Giovanni Buridano, filosofo francese del
Medioevo, creò la famosa teoria-paradosso che da lui prese il nome di Asino di Buridano. Secondo la teoria “Un
asino affamato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno, ma non c'è
niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall'altra. Perciò
resta fermo e muore”. A questo paradosso allude Dante Alighieri nel canto IV
del Paradiso:
Intra due cibi, distanti e
moventi
d’un modo, prima si morria di fame,
che liber’omo l’un recasse ai denti.
d’un modo, prima si morria di fame,
che liber’omo l’un recasse ai denti.
A titolo personale aggiungo che ad un esame
di maturità mi capitò di chiedere ad uno studente se conosceva L’Asino
di Buridano. Al che lo studente ebbe gioco facile nel rispondere che lo aveva sempre trascurato, trattandosi di un filosofo che era universalmente considerato
per l’appunto un asino.
Cose che succedono, certo, nella scuola
disastrata dei giorni nostri, ma non si pensi che l’Asino di Buridano sopravviva soltanto nelle scuole, perché, già
da qualche tempo, esso conosce una inaspettata fioritura anche nel variegato
mondo della politica. C’è solo da precisare che quella teoria ha cambiato nome,
perché adesso si chiama Teoria dei due
forni, anche se in sostanza non c’è differenza nel risultato finale: muore
l’Asino di Buridano e muoiono, o almeno finiscono male, gli assertori della Teoria dei due forni.
Il primo significativo esponente della
teoria fu Bettino Craxi, buonanima, che, al momento dei suoi maggiori successi
politici con l’allora Partito Socialista, si alleava ora con il partito
Comunista, ora con la Democrazia Cristiana, a seconda di come più gli
conveniva. A prescindere dalle sue notevoli capacità politiche e al netto della
vergognosa persecuzione giudiziaria alla quale fu sottoposto, si sa come è
finito Bettino. E’ morto in esilio, ad Hammamet in Tunisia, e, nel momento del
bisogno, a nulla gli valsero i doppi e tripli forni con cui aveva alimentato i
suoi successi politici, perché si ritrovò abbandonato da tutti, anche dai suoi
fedelissimi.
Il secondo significativo esponente fu Giulio
Andreotti, il Divo Giulio, il quale aveva fatto della Teoria dei due forni l’essenza della sua attività politica. Del
resto lui stesso, con estremo candore, era solito ripetere: ”Perché limitarsi a
comprare il pane sempre allo stesso forno, quando ce ne sono due a
disposizione?” E lui non esitò a sfruttare tale possibilità, formando governi
ora con il Partito Socialista, ora con il Partito Liberale, finché alla fine
non si decise ad imbarcarli tutti e due nella maggioranza, formando i famosi Governi
Pentapartito. Il Divo Giulio, come è risaputo, subì anche lui una ventennale
persecuzione giudiziaria per concorso esterno in associazione mafiosa: persecuzione
che amareggiò grandemente gli ultimi anni della sua vita e da cui riuscì a
venir fuori solo con una arzigogolata sentenza assolutoria, tirata fuori dalla
nostra Magistratura creativa.
Roba del passato, certo, ma negli ultimi
tempi la teoria ha conosciuto un’inaspettata reviviscenza, grazie al cavalier
Silvio Berlusconi, il quale, con una certa disinvoltura, sembra aver
dimenticato i suoi venti anni di precedente attività politica. Lui che era per
il sistema elettorale maggioritario, ora fa il tifo per il proporzionale, lui
che era per la designazione secca del premier, ora propende per la trattativa
post elezioni, lui che era per il principio dell’o di qua o di là, ora sembra dire e non dire, appare disponibile
alla trattativa, al compromesso, con un ritorno pericoloso alle peggiori
tradizioni della politica italiana. E’ vero che egli cerca anche di
giustificare le sue giravolte, ma poi finisce che “pezo el tacon del buso”,
peggio la toppa del buco, come dicono a Padova.
Ora, sia ben chiaro, non è che
improvvisamente il Cavaliere sia impazzito o rimbambito, anche se va per la
veneranda età degli ottanta. Io l’ho votato tante volte, ma le sue posizioni
degli ultimi tempi suscitano negli elettori di centrodestra una certa
perplessità, per non dire altro.
Che qualcosa sia cambiato negli ultimi tempi
lo si deduce anche da quello che sta avvenendo nella stampa e nella Tv di sua
proprietà. Solo a voler fare qualche esempio, su Rete4 hanno snaturato la
trasmissione I fatti vostri,
licenziando Maurizio Belpietro e trasformando la trasmissione in qualcosa di
insulso. Pare poi che abbiano intenzione di abolire Quinta Colonna. Anche il TG5,
il famoso TG5, negli ultimi tempi
sembra diventato la brutta copia del TG1
e risulta emotivamente coinvolgente quanto la lettura della Gazzetta Ufficiale. Sul Giornale ci vuole infine tutta l’abilità
di Alessandro Sallusti per cercare di star dietro alle frequenti giravolte del Cavaliere.
Alle ultime elezioni amministrative il
travolgente successo del Centrodestra unito non sembra avere scalfito più di
tanto la nebulosità del Cavaliere, il quale una volta sembra pendere dalla
parte di Matteo Salvini, un’altra volta dalla parte di Matteo Renzi. A quale
dei due Mattei vadano le sue reali preferenze è un dilemma ancor tutto da
chiarire.
Personalmente ritengo che le attuali
incertezze di Berlusconi siano anche una conseguenza della lunga persecuzione
giudiziaria alla quale egli è stato sottoposto e che per molti versi lo hanno
segnato e forse anche terrorizzato, a parte alcuni suoi errori personali e tutto sommato
veniali. Bisogna dargli atto di tutto quello che egli ha fatto per l’Italia e
per il rinnovamento della politica, ma la sua ricchezza, che una volta
costituiva il suo punto di forza e la base della sua indipendenza e del suo
libero sentire, alla lunga si è rivelata il suo tallone d’Achille e lo ha reso,
ritengo, ricattabile.
Comunque il Cavaliere è adulto, fin troppo,
vaccinato, battezzato, cresimato ed è libero di fare quello che vuole. Una sola
cosa non gli è consentita: prendere in giro gli elettori. Parli chiaro e dica
quello che vuole fare da grande. Gli elettori si regoleranno di conseguenza,
anche se non ci vuole il mago di Arcella per capire che, nel caso di alleanza
con Renzi, il suo partito diventerà insignificante e la stragrande maggioranza
degli elettori lo abbandonerà. Ed io sarò tra questi.
Per ritornare al discorso iniziale, non
vorrei che il Cavaliere finisse male come l’Asino di Buridano. Quello morì
d’inedia, per la sua indecisione su quale mucchio di fieno scegliere. Al
Cavaliere auguro di cuore altri cento anni di vita, ma non vorrei che egli
morisse politicamente per la sua indecisione su quale Matteo scegliere.
Ezio Scaramuzzino
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