venerdì 18 ottobre 2024

A proposito di Piazzale Nettuno

 

Vale la pena di riannodare le fila di quanto accaduto di recente a proposito dello sgombero di Piazzale Nettuno, a Crotone, per versare qualche lacrimuccia, o, meglio, per fare qualche sorriso, che oltretutto fa pure bene alla salute. Tutto inizia l’11 ottobre, quando nella chat di riferimento Marisa Cavallo, rappresentante della Lega in Consiglio Comunale, oltre che esponente del Movimento politico-culturale Popolo e Identità, comunica con legittima soddisfazione che, su sua richiesta con interpellanza, il Sindaco Voce ha provveduto  a ripulire Piazzale Nettuno, sgomberandolo dei tanti immigrati e clandestini, che ne avevano fatto un bivacco maleodorante ed indecoroso. Leggo e mi compiaccio, ma il compiacimento dura poco. Perché subito dopo su un sito cittadino appare un comunicato duro e minaccioso, che parla di “gravi preoccupazioni”, di decisione “inaccettabile”, di “propaganda politica”. Il tutto non solo in riferimento allo sgombero del Piazzale, ma soprattutto in relazione alla presunta, mancata sistemazione dei clandestini dopo lo sgombero, pur prevista e sollecitata nell’interpellanza di cui sopra. Nell’attesa di vedere in fondo chi è/sono l’autore/gli autori della nota, leggo con una certa apprensione e leggo lentamente. Anche perché, mentre leggo, mi viene pure da pensare. Vuoi vedere, mi dico, che gli autori della protesta hanno accolto i clandestini a casa loro, hanno dato loro da mangiare, da dormire in una stanza accogliente ed in un letto accogliente, e noi invece non abbiamo fatto nulla di tutto questo, per cui alla fine saremo i “cattivi” della situazione? Poi mi tranquillizzo, perché mi ricordo di Mimmo Lucano recentemente condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 500 mila € sperperati nell’assistenza ai migranti; mi ricordo, in un altro contesto, di Salvatore Buzzi, di  Mafia Capitale che, intercettato, diceva che i migranti rendono più della droga; mi ricordo di tanti altri episodi consimili. E mi tranquillizzo, certo, ma solo in parte. Perché questi pensieri non ne escludono altri. Vuoi vedere che magari  i clandestini di Piazzale Nettuno sono stati accolti dalle suore di Santa  Teresa di Calcutta, le Missionarie della Carità? Ma che c’entra?, mi rispondo da solo, le suore di Santa Teresa non ci sono qui da noi. Certo, non ci sono, ma chi può escludere che in una settimana abbiano costituito una fondazione, un centro di accoglienza, senza che io ne sia venuto a conoscenza?  E poi un’altra cosa mi procura un po’ di ansia, anche perché io mi allarmo facilmente.  Leggo di “gravi preoccupazioni”, “non possiamo permettere”, “conseguenze delle proprie azioni”. Vuoi vedere che costoro non soltanto non ci ringraziano, ma alla fine ci chiedono pure i danni morali ed esistenziali per le preoccupazioni loro procurate? Curnuti e mazziati, come si dice da noi. E nel frattempo, intanto, tra un pensiero e l’altro, sono giunto alla fine. Leggo le sigle dei firmatari  e la mia mente passa dalla tranquillità al sopore, poi al sonno. E finisco con l’addormentarmi. Nel sonno rivedo  e rileggo le sigle,  tutte orbitanti in quella galassia di organizzazioni della sinistra che hanno fatto di tutto per far diventare l’Italia il porto franco dei disperati di tutto il mondo. C’è l’ARCI, ovviamente, al primo posto; poi c’è Legacoop, in una sezione dedicata, (te pareva?), al settore immigrazione; poi c’è Sial Cobas, sindacato autonomo che si colloca a sinistra della CGIL, il che è tutto dire; poi c’è l’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, con i suoi 153.000 (!) iscritti, quelli che vanno in giro a cantare “Bella ciao” e pretendono di essere i continuatori dei veri partigiani, ormai tutti defunti (o quasi); infine c’è Laicitalia, che nel suo statuto si propone di “liberare l’Italia dalle ingerenze clericali” e che, par di capire, con l’immigrazione c’entra come i cavoli a merenda. E, last but not least, isolato, in coda, c’è un signore, Filippo Sestito, che si firma in proprio e che quindi dovrebbe rappresentare se stesso. E invece rappresenta l’ARCI (ancora!), ma è anche uno dei fondatori di Ambiente e salute. Capisco. E’ uno di quelli che mangiano compatibile, vestono compatibile, viaggiano compatibile, dormono compatibile, vivono nel loro mondo compatibile e non si accorgono che la compatibilità e la sopportabilità della gente sono al limite.

P.S. Leggo, dopo un’ora, un comunicato del PD. E poteva mancare? Er mejo fico der bigonzo, come dicono a Roma. Il testo è insolitamente moderato, forse perché ci sono imminenti elezioni in varie regioni italiane. IL PD si accontenta di sapere se, in mancanza d’altro, almeno è stato fatto un monitoraggio delle esigenze dei migranti. Insomma, cara consigliera Cavallo, il PD ti chiede: -Tu, prima di richiedere lo sgombero, sei andata almeno in Piazzale Nettuno, munita di carta, penna (e calamaio, aggiungo io) a chiedere ai migranti che cosa vogliono? E dopo che hai fatto le domande, hai almeno preparato uno straccio di mappa, foglio excel, elenco, dei desiderata dei migranti? E poi l’hai consegnato al Comune? No???!!! Male, io ti boccio o almeno ti rimando a settembre. “E tu chi sei”, chiede la Cavallo. “Io so’ io, conclude il PD, e tu non sei un c…” . Giusto come il Marchese del Grillo.

