Ho
frequentato l’Università a Firenze negli anni ’60. Erano gli anni di Giorgio La
Pira, il sindaco “santo”, così veniva chiamato, che ebbi modo di conoscere
personalmente in circostanze eccezionali, come ho già raccontato da qualche
altra parte (leggi qui).
Allora la città era abbastanza tranquilla: c’erano pochi furti e rapine, poca
delinquenza in generale e gli unici stranieri in giro per la città erano i
turisti che si mettevano in fila per visitare la Galleria degli Uffizi e gli
altri musei e luoghi d’arte che facevano di Firenze la città forse più
incantevole e più visitata d’Italia.
Matteo
Renzi era ancora di là da venire con tutto quello che egli avrebbe determinato
per il destino della città. Il clientelismo, il parassitismo, il trasformismo
politico, l’arrivismo non erano ancora le costanti della politica, sia al
centro a Roma, sia in periferia. Il degrado di Firenze sarebbe arrivato dopo, a
partire dalla fine degli anni 90, più o meno in concomitanza con gli anni di Matteo, prima presidente della
provincia e poi sindaco. Sarebbero arrivati gli anni delle Leopolde, degli
alloggi messi a disposizione dagli amici, delle auto blu, delle cene carissime
a spese dell’amministrazione, dello scialo, dei misteri delle banche
“etrusche”, dei rom onnipresenti nella stazione di Santa Maria Novella, dei
clandestini che dormono, urinano e defecano liberamente e senza remore davanti
alle porte di Ghiberti del Battistero. La magistratura, solo in seguito a
precise e circostanziate denunce, avrebbe anche avviato un’indagine sulle
strane spese di quel giovane esponente politico.
Eppure,
se tutto questo in seguito è avvenuto, non mi sento di dare la colpa di tale degrado cittadino interamente al nostro Matteo.
Ci deve essere qualcosa, nella vita della città, che corrompe, che corrode e
provoca uno sfinimento e un languore mortale che prima o poi coinvolgono
chiunque si trovi a respirare l’aria dei Lungarni e di Piazza della Signoria.
E,
a questo punto, chiedo scusa se sono
costretto a parlare di me e a raccontare qualcosa dei miei anni d’università.
Allora c’erano pochi soldi e quei pochi non bastavano mai. Ogni tanto eravamo
anche costretti a rinunziare al cinema o alla pizza, ma non ne facevamo un
dramma. Tra amici si bighellonava di solito dalle parti di Piazza della
Signoria e della Loggia dei Lanzi e, quando ci accorgevamo che le nostre tasche
erano vuote o ci mancava qualche soldino per i nostri sollazzi, eravamo soliti
spostarci dalle parti di Ponte Vecchio. Ci muovevamo in gruppo di solito,
ridendo, scherzando, tentando qualche approccio con le straniere. Ognuno di noi
si era specializzato in una lingua e a me toccavano le turiste francesi, non
molto abbordabili a dire il vero, il che mi induceva ad invidiare gli altri e
soprattutto quelli che avevano l’esclusiva con le svedesi, che già allora
nell’immaginario collettivo erano considerate molto più disponibili, come poi
in effetti era. Dopo qualche minuto eravamo in Piazza del Mercato Nuovo, davanti
alla famosa Fontana del Porcellino, dove i turisti erano soliti lanciare
qualche moneta e molte monetine, similmente a quanto a Roma avviene alla
Fontana di Trevi. Orbene, ogni tanto non disdegnavamo di rifornirci, con
moderazione s’intende, del contante che ci mancava.
Risparmiatevi lo sdegno e le prediche: lo so che
non facevamo una bella cosa; ma lo facevamo, purtroppo. Aggiungo, a nostro disdoro,
che non ci rendevamo nemmeno pienamente conto di quel che facevamo, forse per
la superficialità tipica dell’età
giovanile, forse per la giustificazione inconscia che noi attribuivamo al
nostro gesto, dovuto alla cronica mancanza di soldi.
Per quel che può valere, oggi, a distanza di tanti
anni, mi dichiaro pentito di quel che ho fatto e, se pure il reato penale è
caduto in prescrizione, sono disponibile
a restituire il maltolto. Ho provato a
ricostruire il tutto e, calcolando anche gli interessi, ritengo di
essere debitore, nei confronti del Comune di Firenze, di circa 70 Euro.
L’attuale sindaco di Firenze è Dario Nardella, uno
dei tanti Renziboys, e pare che abbia
qualche difficoltà a fornire le pezze giustificative della precedente
amministrazione del suo capo.
Signor Sindaco di Firenze, io sono qui e sono
pronto a pagare. Non ci vuol molto a mettersi in contatto con me, anche
attraverso Internet. Mi faccia sapere. Certo con il mio obolo non pretenderà di
coprire i buchi della sua amministrazione, ma sono sicuro che in ogni caso lei
saprà essere nei miei confronti altrettanto generoso di come ha dimostrato di
esserlo con il suo amico Matteo. E, già che ci sono, mi rivolgo anche ai
giudici fiorentini, i quali ogni tanto smarriscono qualche fascicolo (non per
colpa loro, sia ben chiaro!), ogni tanto archiviano, ogni tanto riprendono le
indagini e comunque hanno fatto trapelare la notizia che l’indagine è complessa,
molto complessa, e quindi durerà a lungo. Signori giudici, datevi una mossa,
oppure, se vi è possibile, siate garantisti e scrupolosi anche con me. Grazie.
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