Ho
avuto pochi, pochissimi animali domestici nel corso della mia vita. Quando ero bambino, a casa mia c’era un cane, Fritz, ma ne ho pochi ricordi. Restano nella mia memoria immagini sbiadite di lui che correva e che superava altri cani. Era molto
veloce, o almeno così dicevano i miei fratelli, che ne erano orgogliosi. Spesso
si organizzavano delle gare fra cani e Fritz vinceva immancabilmente. Ricordo
una sua particolare abilità, che allora era ritenuta una dote
straordinaria per un cane. Gli si metteva sul muso un pezzo di pane e lui
riusciva a mantenerlo in miracoloso equilibrio. Poi qualcuno recitava una filastrocca che si concludeva
così: tu ti mancerai ‘stu morzu di pani / quannu ndi senti tre tocchi di
campane (tu mangerai questo pezzo di pane, quando sentirai tre tocchi di
campane). Bum!Bum!Bum! Al terzo Bum Fritz lanciava in aria il pezzo di pane, lo
riacchiappava al volo e lo ingoiava voracemente. Fritz, di certo, intuiva vagamente il suono del terzo bum, che per lui
rappresentava il momento in cui doveva agire.
Non
ricordo come e quando morì.
A
distanza di tanti anni, per volontà delle mie figlie piccoline, ho poi avuto
una gattina, Cicci, vissuta per tredici anni. L’ho
amorevolmente trattata, l’ho protetta e l’ho curata sino alla fine. Negli ultimi
tempi aveva molto sofferto per varie malattie.
Una
mattina mi accorsi che non moveva le zampette posteriori e che avanzava sul
pavimento trascinandosi. Con la morte nel cuore decisi di portarla dal
veterinario, non per guarirla come avevo già fatto tante altre volte, ma solo
per abbreviare le sue sofferenze. La avvolsi in un plaid e la richiusi nella
sua gabbietta. Mentre guidavo, ogni tanto le davo un’occhiata e mi accorsi che
mi guardava serenamente, come aveva sempre fatto. Morì quasi senza
accorgersene, come addormentandosi.
Mi
sono sempre chiesto se gli animali hanno coscienza della morte. Si raccontano
vicende di cani che si soffermano sulla tomba dei loro padroni, di altri
animali che si allontanano e vanno a morire in luoghi nascosti.
Gli animali hanno certamente consapevolezza della sofferenza, del dolore fisico, magari
avvertono anche in maniera vaga e confusa la scomparsa degli altri esseri
viventi, ma non penso che essi abbiano coscienza della propria morte. Il cane, che si sofferma sulla tomba, quasi
certamente attende che il padrone ritorni, così, semplicemente, come se nulla fosse successo. Questa consapevolezza della propria fine è un triste privilegio della specie umana, è una
dolorosa conseguenza dell’aver mangiato la mela della conoscenza nel giardino
dell’Eden. Se si pensa a quante volte gli uomini vivono nel pensiero e nella
preoccupazione della propria fine, forse c’è da invidiare gli animali.
Almeno loro non sanno e, a guardarli negli occhi, avverti il sentimento
dell’eternità. Come quel giorno, quando portavo Cicci
dal veterinario a pochi minuti dalla sua scomparsa ed i suoi occhi mi
guardavano tranquilli, come sempre.
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