Ezio Scaramuzzino

Popolo e Identità

 





martedì 9 luglio 2024

La rivolta dei "pezzenti"

 


Nel 1566 nei protestanti Paesi Bassi, sottomessi alla cattolicissima Spagna, scoppiò la Rivolta dei Pezzenti, così definita con disprezzo dai dominatori Spagnoli. I rivoltosi rivendicarono con orgoglio tale nome, vinsero la guerra ed ottennero infine l’indipendenza.

Ma, come dice Marx, la storia si svolge come tragedia e si ripete come farsa. E la farsa è quella della rivolta che oggi vede impegnati i sinistri  nel referendum contro l’autonomia differenziata. Osservate la foto. E’ possibile scorgervi molti personaggi noti, oggi impegnati  nella rivolta contro l’autonomia ed a difesa dei poveri e dei diseredati, i “pezzenti” appunto. Si sono fatti riprendere in gruppo al momento di presentare in Cassazione  il quesito referendario abrogativo dell’autonomia, fiduciosi così di passare alla Storia. Sono orgogliosi, tutti in carne e sorridenti, ben lontani dal sembrare  pezzenti. Anzi, a voler essere più precisi, bisognerebbe dire che si tratta del fior fiore della classe dominante: quella che nei regimi comunisti di una volta veniva chiamata “La Nomenklatura”; quella abituata a comandare sempre, a prescindere da chi vince le elezioni; quella che vive di politica e di parapolitica; quella che ha la villa a Capalbio e l’attico o il superattico  a Roma; quella che ha la puzza al naso e ti dice come devi vivere, come devi riprodurti, come devi morire. Loro si definiscono “i progressisti”, ma sono semplicemente i sinistri, nel senso letterale del termine, nel senso di sinistro come danno, incidente, sciagura, sventura, morte.

Ora credono di aver capito che l’autonomia, fino all’altro giorno esaltata pure da loro, danneggia le regioni meridionali, come se finora queste regioni fossero state il motore della storia italiana, europea e mondiale. Senza almeno provare a vedere se, cambiando qualcosa nelle regole, queste regioni possano, con uno scatto di reni, oltre che di dignità, almeno cessare di essere le ultime in ogni campo.

 La cosiddetta “questione meridionale” è legata alla nascita dell’unità d’Italia e dura quindi da circa 150 anni. E’ costata una quantità infinita di soldi, che non sono serviti a niente. Si può almeno provare a vedere se con l’autonomia qualcosa possa cambiare? O noi  meridionali dobbiamo essere considerati per l’eternità i paria e i mantenuti d’Italia? Quelli che campano di elemosina e che sono incapaci di autogovernarsi, come se fossimo degli incapaci o dei subumani?

venerdì 24 maggio 2024

Una montagna di rifiuti e di chiacchiere

 


E' effervescente a Crotone il dibattito sui rifiuti tossici da smaltire, soprattutto dopo l'intervento inatteso del governatore Occhiuto. Quest'ultimo  ha ritenuto di dover sostenere la posizione del Sindaco Voce, inducendo alcuni commentatori ad ipotizzare una convergenza politica dei due, quale premessa di una futura collaborazione. Chi vivrà, vedrà. Incomincio col dire che non ho difficoltà ad ammettere la mia inadeguatezza sull'argomento, dal momento che io non sono un tecnico, né ho la pretesa di esserlo. Né sono un tuttologo. Conosco l'argomento solo per quanto ho letto sui giornali, ma è chiaro che, come ogni Crotonese, mi sono fatto delle idee e, per quel che può servire, le esprimo in questa sede. Parto da alcuni, pochi dati di fatto, comunemente noti:

1- I rifiuti tossici in questione, a parere degli "esperti", ammontano a più di un milione di tonnellate.

2- Nel 2019 si era convenuto da parte di tutti, compresa ENI, di trasferire altrove questi rifiuti per lo smaltimento/tombamento.

3- Vista l'inerzia delle parti, nel 2023 è stato nominato commissario "ad acta" Errigo, generale in pensione della gdf, il quale però finora non ha concluso un beata mazza.

4- ENI dichiara attualmente che è impossibile trasferire altrove i rifiuti, per l'inesistenza in Italia di un adeguato numero di siti idonei, e che, per quel che è possibile, sarebbe opportuno smaltire o tombare i rifiuti in sede locale, con l'esplicita promessa di soldi per la città di Crotone in compensazione dei danni subiti.

Si tratta, come è facile constatare, di un'impresa immane. Qualcuno ritiene che per il bilancio di ENI il trasferimento e/o lo smaltimento/tombamento sarebbe una iattura non molto diversa da quella che il Superbonus è stato per il bilancio dello Stato italiano. E questo spiegherebbe molte cose. Certo, l'indignazione resta, ma il problema, seppur grave, non appare di facile soluzione. Per il resto è bene considerare che  i conti normalmente  si fanno con quella che è la realtà effettuale e non con quelli che sono i nostri desideri. Perché è facile volere, desiderare e pretendere sempre di più, facendo a gara con quello che vogliono, desiderano e pretendono gli altri, magari anche per dimostrarsi più bravi e più intransigenti degli altri. Ma in casi del genere non è da escludere che alla lunga si possa restare, come si dice in linguaggio aulico, "cu ru culu ruttu e senza cirasi". Tradotto, per chi non conosce il linguaggio aulico, "con il culo rotto e senza ciliegie". Questo è quanto penso attualmente, ma, ovviamente, sono disposto a ricredermi nel caso di ulteriori, positivi sviluppi. Positivi per noi Crotonesi, ovviamente.

