La politica come mestiere.
Mi è capitato talvolta di chiedere ai miei studenti che cosa intendano fare da grandi
e a quale facoltà universitaria intendano iscriversi. Quasi mai essi
manifestano l’intenzione di fare politica. Non so se lo fanno per pudore,
perché ormai la politica sembra suscitare disgusto in tutti, oppure se sono
veramente convinti di quello che dicono o che non dicono. C’è chi vorrebbe fare il medico,
l’avvocato, l’ingegnere, ma nessuno dice che gli piacerebbe fare, che so, il
sindaco, il consigliere regionale, il deputato. Eppure tante persone, fin
troppe, nel nostro paese fanno politica e statistiche pienamente attendibili
riferiscono che circa cinque milioni di persone (più o meno una su dieci,
compresi i neonati) campano, e bene, di politica o di attività strettamente
collegate alla politica.
C’è da aggiungere che nel panorama desolante del mercato del
lavoro, la politica sembra essere uno dei pochi settori che non conoscono crisi
e anzi, pur con qualche modesta contrazione dovuta a motivi di facciata, gli
stipendi restano generalmente alti, quando non sono scandalosi ed addirittura
vergognosi, ed i privilegi della casta appaiono ben lontani dall’ essere
intaccati.
Altra
cosa sorprendente nelle risposte dei giovani è che, contrariamente a quanto
avveniva una volta, quasi nessuno mette più l’accento su un’idea della politica
intesa come servizio o impegno a risolvere i problemi dei cittadini e in genere
della società in cui vivono (farebbero solo ridere, se lo dicessero). Dal che
si deduce che essi considerano la politica un’attività come un’altra,
un’attività da cui ottenere semplicemente di che vivere. E questo avviene anche
quando gli interpellati manifestano, più o meno genericamente, idee di
giustizia sociale, libertà, ecc…
E
allora, se così stanno le cose, (e non mi pare, a voler essere onesti, che si
possa sostenere il contrario) qual è il motivo di questa apparente verecondia
che induce i giovani a stare lontani dallo “sporco mondo” della politica?
Ritengo
che alla base di tutto ci sia qualcosa di non detto, di non ammesso, se non a livello
di subconscio, per cui i giovani recitano una parte in commedia e in fondo non
sono sinceri, o almeno non riescono ad esserlo.
Si
potrebbe fare dell’ironia e ricordare, come qualcuno sostiene, che tutti sono
rivoluzionari a 20 anni, riformisti a 30, moderati a 40, conservatori a 50,
reazionari a 60.
Il
generale De Gaulle, al ministro André Malraux che gli faceva osservare da una
finestra dell’Eliseo le manifestazioni del Maggio francese, facendogli presente
il pericolo rivoluzionario insito in tali manifestazioni, rispondeva: ”Non vedo
particolari pericoli. Questi giovani che sfilano un giorno saranno tutti notai
e farmacisti.”
Certo,
si può anche sorridere di queste cose, ma a me, quando sento i giovani parlare
seriosamente di politica, viene solo un po’ di malinconia.
I
partiti politici, tutti i partiti politici, ma soprattutto quelli più legati al
territorio e quindi meglio dotati di strutture organizzative, hanno anche delle
sezioni giovanili, nelle quali i giovani scimmiottano gli adulti, sbraitano, si
agitano, recitano malamente la triste commedia della politica e forse non
credono essi stessi in quello che dicono. A questa sceneggiata non sfugge
nemmeno l’ultimo arrivato sulla scena politica, cioè il Movimento 5 Stelle, che
sta velocemente e malamente dissipando il patrimonio di fiducia che molti
elettori gli avevano accordato.
Ti
viene da ricordare quello che diceva De Gaulle sul fatto che un giorno anche
loro saranno bottegai o impiegati, notai o farmacisti, ma soprattutto, con i
tempi che corrono, ti viene da pensare che molti di loro diventeranno
semplicemente dei parassiti, che tutti dovremo mantenere a spese nostre.
Ricordate Mario Capanna, il leader della contestazione studentesca del 68-69? Dopo aver imperversato per tanti anni alla Statale di Milano ed essersi distinto per aggressioni anche fisiche a vari Docenti, ha fatto poi una lunga carriera parlamentare nelle file dell'Ultrasinistra. Di recente mi è capitato dopo tanti anni di vederlo litigare in TV con Massimo Giletti: difendeva con i denti il suo vitalizio di ex-parlamentare di varie migliaia di Euro al mese. Malinconico tramonto!: da rivoluzionario a difensore del vitalizio. Mi sa tanto che De Gaulle aveva proprio ragione.
Ricordate Mario Capanna, il leader della contestazione studentesca del 68-69? Dopo aver imperversato per tanti anni alla Statale di Milano ed essersi distinto per aggressioni anche fisiche a vari Docenti, ha fatto poi una lunga carriera parlamentare nelle file dell'Ultrasinistra. Di recente mi è capitato dopo tanti anni di vederlo litigare in TV con Massimo Giletti: difendeva con i denti il suo vitalizio di ex-parlamentare di varie migliaia di Euro al mese. Malinconico tramonto!: da rivoluzionario a difensore del vitalizio. Mi sa tanto che De Gaulle aveva proprio ragione.
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