martedì 3 ottobre 2017

A proposito della Catalogna


Complessa  e complicata la situazione del referendum sull’ indipendenza della Catalogna e difficile valutare i torti e le ragioni dei contendenti: da una parte la Spagna eterna di Cervantes e di Miguel de Unamuno e dall’altra parte la Catalogna arrembante delle Ramblas, della Sagrada Familia e di Antoni Gaudì.
La Catalogna è la più ricca regione della Spagna (non bisogna dimenticare questo) ed è stata indipendente fino al 1714, alla fine della Guerra dei Sette Anni. Più di recente, soprattutto nel corso degli ultimi venti anni, ha cercato di raggiungere una sempre maggiore autonomia fino alla rivendicazione della piena indipendenza,  sulla base di una vera o presunta differenza etnica, culturale, linguistica con il resto della Spagna.
Nulla di eccezionale: non è il primo, non sarà l’ultimo caso di una regione che rivendica  tale diritto. Vedi Scozia, Paesi Baschi, Kossovo, Fiandre, ecc.
Sappiamo tutti come è andata a finire domenica 1 ottobre 2017: la Guardia Civil ha quasi materialmente impedito lo svolgersi del referendum per l’indipendenza ed ha menato botte da orbi contro gli indipendentisti catalani che si sono limitati ad opporre una resistenza passiva. D’altra parte, se la richiesta d’indipendenza è un atto rivoluzionario e la rivoluzione non è un pranzo di gala, come diceva Mao Tse-Tung, chi la fa deve mettere in conto una reazione dura.
Eppure, eppure, forse per la prima volta nella mia vita, io che mi sono sempre istintivamente schierato dalla parte dei vinti contro i vincitori, dalla parte degli oppressi contro gli oppressori, io mi sono accorto, con sorpresa ma non troppo, che questa volta stavo facendo il tifo per la Spagna e non per la Catalogna.
Ovviamente mi sono chiesto il perché di questo mio istintivo atteggiamento e mi sono dato delle risposte, che ho cercato di riassumere nei punti seguenti.
1-Non più tardi di qualche mese fa un grande corteo a Barcellona, con la presenza di tutte le più importanti personalità della politica regionale catalana, ha chiesto di avere più immigrati, più clandestini, più extracomunitari, più Rom, più Sinti, più nomadi di qualsiasi genere, in opposizione alla politica  del governo centrale spagnolo di Mariano Rajoy, chiaramente orientata in senso opposto.
Ora io mi chiedo: come fa la Catalogna, che ogni giorno rivendica la sua unicità rispetto al resto della popolazione spagnola, a rivendicare un’invasione tendente ad annullare questa diversità ed a trasformare la popolazione catalana in una poltiglia indistinta ed indifferenziata?
C’è qualcosa che non quadra in questo atteggiamento, tranne che la Catalogna non abbia deciso, in ogni caso, di assumere atteggiamenti contrari a quelli del governo centrale, anche a costo di danneggiarsi, come quel marito, che, per fare un dispetto alla moglie…
2-Il governo regionale catalano ha ribadito che, una volta ottenuta l’indipendenza, avrebbe rotto i legami con la Spagna, ma avrebbe mantenuto decisamente, rafforzandoli, tutti i legami con l’Unione Europea. Anche qui c’è qualcosa che non quadra.  Anche qui il marito di prima decide di divorziare dalla moglie, però si tiene la suocera. L’unica spiegazione possibile è che la Catalogna volesse ingraziarsi l’UE, che però ha dichiarato il referendum illegale e si è schierata con il governo spagnolo.
3-In un mondo che diventa sempre più piccolo grazie all’accorciamento delle distanze, le uniche realtà politiche che contano sono quelle dei Paesi di una certa dimensione. Già oggi la scena mondiale è soprattutto caratterizzata dalla presenza di alcuni stati superestesi, come Russia, USA, Cina, India, Canada, Australia. In questa situazione mi chiedo: a che serve la farsa di questi ridicoli ministati che vogliono l’indipendenza? Pazienza per quelli che già esistono, ma che se ne debbano creare di nuovi mi sembra un controsenso. Che vogliono questi staterelli? Vogliono la loro piccola moneta? Vogliono i loro francobolli? Vogliono poter gestire autonomamente le loro sagre e le loro feste paesane? Vogliono regredire all'epoca delle Città-Stato dell'antica Grecia o all'epoca dei Comuni del Medioevo?
4-E’ chiaro che il futuro del mondo sta nell’unione degli stati, non nella loro disintegrazione. Più piccoli si è, più facilmente si è condizionati, controllati, ricattati dai veri poteri che, in maniera palese o occulta, controllano il mondo. Il futuro degli stati europei è l’Europa, non la Catalogna o la Scozia. Sento già l’obiezione. Ma se l’Europa è quella che abbiamo attualmente, meglio niente. Concordo. Il fatto è che l’attuale governo europeo è un gruppo autoreferenziale, non eletto da nessuno, che non deve rendere conto a nessuno e che non necessariamente deve avere la fiducia dell’inutile Parlamento europeo. Facciamo dell’UE una vera democrazia e poi ne riparliamo.
Ezio Scaramuzzino

1 commento:

  1. Sono d'accordo: indipendentemente dal fatto che questi Catalani con governi pesantemente di sinistra che piacciono tanto ai nostri giornalisti radical chic io non li sopporto devo ammettere che Rajoy, secondo me, ha sbagliato: doveva permettere la consultazione dando sin da subito l'avviso che si trattava di consultazione "consultiva" senza alcun effetto perchè non in linea con la Costituzione.
    In ogni caso, non avrà effetto perchè uno Stato è inesistente per il diritto internazionale se non ottiene il riconoscimento di tutti gli altri Stati

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