Ultim'ora. Leggo che il generale Errigo ha convocato i carabinieri perché individuino in Italia e all’estero  idonei impianti di trattamento dei rifiuti di cui trattasi. Ho l’impressione, anzi la quasi certezza, che si tratti dell’ennesima presa per il c…, giusto per prendere un po’ di tempo. Ancora.

Ezio Scaramuzzino

giovedì 7 marzo 2024

Pulcinella e dintorni



Istruttivo, per capire i tempi che stiamo vivendo, il caso Barbara Balzerani, la terrorista delle Brigate Rosse, morta qualche giorno fa all'età di 75 anni. La Balzerani, come è ampiamente risaputo, aveva qualche omicidio sulle spalle tra cui quello di Aldo Moro, al quale lei aveva partecipato come esponente di punta del gruppo terroristico. Orbene, nonostante tutto, la Balzerani è morta nel suo letto, ormai libera, dopo avere scontato qualche anno di galera. Pace all'anima sua, o, come oggi si usa nei social, RIP, acronimo del latino "requiescat in pace", o, se si preferisce, dell'inglese "rest in peace", e che, entrambi, significano "riposi in pace". Ma evidentemente un semplice RIP non è bastato ai tanti nostalgici di quel periodo glorioso, glorioso ovviamente per i tanti "rivoluzionari da salotto" in servizio permanente effettivo. Perché una certa professoressa della Sapienza di Roma, Donatella Di Cesare, una che molto probabilmente è arrivata in quel posto per meriti politici, come sempre più spesso avviene o avveniva nell'Italia gloriosa del potere "sinistrato", ordinaria di filosofia teoretica, si è sentita in obbligo di pubblicare un tweet di esaltazione della terrorista defunta. “La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna” aveva scritto la Di Cesare, accompagnando le parole con una foto della Balzerani. Già questo sarebbe stato troppo. Ma non è finita qui, perché, dopo una mezza ritrattazione della Di Cesare, che è apparsa come una pezza peggiore del buco, è intervenuta la madre badessa dell'ateneo romano, la rettoressa/rettrice della Sapienza, Antonella Polimeni, probabilmente un'altra  arrivata lì per meriti politici, che ha espresso “sconcerto per quanto dichiarato sui social dalla professoressa Donatella Di Cesare in merito alla scomparsa di Barbara Balzerani". Avete capito bene: la rettoressa ha espresso "sconcerto" per quanto dichiarato dalla docente. Nell'Italia di Pulcinella, quale ormai è diventato il nostro Paese, la cosa più forte che una rettoressa riesce ad esprimere in una vicenda del genere è, udite udite, "sconcerto". E bisogna essere pure contenti dello "sconcerto". Perché, se l'Italia non fosse ormai ridotta a paese di Pulcinella, se l'Italia insomma non fosse l'unico paese al mondo dove l'unica festa che dura eternamente è il Carnevale, se l'Italia fosse un paese poco poco serio, gli organi accademici, invece di esprimere sconcerto, una docente del genere l'avrebbero licenziata in tronco, prendendola a calci in culo, e l'avrebbero mandata nei campi a raccogliere ulive e patate, con tanto di rispetto per i raccoglitori di ulive e patate, perché all'agricoltura, come si sa, mancano tante braccia. Ma in Italia, purtroppo, tutto questo non avviene.






domenica 18 febbraio 2024

80 anni. Grazie.

 


Sono ottanta anni oggi. 80 anni…a pensarci bene, non so se gioirne o esserne triste. Intanto sono contento che tutto sia filato liscio, perché qualche pericolo l’ho corso durante il giorno. Il pericolo più grosso è stato quello di un parente che voleva mandarmi una torta con 80 candeline da accendere al momento opportuno. Sono riuscito a dissuaderlo, perché da qualche mese hanno variato le rotte degli aerei diretti all’aeroporto  Sant’Anna di Isola. E che c’entrano gli aerei?, direte voi. C’entrano, c’entrano. Fate conto che un aereo della Ryan Air si trova a passare, mentre io, sulla veranda, mi trovo a festeggiare. La Ryan Air è una compagnia low cost con piloti low cost che magari confondono le 80 candeline accese con una pista d’atterraggio. Ci avete pensato alle conseguenze?

Comunque, a parte le facezie, i miei anni me li porto bene e quasi quasi mi vien voglia di toccare ferro. Il segreto? Ve lo rivelo gratis. E’ solo un fatto psicologico, che prescinde dalle diete, dalle cure, dagli esercizi fisici e da tutto ciò che in discorsi del genere viene sopravvalutato. Il segreto, (ma vi prego di non dirlo troppo in giro), è quello di contare gli anni fino a venti e poi riprendere il conteggio da uno. Io, per dire, oggi non festeggio 80 anni, ma 20 anni per la quarta volta. E così il problema aritmetico è superato. Una variante di questa ipotesi è quella di convincersi e poi dire che si festeggiano i 20 anni, con 60 anni di esperienza alle spalle. Non vi pare?

Certamente non bisogna però esagerare con la storiella dei 20 anni, perché si deve pur ammettere che qualche segno del tempo traspare. Io, per esempio, sono quasi completamente pelato, ma ho incominciato ad essere pelato già da giovane. Anzi, a dirla tutta, ci sono nato pelato. E poi? Ci sono anche dei vantaggi in questa condizione.  Vuoi mettere l’assillo per la cura dei capelli, che io non ho mai avuto? Le lozioni che non ho usato, i barbieri che non ho frequentato se non raramente,… Unico inconveniente è che ho speso qualche soldo in più in saponi per il viso. E sì, perché il mio viso incomincia dal mento e finisce alla nuca… purtroppo.

