martedì 17 gennaio 2017

Principali linee guida di didattica del Latino di Franco Federico

      

      E’ nel periodo ginnasiale e durante il biennio del Liceo Scientifico che si costruisce l’abilità del tradurre. Questi primi passi dello studio risultano decisivi non solo per favorire l’insorgere nello studente di un giusto atteggiamento nei confronti del Latino, ma anche per orientare in un senso o nell’altro l’andamento del profitto. E’ dalle modalità del primo approccio con la lingua latina che discendono l’interesse, la motivazione e la sensazione di agiatezza dello studente. Nel caso contrario, viene a determinarsi il cosiddetto blocco psicologico che, nella maggior parte dei casi, abbassando nettamente il senso di autostima provato dallo studente nei confronti della disciplina, finisce di fatto con l’inibire ogni suo futuro miglioramento.
       Seguire pedissequamente l’impianto del libro di testo, se, da una parte, può risultare rassicurante e deresponsabilizzante, dall’altra, finisce a lungo andare col distogliere l’attenzione e l’interesse dello studente, facendo nel contempo apparire agli occhi di questi il docente come privo di alcuna rilevanza sotto il profilo didattico. Il libro, quand’anche sia provvisto di ogni pregio, non risulta certamente in grado, come invece può e deve fare il docente, di adattarsi al ritmo di apprendimento e alle necessità proprie di questo o di quel discente. Al docente spetta, altresì, procedere a quel lavoro di dosaggio e di essenzializzazione delle regole e delle nozioni grammaticali, che è assolutamente indispensabile nello studio di una lingua così complessa, come quella latina. Ove la molteplicità delle nozioni venga, infatti, a riversarsi sulla mente del povero discente, senza che le stesse siano state preliminarmente selezionate ed organizzate in base a ben precisi criteri di efficienza didattica, ciò inevitabilmente determina nel ragazzo l’effetto di un rigetto, ovvero di un rifiuto bell’e buono delle medesime. I docenti che vantano una lunga esperienza sanno bene quanto sia importante mettere su un percorso di lavoro ben studiato, fortemente coerente e dalla struttura quanto più semplificata. 
      Nel “fare Latino” con i ragazzi che si siano impratichiti già dell’antica lingua, invece, la cosa più importante di tutte è cercare di suscitare in essi interesse per l’opera della quale vengono letti in classe i brani più rappresentativi. Un ruolo decisivo il docente lo svolge, nel momento in cui è alle prese con la scelta dei brani da far leggere ai propri discenti e delle modalità secondo cui presentare gli stessi. Se i brani sono stati scelti in modo da adeguarli bene alla sensibilità degli studenti a cui sono destinati, non si può non suscitare negli stessi grande meraviglia nel constatare quanto attuali siano i temi affrontati in opere così antiche e quanto risultino profonde le verità espresse da Autori di epoche così lontane dalla loro. E tra l’attenzione indirizzata al piano critico-ideologico di un testo e quella che è opportuno rivolgere agli aspetti stilistico-formali di fatto non viene a determinarsi alcuna opposizione; anche se da parte delle ultime generazioni sembra manifestarsi una maggiore propensione per gli aspetti di contenuto.
         Quanto ai cosiddetti “compiti in classe”, va detto che non sempre allo studente è dato cogliere la logica attraverso la quale gli stessi si colleghino alle restanti attività della stessa disciplina. Quel che si riesce facilmente a comprendere è che i compiti si devono fare, perché così è prescritto da una qualche norma. Nella scelta dei brani idonei ad una prova scritta di Latino, due sono i criteri attraverso i quali detti compiti possono trovare una loro legittima collocazione, ovvero concatenarsi a tutto il resto. I brani per lo svolgimento del compito si possono trarre dall’opera che si sta già procedendo a leggere e ad analizzare in classe; oppure i brani possono riferirsi alla struttura grammaticale o all’insieme di strutture grammaticali il cui esame sia stato da poco ultimato. Non ha senso provvedere a questa così delicata scelta in modo illogico e disordinato, ovvero del tutto casualmente.
        Nel tentativo di adattare il grado di difficoltà propria del brano alle abilità traduttive dello studente, bisogna considerare non tanto la complessità linguistico-grammaticale del brano, quanto in particolar modo la semplicità o meno dell’argomento in esso affrontato. Insomma, a facilitare la traduzione di un brano è, molte volte, più il suo contenuto che la sua forma. E certamente è per il docente un compito alquanto arduo quello di scegliere i brani di una prova di verifica: in più di un caso, il diffuso esito negativo di una prova è da ascriversi al docente che non è riuscito ad adattare le difficoltà del brano assegnato al livello abilitativo dello studente, nel senso che è venuta a crearsi una netta sproporzione tra l’una e l’altra cosa. Ma può capitare anche il contrario: che cioè il brano o i brani risultino troppo al di sotto delle capacità di traduzione dello studente, per cui si viene a compromettere a priori la funzione accertativa della prova.
      Le verifiche orali di Latino, alla pari di quelle di qualunque altra disciplina, dovrebbero essere tali, da far conoscere in anticipo agli studenti le modalità di svolgimento delle stesse. Tanto più ampia e particolareggiata è la verifica orale, quanto più si amplia l’orizzonte dell’accertamento che è operato attraverso la medesima. Oggi, si va, purtroppo, diffondendo la verifica-questionario che, piuttosto che affiancarsi a quella orale, esclude tanto ineluttabilmente quanto sbrigativamente quest’ultima. Che dire, poi, di quei docenti che basano tutta la valutazione sull’esito dell’ultimo compito scritto o su qualche “domandina dal banco” che bisogna avere la “fortuna” di riuscire ad intercettare. Il fatto che di queste dolenti ed alquanto detestabili situazioni i dirigenti rimangano, in molti casi, completamente all’oscuro non fa che legittimare la sempre maggiore diffusione di dette detestabili pratiche, specie in realtà come le nostre in cui le famiglie o non sanno come difendersi o temono omertosamente di aggravare le cose a rivendicarne da sole l’abolizione. Sta di fatto che non pochi sono i ragazzi che a fine anno si buscano il debito proprio in questo modo. 
       Riguardo ai “Corsi di Recupero” - sia quelli tenuti durante l’anno scolastico, che quelli del periodo estivo -, contrariamente a quanto sarebbe stato naturale aspettarsi, in pochissimi istituti è stata fino ad oggi realizzata alcuna seria iniziativa, volta a sviluppare un minimo di ricerca sui modi più efficienti di organizzarli. Per cui, nella maggior parte dei casi, accade che agli studenti col debito sia propinata la stessa pappardella e che a propinargliela siano proprio i docenti che si possono oggettivamente considerare, se non del tutto responsabili, quanto meno corresponsabili di detto debito. Tant’è che le famiglie, preso contezza di questa triste contraddizione, si trovano, loro malgrado, costretti a provvedere a proprie spese alla soluzione del debito del figlio. Quel che è certo è che sarebbe opportuno disegnare itinerari ben calibrati sotto ogni punto di vista, in modo da rispondere a ciascuna situazione di bisogno nella quale venga a trovarsi lo studente di una classe e dell’altra.
Franco Federico

    


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