Alfredo Giglio è un poeta crotonese,
raffinato e gentile. Questo però non gli impedisce di guardarsi attorno e di
cercare di capire i problemi del mondo che lo circonda. Proprio per tale motivo
egli rivolge spesso la sua attenzione anche ai problemi economici del nostro
tempo. Fatte le debite proporzioni, mi ricorda Ezra Pound, il grande poeta
americano, che alternava la poesia dei Pisan Cantos alla composizione di saggi sui problemi della moneta e
dell’usura. Ezio Scaramuzzino
Vorrei ripercorrere
brevemente la storia d’Italia dal 1980 ad oggi, per spiegare in modo semplice,
senza ricorrere ad argomentazioni filosofiche, le vicende che ci hanno portato
ad essere uno stato povero e vassallo della Germania.
Tutto questo si è
potuto verificare, io credo, per il disegno criminoso della finanza mondiale,
che ha favorito la distruzione dell’industria italiana, concorrente di quella
tedesca, l’indebitamento dello stato italiano, realizzato oltretutto con la
connivenza dei nostri politici, miopi e corrotti, e la globalizzazione dei
mercati, con conseguenti delocalizzazioni incontrollate, disoccupazione, forti
guadagni per gli speculatori finanziari.
In pratica si è
verificato l’asservimento della politica alla grande finanza. Tutto questo è incominciato
quando dall’economia keynesiana, che prevedeva una più equa distribuzione dei
beni e aveva favorito anche in Italia la creazione di uno stato sociale, si è
passati alla economia neoliberista di Milton Friedman, che teorizza il massimo
profitto individuale, negando ogni diritto al lavoratore, che in tal modo ha
solo doveri da onorare e nessun diritto da far valere.
Ma procediamo con
ordine. Perché la grande Finanza prevalesse sulla politica e ne diventasse
guida, bisognava togliere agli stati nazionali europei la sovranità monetaria, imponendo
la moneta unica, l’Euro, gestita ed emessa solo dalla BCE. Alla creazione
dell’Euro si è poi aggiunto il pareggio di bilancio, quasi imposto a tutti gli
stati e raramente ottenibile se non a costo di grandi sacrifici. In fondo i
guai dell’Italia sono la conseguenza di tali problemi: perdita della sovranità
monetaria con conseguente ricerca di finanziamenti ad alto tasso d’interesse,
globalizzazione senza regole, per cui tutto deve essere regolato dai mercati,
pareggio di bilancio. Tutto ciò porterà, ed in parte ha già portato, ad una
condizione generale per cui i ricchi saranno sempre più ricchi ed i poveri saranno
sempre più poveri, dato che i mercati hanno regole imposte dai ricchi, non
certo dai poveri. Avremo inoltre la grande fortuna di conoscere un nuovo Medioevo
prossimo venturo, come recitava il titolo di un famoso libro di Roberto Vacca, con
eventuali ritorni allo schiavismo ed alla servitù della gleba.
A voler essere un
po’ più precisi, in Italia i guai iniziarono nel 1981, quando il ministro
Andreatta diede la prima picconata al nostro sistema finanziario ordinando, con
una semplice lettera e senza discussione parlamentare all’allora governatore
Carlo Azeglio Ciampi, di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, allo scopo,
velleitario e pretestuoso se osservato col senno di poi, di ridurre il debito
pubblico. Semplicemente Andreatta e Ciampi erano in malafede, perché il loro
unico, vero intento era quello di spingere l’Italia nei parametri soffocanti
dello SME, anticamera dell’Euro, e quindi di favorire una maggiore integrazione
dell’Italia nel sistema Europa. Da allora il nostro debito pubblico ha cominciato
a galoppare a briglie sciolte e solo in seguito si è venuti a sapere, ma senza
eccessivo rilievo, che in realtà la Banca d’Italia è diventata una banca
privata, ha i suoi maggiori azionisti nei grandi gruppi bancari come Unicredit,
Banca Intesa e Monte dei Paschi di Siena, che la quota azionaria del Tesoro si
è ridotta al solo 5%.
I nostri titoli di
stato, piazzati pertanto sul mercato mondiale e non più prevalentemente interno
come accadeva una volta, sono finiti soprattutto nella mani di Goldman Sachs,
di Morgan Stanley e di JP Morgan ed anche la nostra sovranità monetaria ha
cessato di esistere.
Recentemente si è
appreso che persino l’oro della Banca d’Italia, la terza riserva mondiale, pari
a 2.452 tonnellate di oro puro, ha preso il volo. Nei forzieri di via Nazionale
a Roma ne sono rimasti solo 1.199 tonnellate e il resto si trova, si dice per
ragioni di sicurezza, presso la Federal Reserve, presso la Banca Centrale
Svizzera e presso la Banca d’Inghilterra. Ma ho motivo di ritenere che la scusa
della sicurezza sia una bufala, grande quanto una casa, che copre, o cerca di
coprire, problemi molto più serî.
Abbiamo visto come
sia stato facile perdere la sovranità monetaria e far sparire metà dell’oro
nazionale, di proprietà del popolo italiano e quindi inalienabile, grazie
all’insipienza e alla connivenza di tanti esponenti politici, che hanno portato
allo sfascio questa nostra Italia, nel complice silenzio dei grandi mezzi di
comunicazione.