Comunque, non potendolo fare singolarmente, perché siete  in tanti, ringrazio tutti quelli che mi hanno espresso gli auguri, che certamente mi hanno fatto piacere, e, a pensare che 80 anni fa sono venuto alla luce, ringrazio pure l’ENEL… per la collaborazione. Grazie di nuovo e, ricordatelo per il futuro, io non sono vecchio… sono soltanto diversamente giovane…

 


domenica 4 febbraio 2024

Jendu vinendu 20 - Salis - Sgarbi

 

Ilaria Salis 


Ilaria Salis, il caso del giorno. Non mi soffermo sugli aspetti penali della sua vicenda, ma solo su quelli umani e di costume. Libera lei, antifascista ed estremista di sinistra, di ritenere che il compito fondamentale della sua esistenza sia quello di manganellare chi è anticomunista ed estremista di destra. L’importante che metta in conto che, così facendo, le può capitare di finire in galera, se non in Italia, cosa molto improbabile con la magistratura che ci ritroviamo, perlomeno in uno stato straniero, nel nostro caso l’Ungheria. Dove lei aveva deciso di trascorrere qualche giorno di vacanza, non per visitare il lago Balaton o per fare qualche escursione lungo il Danubio, ma con l’intento di scovare i suoi “nemici”, riuscendo peraltro a mandarne qualcuno in ospedale.

Alti lamenti da parte del suo affettuosissimo genitore, per le catene ai polsi e ai piedi durante l’udienza in tribunale, ma soprattutto per il trattamento ricevuto durante la detenzione in carcere. La sua compagnia di giro ed il padre sostengono che è stata trattata come un animale, che le sono stati dati vestiti sudici, sgualciti e maleodoranti, e soprattutto accusano le autorità ungheresi di non averla nutrita bene, talché la signorina Ilaria sarebbe dimagrita in pochi mesi di ben 10 kili.

Ora io non nascondo che da qualche tempo ho qualche problema di vista, ma, durante i video  dedicati al caso da varie trasmissioni tv, ho inforcato bene gli occhiali e mi sono premurato pure di alzarmi ed avvicinarmi allo schermo, perché la cosa mi incuriosiva oltremodo e temevo di dover vedere una persona distrutta e quasi in fin di vita. Ho visto invece una giovane donna, con un paio di jeans molto attillati e con un maglione niente male, che, nonostante fosse ammanettata, dispensava sorrisi a destra e a manca, che manco Wanda Osiris ai tempi d’oro del varietà meneghino.

Inoltre, ed è questa la cosa che mi ha colpito di più, la signorina era piuttosto  in carne ed appariva anche piacente, talché non potevo fare a meno di pensare ai dieci kili perduti ed a quello che presumibilmente doveva essere prima di incominciare la dieta carceraria.

Staremo a vedere, ovviamente, come finirà il processo, che per molti aspetti ricorda, alla rovescia, quello dell’anarchico Cospito, lui sì ridotto pelle ed ossa in carcere, anche se per un digiuno volontario e di protesta.

Vittorio Sgarbi


Si è dimesso da sottosegretario. Forse era tempo che lo facesse, o forse no, dipende dai punti di vista, ma qui non entro nel merito dei suoi problemi politici e penali.

Sgarbi era notoriamente un semiesaltato, che aveva una grande stima di se stesso, e questo non gli aveva impedito di incappare, nel corso della sua variopinta esistenza, in qualche topica clamorosa. Mi raccontano che nel 2001,  sempre come sottosegretario in un governo Berlusconi, da cui anche allora in seguito sarebbe stato costretto a dimettersi, si presentò all’Ufficio scolastico regionale di Catanzaro. Lasciò dietro la scorta e si presentò solo all’ingresso, così, per vedere che effetto faceva la sua presenza.

-Buon giorno, sono il Sottosegretario ai beni culturali, vorrei parlare con il Sovrintendente.

L’usciere, che evidentemente aveva idee confuse sui vari gradi della burocrazia ministeriale, gli rispose:

-Ha un appuntamento?

-No, non ce l’ho, non ce n’è bisogno, sono il Sottosegretario.

-Qui, senza appuntamento, non entrano nemmeno i Presidi ed i Segretari, figuriamoci i Sottosegretari.

-Ma io sono Sgarbi.

-Con sgarbi o con garbi, la regola vale per tutti.

Ci volle poi un bel po’ perché entrasse.

Nottambulo per passione, più di una volta Sgarbi non si fece scrupolo di svegliare in piena notte guardiani e direttori di musei  minori, disseminati in tutt’Italia, sol perché gli era venuta una voglia irrefrenabile di vedere un quadro o una statua. Ma una volta gli andò male, non per un museo, ma per un ristorante, e non in Italia, ma in Svizzera, a Lugano. Si trovava lì con alcuni amici e dopo la mezzanotte era arrivato all’ “Antica osteria del porto”, che aveva appena chiuso. Venne bussato, ma invano. Allora Sgarbi gridò: Sono Sgarbi. Ma il ristorante non aprì e Sgarbi in quell’occasione capì che adoperare un nome famoso in casi simili comporta comunque dei rischi. Quelli di dentro, invece di correre ad aprire, erano rimasti zitti e quasi certamente facevano manichetto all’indirizzo del grande uomo.

mercoledì 31 gennaio 2024

Jendu vinendu 19 - Sinner - Schlein Luxuria

 

