Il Vangelo (Giovanni 18,38) ci fa sapere che
Ponzio Pilato concluse il suo dialogo con Gesù chiedendogli: “Quid est
veritas?”, “Che cos’è la verità?” e che, senza dargli il tempo di rispondere,
si rivolse alla folla. Pilato è in quel momento il simbolo dell’uomo che, pur
ricercando la verità, dispera di trovarla, perché sa che la verità non esiste e
che, se anche esiste, egli non può conoscerla.
La
ricerca della verità aveva già in precedenza affascinato la mente dei filosofi
greci. I Sofisti avevano detto che la verità non esiste, perché l’uomo è la
misura di tutte le cose, e quindi esistono tante verità per quanti uomini
respirano sotto la volta celeste. Sulla loro scia anche Socrate aveva fatto
della ricerca della verità il fulcro della sua ricerca filosofica, mentre
Platone era l’unico che si diceva convinto di essere in possesso della verità,
la sua verità, talché Aristotele, pur dichiarandosi suo amico, ne prendeva le
distanze (Amicus Plato, sed magis amica veritas).
Così
in seguito nel corso dei secoli, da Tommaso d’Aquino a Cartesio, da Locke a
Popper, da Einstein a Pirandello, è stato tutto un susseguirsi di ricerche e di
effimere conclusioni sulla ricerca della verità e sulla possibilità di
conoscerla.
Ed
oggi come siamo messi? Nel mese di Novembre
2016 l’Oxford English Dictionary ha deciso di eleggere “post-truth” (post-verità)
come parola dell’anno e da allora è tutto un tripudio di discussioni e polemiche su questa magica parola.
La
post-verità è diventata di moda, sui social, nella carta stampata e nel mondo
variegato che gravita intorno alla politica, soprattutto dopo la Brexit, la
vittoria di Trump e la vittoria del NO nel referendum in Italia. Il suo
significato ha una connotazione chiaramente negativa e, nelle intenzioni di
coloro che l’hanno lanciata e la usano continuamente, ha ormai assunto il
significato di falsa notizia, bufala (fake news).
Sostengono
infatti quelli della compagnia di giro che certe vittorie politiche, certi
risultati referendari sono talmente inconcepibili ed assurdi da potersi
spiegare solo con una sorta di obnubilamento generale che avrebbe offuscato la
coscienza e la mente degli elettori, in seguito alla diffusione massiccia ed
incontrollata di false notizie, ritenute vere.
Sono
disperati quelli della compagnia di giro. Una volta bastava diffondere le loro
notizie sul Guardian, su Le Monde, su Repubblica, sul Corriere, sul Financial
Times, su qualche canale televisivo (e la RAI si distingueva per zelo); bastava
ogni tanto l’esternazione di qualche attore o di qualche cantante, quasi tutti
con il cuore a sinistra ed il portafoglio a destra; bastava qualche
esternazione di Papa Bergoglio e dell’ormai ex Presidente Hussein Obama;
bastava l’esternazione di qualche ambasciatore o di alcuni di coloro che
piacciono alla gente che piace: il gioco era fatto e la partita era chiusa.
Negli
ultimi tempi però si è verificato un fatto forse inaspettato, il boom della
Rete, di Internet, dei Social Network, che hanno consentito di far conoscere
una verità parallela a quella diffusa dalla compagnia di giro e che ha
consentito il realizzarsi di una famosa frase di Antonio Gramsci, seppur formulata
allora con altri intenti, e cioè che la verità è sempre un fatto rivoluzionario,
talché nel mondo dell’informazione sta nascendo una vera e propria rivoluzione.
Sono
disperati quelli della compagnia di giro, perché non riescono più a controllare
pienamente il flusso delle notizie, perché si accorgono che il controllo delle
coscienze sta loro sfuggendo di mano. La realtà non è più quella che essi
sostengono? Peggio per la realtà, perché essi sono nel vero. La gente non crede
più alle loro scemenze? Peggio per la gente, perché sarà portata alla rovina.
Ma
non si rassegnano quelli della compagnia, non si danno pace e da un po’ di
tempo incominciano a dare segni evidenti
di delirio. Ogni tanto se ne escono con commissioni che dovrebbero controllare
le notizie, con organismi che dovrebbero sorvegliare i grandi social network,
per ammonire, per consigliare, e infine per reprimere. Con le loro proposte
fanno venire in mente quello che George Orwell raccontava nel suo famoso
romanzo 1984. Lì lo scrittore inglese
prevedeva l’avvento di un regime che avrebbe istituito il Ministero della
Verità, un Ministero che quotidianamente avrebbe informato i cittadini su ciò
che era vero e ciò che era falso, su ciò che si poteva o non si poteva dire,
sulle parole che si potevano o non si potevano usare.
Ma
quello che comunque squalifica gli esponenti della compagnia di giro non sono
tanto le farneticazioni su ipotetiche proposte e realizzazioni da attuarsi in
futuro, li squalifica già abbondantemente quello che hanno già detto, fatto e
realizzato nel passato.
Loro
sono quelli che una volta sostenevano che il Socialismo avrebbe portato il
Paradiso in terra. Ed ancora oggi sono quelli che dicono in giro che in Italia
non esistono clandestini, perché gli immigrati sono tutti profughi che scappano
dalla guerra; che i clandestini sono il futuro dell’Italia, perché fanno i
lavori che gli Italiani non vogliono più fare e quindi ci pagano e ci
pagheranno le pensioni; che l’Islam è una religione di pace e che il terrorismo
islamico non esiste; che Bello Figo rappresenta il futuro dell’arte e della
musica italiana (vedi Gad Lerner); sono quelli che sognano sindaci africani (vedi Roberto Saviano).
C’è
bisogno di aggiungere altro?
Ezio Scaramuzzino
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