell’accolita di
profittatori, il cosiddetto Partito Democratico, abituati a far fuori i loro
avversari politici con l’aiuto di una compiacente Magistratura, quando non
riescono a farlo diversamente.
E,
se guerra deve essere, che sia guerra continua, perché, diciamolo pure, ormai
non se ne può più. Oltre tutto, “la guerra, diceva Von Clausevitz, è la
continuazione della politica svolta con altri mezzi”, e quindi, se è vero che
in guerra, come in amore, tutto è lecito, orbene facciamola questa guerra e
facciamola davvero, dal momento che loro, i sinistri, la guerra ce l’hanno
dichiarata, ormai da tanto tempo, e non si fanno nemmeno tanto scrupolo di
ammetterlo.
La
Lega è un partito ormai largamente strutturato e profondamente radicato in tanta
parte del Paese. La Lega amministra tante regioni ed ha tanti deputati,
senatori, governatori, sindaci e tanti altri rappresentanti ad ogni livello.
Orbene questo partito, oltre a far sentire a Salvini la sua doverosa, ma in fondo sterile, solidarietà burocratica ed
istituzionale, orbene questo partito si mobiliti, non dia tregua nella difesa
del suo leader, anche con atti inconsueti e clamorosi, anche simbolici, faccia
sentire il suo fiato sul collo degli avversari.
Che
succederebbe se, in caso di condanna, tutti i rappresentanti della Lega, in
tutta Italia, nello stesso giorno, minacciassero le dimissioni, fregandosene e
respingendo al mittente ogni critica in merito? Si chiede troppo? Già sento
Travaglio e le altre prefiche della sinistra: condizionamento o, peggio,
intimidazione della magistratura, fine della divisione dei poteri e altre
amenità del genere. Si potrebbe rispondere con una pernacchia, ma, se proprio
si vuole perdere un po’ di tempo con chi si rifiuta o è incapace di capire, si
potrebbe rispondere che in Italia la divisione dei poteri non esiste più. E non
esiste più da quando una classe politica vile ha deciso di mettersi nelle mani
della magistratura e di far decidere ad essa che cosa un ministro può fare
nell’espletamento della sua azione politica.
Un
ultimo consiglio, anche se non richiesto, come del resto tutti gli altri.
Onestamente, al punto in cui siamo, non ho idea di come finirà il processo,
anche perché in Italia spesso le sentenze prescindono dall’effettiva
colpevolezza degli imputati. Quello al quale stiamo assistendo è solo un
processo politico, come quello contro Socrate, contro Dreyfus e tanti altri e,
come tutti i processi politici, può riservare qualche sorpresa. Ma, se per caso
Salvini dovesse essere condannato, ebbene non faccia appello contro la
sentenza.
C’è
un precedente in merito. Il grande Giovannino Guareschi ebbe la ventura di
essere condannato in una causa per diffamazione contro Alcide De Gasperi.
Guareschi non fece appello e, come estrema forma di protesta contro una sentenza
che egli riteneva ingiusta, semplicemente, si presentò in carcere e scontò
l’anno di reclusione al quale era stato condannato, senza pietire niente a
nessuno.
Il
caso di Salvini è diverso e oltretutto la legge Severino prevede la decadenza
da ogni carica politica anche dopo la sentenza di primo grado (legge applicata
solo a Berlusconi), ma la sostanza non cambia. Salvini affronti la cosa a testa
alta e con dignità, come del resto ha sempre fatto finora.
Sia
ben chiaro: Salvini ha fatto qualche
errore tattico (ma non quelli che gli attribuiscono i suoi avversari e nemici), ma i
suoi avversari e nemici stanno facendo di tutto per renderlo il punto di
riferimento per tutti coloro che ormai non ne possono più. Non ne possono più
di un Paese, in cui le nascite sono diminuite peggio che in tempo di guerra, in
cui le fabbriche chiudono, i giovani sono costretti ad emigrare, il PIL
diminuisce paurosamente, i soldi vengono regalati a mafiosi e nullafacenti, i
clandestini aumentano a vista d’occhio e stanno invadendo il paese, l’ordine
pubblico è un patetico ricordo del passato…e mi fermo qui, per carità di
Patria.
Salvini,
fatti forza, facciamoci forza. Penso che, se saremo uniti, ne verrai fuori, ne
verremo fuori.
Ezio Scaramuzzino
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