Jannik Sinner


Jannik Sinner è un campione assoluto e su questo non ci sono dubbi, ma ci andrei cauto a considerarlo una gloria italiana. Intanto perché è Altoatesino di lingua tedesca e costoro, come è risaputo, preferiscono definirsi Sudtirolesi (Südtiroler) e non  Altoatesini, tranne  quando si tratta di ricevere soldi, nel qual caso fanno proprio il motto “pecunia non olet” e non vanno tanto per il sottile. Ma ci andrei cauto anche perché, come è altrettanto risaputo, egli ha stabilito la sua residenza nel Principato di Monaco e non lo ha fatto di certo perché è tifoso della famiglia Grimaldi. Lo ha fatto soltanto perché il Principato è un paradiso fiscale e le tasse, lì, sono inesistenti, o quasi. Ma non mi sento di condannarlo per questo, perché in fondo egli ha solo seguito l’esempio di tanti campioni dello sport e di tanti altri Italiani illustri (illustri?), circa 8.000 oggi. Certo,  Sinner ha imparato presto, a soli 22 anni, ma in compenso non si atteggia a moralista, non fa prediche e si limita a godersi i soldi. A differenza di tanti altri, tra i quali voglio ricordare almeno l’ingegner Carlo De Benedetti, l’ex proprietario della galassia Repubblica, tanto per intenderci, il quale con le sue imprese incassa in Italia ed ha la residenza fiscale in Svizzera. E mi fermo qui, per carità di Patria.

Elly Schlein e Vladimir Luxuria


Confesso la mia incompetenza sull’argomento, ma debbo ammettere che io ero rimasto a qualche anno fa, quando ancora gli omosex si dividevano in due sole categorie, gay e lesbiche, con al massimo una sola distinzione tra attivi e passivi. Poi le cose si sono complicate e la stessa sigla  LGBTQIA+ viene continuamente aggiornata ed allungata per tener conto di tutte le tendenze e di tutte le sfumature di comportamento. Ma di recente un dubbio atroce mi ha attraversato la mente, quando, dopo un primo momento di sbandamento perché ritenevo di essere finito in un museo degli orrori, mi sono ripreso ed ho osservato con attenzione la foto a fianco. Si sa che la Schlein, nata femminuccia, ama un’altra donna e che Luxuria, nato maschietto, ama un altro uomo. Ma non potrebbe succedere che, a parti invertite, i due finiscano con l’innamorarsi anche tra di loro? Ed in questo caso bisognerebbe parlare di relazione omo o di relazione etero?

domenica 28 gennaio 2024

Jendu vinendu 18 - Netanyahu - Lucarelli

Benjamin Netanyahu




Benjamin Netanyahu, detto Bibi, è un politico ed ex militare israeliano, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022 e precedentemente dal 2009 al 2021 e tra il 1996 e il 1999. E’ un politico chiaramente di destra, che agisce senza farsi troppe illusioni sulla vera natura di Hamas e di tanti altri movimenti terroristici musulmani, con tutto ciò che questo comporta anche sulla conduzione dell’attuale guerra nella striscia di Gaza.

La sinistra mondiale, compresa quella italiana e quella interna israeliana, gli addebita molti errori di natura politica e militare e fomenta contro di lui un odio viscerale, a nulla valendo il fatto che egli  abbia vinto piuttosto facilmente le ultime elezioni politiche e goda di una sicura maggioranza in parlamento e nella popolazione del Paese.

A Netanyahu non viene risparmiato niente, ma quello che soprattutto non gli si perdona è il fatto di essere di destra. Perché, dicono i suoi nemici, se è di destra, è anche di estrema destra, quindi è anche fascista, quindi è anche nazista, quindi è anche antisemita. Di recente, nel caso di un suicidio piuttosto strano avvenuto in Israele, un quotidiano locale di sinistra ha subito trovato la spiegazione. Il suicida, spiegava il giornale, era un seguace di Netanyahu, quindi era anche antisemita e, pur di uccidere un Ebreo, si è suicidato.

 Selvaggia Lucarelli 


La nota giornalista del “Fatto quotidiano”, nonché esperta di palette nella trasmissione TV “Ballando con le stelle”, di recente ha attaccato la ristoratrice Giovanna Pedretti, che aveva censurato sui social il comportamento di un presunto cliente del suo ristorante di Sant'Angelo Lodigiano. Quest’ultimo, a suo dire, si era lamentato di essere stato messo  ad un tavolo accanto a gay e disabili. La Lucarelli l’ha accusata di aver diffuso una fake news e di aver montato il caso solo per farsi pubblicità. La Pedretti, travolta dalle polemiche sui social, si è suicidata. Come ultima conseguenza, la Lucarelli è stata accusata da molti suoi colleghi invidiosi addirittura di istigazione al suicidio.

Mi spiace doverlo ammettere, ma questa volta sto dalla parte della Lucarelli. Dico questo perché non ci si suicida per un’accusa di falso e, se ciò avviene, evidentemente bisogna risalire un po’ più in alto e fare riferimento a possibili patologie di natura mentale, pur con tutto il rispetto e l’umana comprensione per chi ricorre al gesto estremo del suicidio.

Un’ultima considerazione. Il buonismo e lo sfruttamento continuo del dolore universale, con conseguente piagnisteo notturno e diurno, hanno incominciato a stancare, per cui chi deve scegliere tra il buonismo cialtrone e la denunzia di questo falso buonismo molto spesso sa come scegliere.

