sabato 30 luglio 2016

Firenze prima e dopo Matteo


Ho frequentato l’Università a Firenze negli anni ’60. Erano gli anni di Giorgio La Pira, il sindaco “santo”, così veniva chiamato, che ebbi modo di conoscere personalmente in circostanze eccezionali, come ho già raccontato da qualche altra parte (leggi qui). Allora la città era abbastanza tranquilla: c’erano pochi furti e rapine, poca delinquenza in generale e gli unici stranieri in giro per la città erano i turisti che si mettevano in fila per visitare la Galleria degli Uffizi e gli altri musei e luoghi d’arte che facevano di Firenze la città forse più incantevole e più visitata d’Italia.
Matteo Renzi era ancora di là da venire con tutto quello che egli avrebbe determinato per il destino della città. Il clientelismo, il parassitismo, il trasformismo politico, l’arrivismo non erano ancora le costanti della politica, sia al centro a Roma, sia in periferia. Il degrado di Firenze sarebbe arrivato dopo, a partire dalla fine degli anni 90, più o meno in concomitanza con gli  anni di Matteo, prima presidente della provincia e poi sindaco. Sarebbero arrivati gli anni delle Leopolde, degli alloggi messi a disposizione dagli amici, delle auto blu, delle cene carissime a spese dell’amministrazione, dello scialo, dei misteri delle banche “etrusche”, dei rom onnipresenti nella stazione di Santa Maria Novella, dei clandestini che dormono, urinano e defecano liberamente e senza remore davanti alle porte di Ghiberti del Battistero. La magistratura, solo in seguito a precise e circostanziate denunce, avrebbe anche avviato un’indagine sulle strane spese di quel giovane esponente politico.
Eppure, se tutto questo in seguito è avvenuto, non mi sento di dare la colpa di tale degrado cittadino interamente  al nostro Matteo. Ci deve essere qualcosa, nella vita della città, che corrompe, che corrode e provoca uno sfinimento e un languore mortale che prima o poi coinvolgono chiunque si trovi a respirare l’aria dei Lungarni e di Piazza della Signoria.
E, a questo punto, chiedo scusa  se sono costretto a parlare di me e a raccontare qualcosa dei miei anni d’università. Allora c’erano pochi soldi e quei pochi non bastavano mai. Ogni tanto eravamo anche costretti a rinunziare al cinema o alla pizza, ma non ne facevamo un dramma. Tra amici si bighellonava di solito dalle parti di Piazza della Signoria e della Loggia dei Lanzi e, quando ci accorgevamo che le nostre tasche erano vuote o ci mancava qualche soldino per i nostri sollazzi, eravamo soliti spostarci dalle parti di Ponte Vecchio. Ci muovevamo in gruppo di solito, ridendo, scherzando, tentando qualche approccio con le straniere. Ognuno di noi si era specializzato in una lingua e a me toccavano le turiste francesi, non molto abbordabili a dire il vero, il che mi induceva ad invidiare gli altri e soprattutto quelli che avevano l’esclusiva con le svedesi, che già allora nell’immaginario collettivo erano considerate molto più disponibili, come poi in effetti era. Dopo qualche minuto eravamo in Piazza del Mercato Nuovo, davanti alla famosa Fontana del Porcellino, dove i turisti erano soliti lanciare qualche moneta e molte monetine, similmente a quanto a Roma avviene alla Fontana di Trevi. Orbene, ogni tanto non disdegnavamo di rifornirci, con moderazione s’intende,  del contante che ci mancava.
Risparmiatevi lo sdegno e le prediche: lo so che non facevamo una bella cosa; ma lo facevamo, purtroppo. Aggiungo, a nostro disdoro, che non ci rendevamo nemmeno pienamente conto di quel che facevamo, forse per la superficialità tipica  dell’età giovanile, forse per la giustificazione inconscia che noi attribuivamo al nostro gesto, dovuto alla cronica mancanza di soldi.
Per quel che può valere, oggi, a distanza di tanti anni, mi dichiaro pentito di quel che ho fatto e, se pure il reato penale è caduto in  prescrizione, sono disponibile a restituire il maltolto. Ho provato a  ricostruire il tutto e, calcolando anche gli interessi, ritengo di essere debitore, nei confronti del Comune di Firenze, di circa 70 Euro.
L’attuale sindaco di Firenze è Dario Nardella, uno dei tanti Renziboys,  e pare che abbia qualche difficoltà a fornire le pezze giustificative della precedente amministrazione del suo capo.
Signor Sindaco di Firenze, io sono qui e sono pronto a pagare. Non ci vuol molto a mettersi in contatto con me, anche attraverso Internet. Mi faccia sapere. Certo con il mio obolo non pretenderà di coprire i buchi della sua amministrazione, ma sono sicuro che in ogni caso lei saprà essere nei miei confronti altrettanto generoso di come ha dimostrato di esserlo con il suo amico Matteo. E, già che ci sono, mi rivolgo anche ai giudici fiorentini, i quali ogni tanto smarriscono qualche fascicolo (non per colpa loro, sia ben chiaro!), ogni tanto archiviano, ogni tanto riprendono le indagini e comunque hanno fatto trapelare la notizia che l’indagine è complessa, molto complessa, e quindi durerà a lungo. Signori giudici, datevi una mossa, oppure, se vi è possibile, siate garantisti e scrupolosi anche con me. Grazie.

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