La situazione
dell’Italia è certamente drammatica, ma ha avuto precedenti illustri, come nel
caso della Grecia e quello, non meno famoso e drammatico, dell’Argentina, che
ha dovuto ufficialmente dichiarare default. I guai degli altri però ci
consolano poco: quello che sappiamo è che il nostro gigantesco debito pubblico ci
pone costantemente sotto la spada di Damocle delle agenzie di rating, che fanno
capo alla grande finanza americana, e della Germania, alla quale, vale la pena
ricordarlo, fu condonato un debito di 15 miliardi di marchi nel 1953.
L’FMI e la BCE
decidono dei destini degli Stati membri: entrambi hanno da sempre l’obiettivo
di aumentare, non di risanare come ufficialmente dicono, l’indebitamento di
alcuni paesi, in particolare quelli più deboli, come Argentina, Grecia, Italia
e Portogallo. Il FMI, invece di operare secondo principi mutualistici, opera in
modo palesemente vessatorio e, per fare ciò, si serve, nei suoi rapporti con
l’Italia, di tre furbi paladini, che agiscono da vera e propria quinta colonna:
Mario Draghi, Mario Monti e Pier Carlo Padoan.
Tra l’altro Mario Draghi, dopo avere insegnato
a Washington, è diventato consulente di Goldman Sachs e, insieme con i suoi due
degni compari, ha suggerito alla Grecia, all’inizio del 2001, l’acquisto di
alcuni prodotti finanziari diventati poi famosi con il nome di derivati, ideati
e gestiti proprio da Goldman Sachs, JP Morgan e Merryl Linch. Alla fine dello
stesso anno 2001 questi derivati hanno portato il governo greco al collasso,
perché i profitti, alti in un primo momento come uno specchietto per le
allodole, sono improvvisamente crollati, rivelandosi per quello che
effettivamente erano, e cioè una solenne fregatura. Oggi in Grecia c’è una continua
protesta popolare, che rischia di portare allo sfascio delle istituzioni, ma
nessuno ne parla, perché è stato messo il bavaglio anche alla stampa.
Nell’estate del 2011
Mario Draghi è passato a dirigere la Bce e nel novembre dello stesso 2011 Mario
Monti, imposto sempre dall’Europa, veniva chiamato da Giorgio Napolitano a
formare un governo tecnico. Si consumava così il golpe ai danni di Berlusconi,
che aveva avuto il grande torto di opporsi alle indicazioni dell’UE e,
soprattutto, aveva rifiutato le offerte dell’FMI, dicendo che l’Italia era
pronta a riprendersi la sua sovranità monetaria. Lo stesso Berlusconi però,
piuttosto stranamente, avrebbe appoggiato il suo successore.
I danni del governo
tecnico di Monti e del successivo governo di quel bullo di campagna che si
chiama Matteo Renzi sono stati incalcolabili. Ne riparleremo.
Ci tocca solo
aggiungere ai nomi dei già citati traditori del popolo italiano quello di Romano
Prodi, che, pur di aderire allo sciagurato euro, svalutò la lira del seicento
per cento e truccò i bilanci, con la complicità del ministro Carlo Azeglio
Ciampi.
Questi quattro
signori si trovano ora sul banco degli imputati presso il Tribunale di Trani,
che, pur tra mille difficoltà, sta cercando di fare luce su molte oscure
vicende italiane degli ultimi anni.
Il 3 gennaio 2012 Mario Monti, presidente del
Consiglio e ministro dell’economia e finanze, ha pagato alla Morgan Stanley,
della quale il figlio Giovanni era vice presidente, la somma di due miliardi e
mezzo di euro, sotto forma di sanzione, a causa del declassamento, falso e
criminale, dichiarato da Standard & Poor’s, che, a sua volta, era
controllata dalla Mc Graw Hill, della quale Morgan Stanley è tuttora azionista
preminente. S&P con il declassamento
si era semplicemente vendicata, perché, dopo 17 anni, il governo italiano aveva
interrotto un lucroso contratto di collaborazione.
Spero che la
vittoria di Trump negli Stati Uniti, il “NO” deciso degli Italiani al referendum
costituzionale e l’uscita coraggiosa della Gran Bretagna dall’Euro, diano una
frenata a questo neoliberismo selvaggio e che si torni a parlare di lavoro, di
diritti e di benessere per l’intera collettività. Sarà difficile, dato che la
classe imprenditoriale è omologata alle teorie imposte dalla finanza globale e
dato che noi non possiamo mettere in campo validi progetti di
industrializzazione, non disponendo di quei capitali, che l’Europa continuerà a
negarci. Rimane però la speranza che il buon senso e la politica riprendano a
farsi valere e nulla ci vieta di sperare che il buon Dio ci dia una mano e ce la
mandi buona..!
Alfredo Giglio
Interessante articolo che conferma questioni di cui ero a conoscenza: se ci fosse, una classe di persone nel fiore degli anni, che, conoscendo a fondo la materia prendesse le redini del Paese e lo portasse fuori da questa palude si potrebbe sperare in un risorgimento. Ma manca, la scuola fa acqua, la gioventù ama poco il sapere, meglio il divertimento, tanto c'è la paghetta di papà, in attesa del reddito di cittadinanza grillino: quei fenomeni da baraccone promettono infatti l'impossibile, come se i soldi per dare 2.500 euro di reddito di cittadinanza ai nullafacenti li trovassero sui rami dell'albero di Pinocchio, del gatto e della volpe
RispondiEliminaTi ringrazio per il tuo commento e condivido le tue speranze e le tue critiche..
Eliminagrazie a te
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