 

domenica 21 gennaio 2024

Jendu vinendu 17 - Bergoglio - Travaglio

 

Jorge Bergoglio


Il nostro amato pontefice, quando è intervistato da quella nullità eternamente sorridente che corrisponde al nome di Fabio Fazio, ama lasciarsi andare a rivelazioni che a prima vista avrebbero la pretesa di apparire rivoluzionarie. Di recente ha detto, nella trasmissione “Che tempo che fa”, “Mi piace credere che l’Inferno, anche se esiste,  è vuoto”.

Niente di nuovo sotto il sole. Quest’ultima affermazione è semplicemente l’ultima di una serie, che ebbe inizio con il “Chi sono io per giudicare i gay”?  e poi continuò con la benedizione alle coppie gay, con lo schiaffo alla donna filippina che lo tratteneva dal braccio e continuerà, ne sono convinto, con la giustificazione del matrimonio per i preti, dell’eutanasia, dell’incesto consenziente e di tutto ciò che tornerà utile a smantellare la tradizione bimillennaria della chiesa cattolica.

Ma non dimentichiamo che Bergoglio è argentino ed in lui sopravvive probabilmente anche lo spirito della tradizione spagnolesca. Se Bergoglio vuole tutti in paradiso, Carlo Quinto, il famoso sovrano sul cui impero non tramontava mai il sole, non voleva sudditi senza titoli e li nobilitò tutti con il famoso “Todos caballeros”.

Marco Travaglio


In quella sorta di Repubblica delle banane in cui ormai si è trasformata la nostra Italia, si assiste ad un fatto che probabilmente non ha uguali nell’universo mondo.

C’è un giornalista (giornalista?), che corrisponde al nome di Marco Travaglio e che, un giorno sì e l’altro pure, lancia offese nauseanti, deliranti e sanguinose contro Silvio Berlusconi. Ed a nulla vale il fatto che il cavaliere sia ormai defunto da un bel po’, perché il nostro eroe  continua ad abbeverarsi in modo sciacallesco al suo sangue e per lui ogni scusa è buona per lanciare accuse che definire infamanti è forse riduttivo. Ed a nulla vale ugualmente il fatto che Berlusconi uscì indenne da tutti i processi che lo coinvolsero, tranne uno, farsesco, nel quale fu condannato, lui primo contribuente d’Italia, per evasione fiscale. Vedi a tal proposito l’articolo di fondo del “Fatto” di oggi, 21 febbraio 24, in cui il nostro eroe giornalista sembra superare se stesso  in un delirio accusatorio che fa quasi paura.

Ma la cosa più sorprendente è che la controparte, cioè Marina e Pier Silvio, eredi del cavaliere,  sembrano capaci solo di abbozzare ed incapaci di reagire.

Ora io capisco che

1-La magistratura italiana è quella che è;

2-che per Travaglio è relativamente facile incappare in giudici “amici”, che lo scagionano da ogni accusa;

3- che lo stesso, di cui al punto 2, vale al contrario per i Berlusconi;

4- che in Italia, contrariamente a quel che si studia nelle facoltà di Diritto, esistono in pratica due codici penali, usati alternativamente a seconda di chi è l’imputato.

Capisco tutto questo, sia ben chiaro, ma una cosa non la capisco. Non capisco cioè il motivo per cui Pier Silvio Berlusconi sta riempiendo le sue emittenti TV di personaggi e giornalisti provenienti dal “Fatto quotidiano”, tutti allevati, educati e cresciuti  nella scuola di Marco Travaglio.

Già ricordo una puntata di “Scherzi a parte” di qualche anno fa, costruita su uno scherzo che coinvolse il figlio del giornalista e, per molti aspetti, lo stesso Travaglio. Di recente in Mediaset è confluita Veronica Gentili, giornalista di punta del “Fatto”, prima come conduttrice di programmi di approfondimento politico su Rete 4 ed ora conduttrice delle “Iene”, su Italia 1. Il giornalista Luca Sommi è una presenza quasi fissa nei programmi di approfondimento politico e Peter Gomez non disdegna di apparire in qualche programma a  dire la sua.

Ma Pier Silvio che cosa spera da tutto questo? Di convertirli?

venerdì 5 gennaio 2024

Cosa c'è da salvare

 


Lo dico subito. L'editoriale di Max Del Papa, che sto per allegare, è un pugno nello stomaco. Ha l'aspetto di un testamento scritto in limine mortis e ci vuole molta forza d'animo e molto fegato a leggerlo ed evitare di rimanerne scossi. Eppure, secondo me, bisogna leggerlo, per capire come va il mondo, o come alcuni/molti pensano che vada, che poi spesso è la stessa cosa. Il punto di vista di Max Del Papa è quello di chi si pone in una specola posta in alto ed osserva sotto di sé lo spettacolo disgustoso degli uomini che si arrabattano sulla terra, in un verminaio infinito, e finiscono con lo scannarsi a vicenda. Del Papa non grida, non blatera, ma la sua apparente rassegnazione ha la forza disperata di un dolore infinito.

Né bilanci, né prospettive. Per me il 2024 è un passaggio senza svolta, dovrei compiere, e spero, 60 anni a luglio, e mi ritrovo del tutto alla deriva. Come uomo, come cittadino, come, ma prendetela in senso estremamente lato e vago, intellettuale: dal pessimismo sono passato al nichilismo, non trovo niente da salvare. I regimi totalitari aggressivi, come Cina, Russia, come l’Iran per interposta Hamas, scatenano le loro invasioni, le loro mattanze, ma chi le subisce poi si dimostra a sua volta irragionevole, privo di senso di realtà, pretende di spuntarla “fino all’ultimo uomo”, come dicono gli ucraini, questo popolo che credevamo valoroso ma forse è più esaltato, con alla testa un megalomane irresponsabile e pretenzioso. Oppure come Israele, che per dimostrare al mondo di non cedere ad una rappresaglia orribile, fa tabula rasa di un territorio intero, cercando di far dimenticare i propri errori di sottovalutazione. Le autocrazie sono spietate, negano il dissenso, fanno strage dei diritti umani, ma l’Unione Europea ha dimostrato che su quegli stessi diritti ha saputo solo specularci, alimentando la sua corruzione. E gli Stati Uniti vanno perdendo qualsiasi pluralismo, la sottocultura woke, che si allarga al Regno Unito, all’Europa intera, è una ideologia mistica che fa spavento, che incoraggia moderni pogrom, che spinge all’allucinazione legalizzata peggio – ha ragione Giulio Meotti nel suo ultimo “Gender – il sesso degli angeli e l’oblio dell’occidente” che nell’Unione Sovietica del XX secolo. I comunismi, i socialismi reali erano incubi, le sue degenerazioni aggiornate non sono migliori, ma il liberismo dimostra che il mercato funziona sempre meno, è drogato dalla finanza tecnologica e volatile, e il liberalismo si riduce alla assurda pretesa di fare sempre e comunque ciò che conviene, da cui un laido garantismo per i devianti e i criminali, nonché la tolleranza suicida per chi vuole annientare la libertà. Tutto mi delude, tutto è vuoto. Tutto è finito. Non vedo prospettive neppure in una dimensione metafisica o escatologica: mi pare che Dio abbia fallito o abbia mollato un mondo che ha fallito, che non sarà, forse, alla sua resa dei conti, ma a me ogni cosa, ogni aspetto, ogni latitudine suggerisce un abominio. Di sicuro è finito il cristianesimo, per incapacità di reggere ai tempi, per la fellonia di troppi religiosi che accolgono il relativismo assoluto, ma, soprattutto, grazie ad un papa farabutto messo lì apposta per disperdere un patrimonio di duemila anni di fede. Lo sostituisce un Islam che resta religione di fanatici violenti, di barbari nella sua versione trionfante, al punto che neppure il consumismo è riuscito, di fatto, a scalfirlo. Le guerre sono ovunque e nessuno vuole realmente spegnerle; si parla di una, due per questioni di agenda mediatica, ma le altre venti, cinquanta, cento insistono, resistono per anni, per decenni con i loro carichi mostruosi di vittime e neanche lo veniamo a sapere. La tecnologia, più è seducente e più è perversa: serviva, dicevano, a liberarci, e sortisce l’effetto opposto, questa tecnologia autoritaria è appannaggio dei regimi, più o meno democratici, ma regolarmente meno e sempre meno, per controllarci, ricattarci, rinchiuderci. Come accaduto per la pandemia, che poi era un pretesto per avvelenare la popolazione mondiale, quella italiana in particolare. Adesso ad essere malati gravemente siamo decine, centinaia di migliaia e nessuno paga. Dovrei aspettarmi ancora un Dio che guardi giù? E perché dovrebbe? Poi ti dicono che Lui lascia libertà agli uomini, che sono gli uomini a mettersi nei guai allontanandosi dal Suo insegnamento. Ma gli uomini, i bambini sepolti dai bombardamenti, dalle macerie, che libertà mai hanno avuto? Provo serie difficoltà, e perfino imbarazzo, quando, a qualche trasmissione o in qualche intervista, vogliono sapere come la penso, dove mi butto: ammesso che sia interessante, e non lo è, non so rispondere. Non trovo niente da salvare. È tutto un abisso, un buco nero. Non capisco neppure quelli che, per reazione, per polemica, per contrario, dicono: l’Occidente fa schifo, allora meglio Putin o gli ayatollah. Lo faranno anche per provocare, o per interesse, o per idiozia, ma come fanno a non vedere che è la stessa identica cosa? Che gli autocrati come Xi e Putin, contro il globalismo, sono i personaggi più globalizzati? Che comunque le diversità sono più di metodo, di facciata, che di sostanza? Libertà, dicono, pluralismo, democrazia: non ce n’è da nessuna parte, a Mosca come a Washington, a Pechino come a Londra, a Dubai come a Roma. E tutto converge verso un autoritarismo oligarchico, pochi mascalzoni supermiliardari che si palleggiano il pianeta, condizionano i governi, impongono le loro visioni deliranti e finalizzate. Ipocrite, poi: più vaneggiano di transizioni, di ambiente, e più lo inquinano, loro, da soli come uno Stato intero. Un solo, infimo esempio: Bezos è uno di questi imperatori senza corona, che sostiene di voler tutelare l’ecosistema, ma se ordino ad Amazon un pacchettino con dentro un gingillo, mi arriva avvolto in una scatola enorme che contiene un involucro superfluo, che avvolge una confezione ridondante. Tutto uno spreco, che intossica, che inquina. Così per tutto. Divi e magnati girano per predicare misura e scrupolo ecologico a bordo dei loro jet privati, e il credo del loro Vangelo è: non avrai niente e sarai felice. Loro hanno tutto, veramente più di tutto, mai così troppo di tutto, e non sembrano così infelici. I presidenti occidentali sono sporchi e corrosi, quelli antioccidentali, alla guida di cricche di mafiosi e tagliagole, hanno patrimoni degni degli oligarchi tecnologici. I capi di Hamas stanno nei sultanati con uno stile di vita ultra-occidentale mentre quelli militari e il loro esercito di macellai vivono come ratti, nei tunnel. E la gente si divide, sceglie, preferisce? Ho smesso di distinguere, le guerre di conquista degli asiatici non mi piacciono, ma quelle di controllo degli americani non sono migliori, l’Europa è una puttana che va con tutti, i regimi africani non si schiodano da un tribalismo secolare e, per quanto l’Occidente, e solo lui, si batta il petto, l’Africa non smette di pagare anzitutto le sue colpe. Il guaio è che non sembra neppure in grado di operare un esame, una presa di coscienza, vanno sempre avanti nell’ottica del mendicante che si consegna ora a questo, ora a quel conquistatore. No, io non trovo ragioni per orientarmi, né per salvare il salvabile. Quindi non chiedetemi, non attribuitemi preferenze di sorta: non sentirete da me alcuno spiraglio per nessuna realtà, civiltà, regime, prospettiva. Mi pare che anche l’amore umano, la solidarietà istintuale diffusa, siano in agonia: ci si sfoga con le faccine, coi messaggi, ma la presenza, la vicinanza evapora. Da ammalato, ho maturato una riflessione un poco andante: mi sono confidato con qualche religioso, qualche sacerdote: è stato sbrigativo ma tutto sommato comprensivo, le solite parole di incoraggiamento. Poi è sparito, anche se mi abita a un centinaio di metri. Un tempo il prete era uno che andava a ristorare gli afflitti, i pazienti, oggi non si vede nessuno. Non credo riguardi solo me, i sacerdoti si sono trasformati in operatori sociali, faranno anche del bene, come si dice, ma a me paiono più trottole esaltate che non risolvono niente. Perché è vero che le necessità materiali e i disagi concreti vanno arginati, ma senza un conforto spirituale cosa rimane all’uomo? E qui di anima non parla più nessuno, parlano tutti di gender oppure parlano ai leggendari migranti, solo a loro, gli indigeni se ne facciano una ragione. Se le società sono dissociate, se la compassione è qualcosa da fuggire, come sperare che le nostre democrazie ne escano più forti, ne escano migliori? E poi, quali democrazie? Quelle che ci impediscono sempre più di scegliere, di esprimerci, di vivere, che ci iniettano veleni che ci fanno ammalare per poi curarci con altri veleni che ci scavano altre malattie e così via, in un cerchio infame senza fine, o meglio con la nostra fine? Democrazia, trasparenza, ma un potentato sovranazionale come la UE non ha mai reso note le procedure con cui ha negoziato miliardi di sieri tossici per centinaia di miliardi di euro. Provocando milioni di morti e di feriti. Una strage degna di un olocausto, ma i responsabili si assolvono fra loro, incolpano le vittime, si dicono pronti a a continuare o a ricominciare. La politica non esiste più, è stata inglobata nell’affarismo ladronesco, nella corruzione sistemica, i politici sono influencer e delle influencer tradiscono la stessa immoralità. Del resto, il travaso delle imbonitrici da social destinate alla politica è ampiamente maturo e se ancora non è avvenuto è perché qualcuno ha scaricato alle interessate un pandoro minato tra i piedi. Ma ci si arriverà, presto. Oggi i partiti non hanno e non cercano figure compatibili con la politica, preferiscono reclutare pregiudicati, depravati, ladri, malviventi, perfino omicidi e pedofili. Se li spartiscono, se li scambiano, se li contendono. Dicono gli ottimisti a oltranza: bisogna resistere, bisogna recuperare il senso delle nostre tradizioni. Scusate, quale senso? Quali tradizioni? Qui non c’è più niente e la prima cosa che manca è proprio il senso, la logica, la speranza, la ragione, la prospettiva, la possibilità di operare una inversione di tendenza. Verso dove, poi? E capisco che possa sembrare una soluzione anche comoda, così uno non si compromette, rifiuta tutto, passa la vita a dire io l’avevo detto: ma io nel mio disfattismo patologico realmente pago conseguenze definitive: non partecipo, non milito, non mi infilo, non abbocco, perdo lavori, resto fuori dai giri, non vado bene in nessun contesto sconto una diffidenza, peraltro giustificata, da parte del cosiddetto sistema. E che raramente mi capiti di sbagliarmi, che per lo più gli scenari che preconizzo poi si verifichino, non è una expertise ma una ragione di più per tagliarmi fuori. Ma che vuole, questo, che non è mai contento? Da marginale, da personaggio di nicchia, ma questo handicap c’è sempre stato, fin da quando ho cominciato a scrivere per mestiere e oggi lo sento più che mai. Il fatto che io abbia tanti lettori è da imputarsi esclusivamente alla mia misteriosa capacità di raggiungerli, obiettivo che non mi sono mai posto, succede e basta. Quello di cui sono certo è che le cose non cambieranno e comunque mai per migliorare; nel senso che anche la teocrazia woke è destinata a passare, però non ad essere superata: come tutte le forzature estreme, anche in questo caso la società reagirà per rigetto, dopo avere collassato, si riapproprierà delle proprie identità, del residuo buon senso, di una elementare lealtà etica; ma le scorie, come sempre, resteranno, i semi maligni non tarderanno a originare altri sistemi se possibile ancora più perversi. Tale mi sembra la vicenda umana della Storia, i suoi corsi, che in apparenza sono ricorsi ma in effetti sviluppano un determinismo inesorabilmente nel peggio, da cui l’uomo sociale si difende in modo sempre più disperato e impotente, fino a che non si arrenderà del tutto. Io mi porto avanti, all’alba dei 60 anni non ho più illusioni e neppure disperazioni, né scelte di campo da operare, tutto mi ha deluso, niente può ancora sollevarmi, se non, sporadicamente, qualche vecchio romanzo, qualche disco di jazz, qualche epico momento di un Novecento che sempre meno mi appartiene. MDP  Post Views: 737

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